Cassazione, 17 dicembre 2009, n. 48148 Delitto di dichiarazione infedele

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Ascoli Piceno, sezione distaccata di San Benedetto del Tronto, con sentenza del 16/4/08, ha condannato M. R. alla pena di anni uno di reclusione, concesse le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena, perché riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 4, d. Lvo 74/2000.

La Corte di Appello di Ancona, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto dalla difesa del prevenuto, con sentenza del 2/2/09, ha confermato il decisum di prime cure.

Propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del proprio difensore con i seguenti motivi:

-la Corte territoriale ha omesso di esaminare la eccepita carenza di motivazione, posta a sostegno della sentenza del Tribunale, in relazione al superamento delle soglie di punibilità indicate positivamente dall’art. 4, d.Lvo 74/2000.

La norma in oggetto, infatti, prevede una doppia soglia di punibilità, per cui è necessario che si sia congiuntamente conseguita una evasione di imposta, riferita a ciascuna delle singole imposte, superiore ad euro 103.291,38, con un ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti alla imposizione superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore ad euro 2.065.827,60.

-la distrazione dell’importo di euro 2.226.619,600 trasfusa nella imputazione trae origine dalle indicazioni contenute negli accertamenti della Guardia di Finanza, recepiti pedissequamente dalla Agenzia delle Entrate e da questa travasate negli avvisi di accertamento. Sul punto, peraltro, in contrasto con la essenzialità della prova ritenuta a fondamento della tesi accusatoria, costituita dai verbali redatti dalla Guardia di Finanza predetti, si rileva che il Tribunale di Ascoli Piceno, in altro processo per bancarotta fraudolenta, che vedeva imputato lo stesso M., ha avuto modo di affermare, con sentenza del 10/12/08, che detti verbali vanno disattesi.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La sentenza impugnata si palesa sorretta da logica e corretta argomentazione motivazionale.

Il decidente rileva che l’imputato veniva riconosciuto responsabile del contestato delitto di dichiarazione infedele perché, quale amministratore unico della “Platino S.R.L.”, esercente l’attività di “night club”, aveva omesso di annotare e dichiarare maggiori ricavi relativi all’anno d’imposta 2001, per l’importo di euro 1.345.862,32, con evasione di imposta IRPEG per euro 484.510,42 e di IVA per euro 286.654,75, importi superiori alle soglie dì punibilità previste dalle lettere a) e b) dell’art. 4, d.Lvo 74/2000.

Il fatto veniva constatato dalla Guardia di Finanza di San Benedetto del Tronto ed i testi, B. S. e M. A., riferivano in dibattimento gli esiti della verifica, documentati dal relativo verbale di constatazione, precisando che un rilevante numero di transazioni non erano state annotate nella contabilità ufficiale, ma erano emerse dalla reperita contabilità extracontabile, consistente in fogli stampati e in file conservati nel computer della società.

La Corte territoriale, pur ammettendo che la motivazione della decisione resa dal Tribunale è carente in ordine alla ricorrenza della soglia di punibilità , di cui alla lettera b) dell’art. 4 del citato decreto legislativo, ha evidenziato che la ricorrenza di tale necessario requisito si ricava del pari, agevolmente e chiaramente, dagli elementi acquisiti al processo, visto che dagli esiti della verifica fiscale emerge che gli elementi attivi registrati sono dell’importo di lire 560.135.250, mentre quelli attivi, sottratti alla imposizioni ammontano lire 2.749.409.750.

Priva di fondamento si rivela la censura mossa in relazione ai verbali redatti dalla Guardia di Finanza, disattesi in altro processo, che aveva visto lo stesso M. imputato di bancarotta fraudolenta, in quanto la valutazione attribuita a tale prova dal giudice di merito in quella sede nessuna incidenza può avere nel caso che ci occupa: ai fini della pronuncia per il reato di cui agli artt. 216, co. 1, n. 1, co. 2, n. 1, e 233, co. 1, R.D. 267/42 il Tribunale di Ascoli Piceno ha ritenuto che i verbali de quibus non comprovassero la tesi accusatoria; di contro, nel processo che vede il M. chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 4, d.Lvo 74/2000, i detti verbali sono stati considerati, correttamente, prova essenziale dell’illecita condotta posta in essere dall’imputato, dato che da essi si evince, con nettezza, la omessa annotazione dei maggiori incassi relativi all’anno di imposta 2001, nonché gli specifici importi evasi.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il M. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 c.p.p., deve essere condannato al pagamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 1.000,00.

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