Cassazione, Sez. II, 18 maggio 2010, n. 18669 Letture in dibattimento solo se l’irreperibilità del teste è accertata rigorosamente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Fatto

§1. Con sentenza del 14/01/2009, la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza pronunciata in data 11/10/2004 dal Tribunale della medesima città con la quale XXX era stato ritenuto responsabile del delitto di ricettazione e condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 500,00 di multa.

§2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. VIOLAZIONE DELL’ART. 512 C.P.P. per avere la Corte territoriale ritenuto la responsabilità di esso ricorrente sulla base delle sole dichiarazioni rese dal teste ZZZ nel corso delle indagini preliminari, dichiarazioni che erano state lette ed acquisite ex art. 512 c.p.p., del tutto irritualmente perché non erano state effettuate indagini al fine di accertare se il suddetto teste fosse o meno irreperibile;

2. VIOLAZIONE DELL’ART. 648 C.P. per avere la Corte territoriale fondato la responsabilità di esso ricorrente sulle sole dichiarazioni del Fichera che, però, dovevano ritenersi incerte, equivoche e che si prestavano a diverse chiavi di lettura.

Diritto

§3. VIOLAZIONE DELL’ART. 512 C.P.P. (motivo sub 1): La Corte territoriale, nonostante l’esplicita opposizione della difesa, ha ritenuto di poter utilizzare le dichiarazioni rese dal ZZZ, sulla base della seguente motivazione: «nel caso in esame, come risulta dall’attestazione dell’ufficio notifiche del Comune di Acicatena, ZZZ, pur risultando anagraficamente residente in via Porticazzo n. 15 di quel Comune di fatto “ha la certificazione bloccata per irreperibilità, tanto che, in data 2.10.2000 l’ufficio anagrafe del Comune ha aperto la procedura per la cancellazione anagrafica di ufficio”. Va, peraltro, rilevato che il Fichera medesimo in sede di sommarie informazioni alla P.G. ebbe ad indicare quale propria residenza proprio quella di Acicatena, via Porticazzo n. 15».

In punto di diritto, in ordine all’utilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali rese da un testimone divenuto poi irreperibile, questa Corte ha enunciato i seguenti principi:

– ai fini della legittimità della lettura di atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dal difensore di una parte privata o dal giudice nel corso dell’udienza preliminare, a norma dell’art. 512 cod. proc. pen., l’irreperibilità sopravvenuta del soggetto che abbia reso dichiarazioni predibattimentali – alla quale non può attribuirsi presuntivamente il significato della volontaria scelta di sottrarsi all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore – integra, se accertata con rigore, un’ipotesi di oggettiva impossibilità di formazione della prova in contraddittorio e di conseguente irripetibilità dell’atto dovuta a fatti o circostanze imprevedibili: SSUU 36747/2003 riv 225470;

– è la parte che richiede la lettura dibattimentale per sopravvenuta impossibilità di ripetizione, che ha l’onere di provare, ed il giudice di accertare in modo rigoroso, sia l’irreperibilità del testimone, previo espletamento di accurate ricerche, sia l’imprevedibilità dell’irripetibilità dibattimentale durante la fase delle indagini preliminari, sulla base del criterio della prognosi postuma, sia infine l’estraneità dell’irreperibilità ad una volontaria e libera scelta del testimone di sottrarsi all’esame in contraddittorio: Cass. 29949/2009 Rv. 244669 – Cass. 43331/2007 riv 238198;

– i suddetti principi, oltre che porsi in linea con la disposizione dell’art. 111/5 Cost. (che, solo in presenza di accertata irreperibilità di natura oggettiva, consente la deroga al principio costituzionale che garantisce il contraddittorio in dibattimento), trovano conferma nella giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo ed in particolare della sentenza Bracci c. Italia del 13.10.2005 con la quale il nostro paese è stato condannato per violazione della norma convenzionale di cui all’art. 6 (Cedu) per un caso di condanna di un imputato sulla base delle sole dichiarazioni di un teste rese prima del processo e non confermate in dibattimento. Sul punto, infatti, questa Corte (Cass. 43331/2007 cit.) ha ricordato il dovere del giudice italiano (rafforzato oggi dopo le note sentenze n. 348 e 349 del 2007 e n. 39 del 2008 che hanno elevato le norme della Cedu così come interpretate dalla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo a parametro interposto di legittimità costituzionale ex art. 117 Cost. della stessa normativa interna) di una “interpretazione conforme” della norma in discorso ed ha ribadito in modo rigoroso i presupposti per procedere ex art. 512 c.p.p. all’acquisizione delle testimonianze non confermate per irreperibilità dei soggetti che le hanno rilasciate prima del dibattimento.

Orbene, sulla base di quanto appena detto, deve allora concludersi che la decisione della Corte territoriale non si è attenuta ai principi di diritto enunciati da questa Corte, perché si è limitata a recepire, tout court, pur in presenza di una ferma opposizione della difesa, la mera attestazione dell’ufficio notifiche del Comune di Acicatena, senza che risultassero essere state esperite dal P.m. altre e più ficcanti indagini anche, eventualmente, a mezzo della P.g. sulla reperibilità del teste.

Da ciò consegue l’annullamento dell’impugnata sentenza.

P.Q.M.

Annulla con rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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