Cassazione, 6 novembre 2009, n. 23635 Figli naturali,cognome paterno o cognome doppio ?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con decreto del 18.03.2008, il Tribunale per i minorenni di Sassari disponeva, ai sensi dell’art. 262, comma secondo, c.c., che il minore G. (nato il omissis), figlio naturale riconosciuto di A. P. e di M. G., il quale ne aveva effettuato il riconoscimento (il omissis) in epoca successiva a quello materno, assumesse il cognome del padre in aggiunta a quello della madre.

Con decreto del 18.06-2.07.2008, la Corte di appello di Sassari, sezione per i minorenni, respingeva il reclamo della P..

La Corte distrettuale osservava e riteneva, tra l’altro:

– che permane sempre un interesse del minore alla identificazione della propria paternità

– che, conseguentemente, sebbene l’attribuzione del patronimico non sia automatica, ben potendo essere esclusa nelle ipotesi in cui non giovi al minore (o per cattiva e pregiudizievole nomea o perché venga a ledere una situazione di notorietà sociale già consolidata, che identifichi compiutamente il piccolo), ove tali ipotesi non siano presenti, appare giovevole la esatta identificazione della genitorialità

– che proprio il favorevole sviluppo dei rapporti tra padre e figlio implicava la vantaggiosità per il bambino nel riconoscersi anche nel cognome paterno, senza che tale soluzione potesse essere avvertita come costrizione della sua volontà

– che non era stata fornita prova alcuna del fatto che il piccolo avesse maturato nei rapporti sociali la consapevolezza del dovere essere identificato col solo cognome materno.

Questo decreto, notificato il 24.07.2008, è stato impugnato dalla P. sulla base di due motivi, con ricorso notificato il 29.10.2008 al G. ed il 28.10.2007 al P.g. presso il giudice a quo. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il ricorso la P. denunzia, conclusivamente anche formulando due quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c.:

1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 262 c.c. (art. 360 c.p.c. n. 3)”

2. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 262 c.c. (art. 360 c.p.c. n. 5)”

Con i due motivi di ricorso, che essendo strettamente connessi consentono esame unitario, la ricorrente censura, anche per il profilo motivazionale, la decisione adottata dalla Corte distrettuale e segnatamente l’affermazione secondo cui “sussiste l’interesse della minore all’identificazione della propria paternità da realizzare mediante l’attribuzione del cognome paterno”, osservando in sintesi anche

– che ai fini dell’attribuzione del cognome il giudice deve sostanzialmente riferirsi a due aspetti, ossia all’eventuale acquisizione da parte del minore di una precisa identità per il tramite del cognome materno o al pregiudizio eventualmente conseguente all’assunzione del cognome del padre, legato alla personalità di questa

– che il giudice può optare per il doppio cognome solo se in concreto ciò corrisponda all’interesse del minore, avuto riguardo al diritto all’identità personale dello stesso

– che non avendo convissuto con il G. non si è mai creato un nucleo di tipo familiare individuabile con il cognome di quest’ultimo

– che nell’attribuzione del cognome il giudice deve avere riguardo all’interesse del minore in funzione della identificazione della sua identità già in atto, da rapportare anche all’età dello stesso

– che nella specie il figlio di omissis anni aveva acquisito un consolidato valore identificativo della sua persona nel cognome della madre, con cui aveva sempre convissuto, e della cui consapevolezza la prova doveva essere tratta in via presuntiva

– che è stato erroneamente utilizzato in rapporto alla funzione del cognome l’argomento circa la strumentalità del patronimico al rafforzamento del rapporto padre figlio.

Le censure non hanno pregio.

Giova ricordare che i commi secondo e terzo dell’art. 262 cod. civ. prevedono che nell’ipotesi di riconoscimento paterno della filiazione successivo a quello materno, il figlio possa assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, e demanda al giudice, nel caso di minore età del figlio, la relativa decisione. In tale caso di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente dai genitori il giudice è investito del potere-dovere di decidere su ognuna delle soluzioni in detta disposizione previste, avendo riguardo all’unico criterio di riferimento dell’interesse del minore e con esclusione di qualsiasi automaticità nell’attribuzione del cognome (Cass. 200802751; 200716989; 200612641). L’art. 262, comma terzo, cod. civ. affida, dunque, al giudice una valutazione ampiamente discrezionale, da condurre non secondo schemi predeterminati e casistiche limitanti, ma con riguardo a qualsiasi aspetto che possa influire sull’apprezzamento dell’interesse del minore, in rapporto alle due previste e diverse ipotesi dell’accertamento giudiziale e del riconoscimento della filiazione, valutazione che si sottrae al sindacato di legittimità se sorretta da congrua e logica motivazione.

Anche alla luce degli esposti richiami la conclusione dei giudici di merito, secondo cui l’interesse della minore appariva garantito dall’assunzione del cognome paterno in aggiunta a quello originario materno, appare aderente al dettato normativo ed irreprensibile per il profilo motivazionale, dal momento anche che non è stata disposta la sostituzione del cognome materno, ma l’aggiunta del paterno; che ai fini dell’assunzione di entrambi i cognomi non è stato tralasciato, ma giustamente valorizzato anche il profilo esistenziale del minore, e segnatamente il suo contesto di vita anteatta ed attuale, onde pure assicurare l’aderenza del segno di identificazione ai tratti della sua personalità sociale in formazione e, quindi, a giusto presidio del diritto del bambino ad assumere il cognome che più plausibilmente lo faccia apparire come sé medesimo; che, inoltre, l’argomento del benefico effetto della decisione sul consolidamento del rapporto affettivo del padre con il figlio appare essere stato utilizzato in mera funzione rafforzativa della decisione.

Pertanto il ricorso deve essere respinto, affermando il seguente principio di diritto «Nel caso di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente dai genitori, il giudice è investito dall’art. 262, comma terzo, cod. civ. del potere-dovere di decidere su ognuna delle soluzioni in detta disposizione previste, avendo riguardo all’unico criterio di riferimento dell’interesse del minore e con esclusione di qualsiasi automaticità, quale anche rinveniente ai fini dell’attribuzione del cognome di entrambi i genitori dalla pregressa durevole convivenza del medesimo minore con la madre.».

Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimità in ragione del relativo esito e del mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *