Cassazione, Sez. II, 17 maggio 2010, n. 18613 Avvocati, non è legittimo impedimento la rinuncia dalle udienze del penalista

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 27 gennaio 2009, la Corte d’appello di Trieste, 2ª sezione penale, confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Pordenone, con la quale l’appellante Baù Johnny era stato dichiarato colpevole dei delitti di rapina e dei reati satelliti contestati e condannato, concesse le attenuanti generiche prevalenti, ritenuta la continuazione e con la diminuente del rito, alla pena di tre anni due mesi di reclusione ed Euro 1.000 di multa con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

La Corte territoriale, rigetta la richiesta di rinvio del difensore per adesione all’astensione delle udienze al rilievo che si trattava di provvedimento celebrato in Camera di Consiglio, nel merito riteneva infondata la richiesta riduzione della pena.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza dell’art. 420 ter c. 5 c.p.p. per non aver disposto il rinvio dell’udienza per impedimento del difensore.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato manifestamente.

“Il legittimo impedimento del difensore, quale causa di rinvio dell’udienza, non rileva nei procedimenti in Camera di consiglio, per i quali è previsto che i difensori, il Pubblico Ministero e le altre parti interessate siano sentiti solo se compaiono” (Cass. Sez. 6, 19.2 – 1.4.2009 n. 14396).

L’art. 443 c. 3 c.p.p. stabilisce che il giudizio di appello si svolge nelle forme dell’art. 599 c.p.p. il quale rinvia all’art. 127 i cui commi 3 e 7 disciplinano in maniera autonoma, rispetto alla generale disciplina dell’art. 420 ter c.p.p., il rinvio del processo per legittimo impedimento. Il rinvio è infatti previsto solo per il legittimo impedimento dell’imputato, non anche per quello del difensore.

Né è ravvisabile la violazione dei parametri costituzionali dettati dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, posto che il diverso trattamento è qualificato dalla scelta del rito abbreviato (oltre che dalla materia del contendere, che nel caso aveva ad oggetto solo l’entità della pena).

Non sfugge il diverso orientamento giurisprudenziale citato dal ricorrente, ma si tratta di decisione isolata.

Va ribadito che “l’astensione dell’attività defensionale proclamata dall’Unione delle Camere Penali Italiane non si configura come diritto di sciopero e non ricade sotto la specifica protezione dell’art. 40 della Costituzione trattandosi invece di una libertà riconducibile al diverso ambito del diritto di associazione (art. 18 Cost.) che trova un limite nei diritti fondamentali dei soggetti destinatari della funzione giudiziaria e cioè nel diritto di azione e di difesa di cui all’art. 25 Cost. e nei principi di ordine generale che sono posti a tutela della giurisdizione inclusa la ragionevole durata del processo (v. Corte Cost. sentenza n. 171 del 1996). Essa trova ulteriore limite nell’obbligo di un congruo avviso e di un ragionevole limite temporale dell’astensione, nonché nella necessità che siano previsti strumenti idonei ad individuare ed assicurare gli strumenti idonei ad individuare e assicurare le prestazioni essenziali”. (Cass. Sez. 3, 21.3 – 7.5.2007 n. 17269).

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa desumibili dalle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in 1.000,00 Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *