Cassazione, 24 novembre 2009, n. 45027 Detenzione di 40 dosi di eroina del tossicodipendente, uso personale o spaccio?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Napoli confermò la sentenza 23.1.2007 del GUP del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che aveva dichiarato M. P. colpevole del reato di cui all’art. 73 d.p.R. 309 del 1990, riconosciuta l’ipotesi lieve, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.

La corte d’appello osservò che doveva escludersi che la sostanza stupefacente fosse destinata unicamente ad uso personale, perché di trattava di 40 dosi medie giornaliere di eroina, sicché non era credibile che l’imputato, tossicodipendente, l’avesse acquistata per farne una scorta. Inoltre vi era stato un contrasto fra le dichiarazioni spontanee rese alla polizia e quelle rese in sede di interrogatorio di garanzia.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione degli artt. 125 cod. proc. pen. e 111 Cost., perché la sentenza impugnata si riduce a poche righe di motivazione e non prende nemmeno in considerazione i motivi di appello, con i quali si era lamentato che il giudice aveva considerato solo il dato quantitativo senza valutare la documentazione depositata dalla difesa (stato di tossicodipendenza; stato di servizio come militare elicotterista; possesso di redditi adeguati) e senza valutare l’assenza di qualsiasi altro elemento che potesse far ipotizzare una attività di spaccio.

2) violazione degli artt. 350 e 63 cod. proc. pen. in quanto subito dopo l’arresto aveva rilasciato spontanee dichiarazioni, assunte al di fuori delle garanzie di legge, con le quali aveva affermato che la sostanza stupefacente era stata acquistata per conto di un amico. Queste dichiarazioni erano state fatte per il timore di compromettere la sua carriera di militare. Subito dopo, in sede di interrogatorio formale, aveva però precisato di essere tossicodipendente e che la sostanza stupefacente era destinata ad uso personale. Lamenta che la corte d’appello non avrebbe potuto dare rilievo alle spontanee dichiarazioni alla polizia giudiziaria perché erano state assunte senza le garanzie di legge, sebbene avesse già acquisito la veste di indagato, ed erano pertanto inutilizzabili.

3) violazione dell’art. 73, comma 1 bis, d.p.R. 309 del 1990 e vizio di motivazione. Lamenta che secondo la nuova normativa il mero superamento del dato ponderale non può far presumere la destinazione allo spaccio né può invertire l’onere della prova. Nella specie si trattava di un quantitativo necessario per alcuni giorni per un tossicodipendente mediamente assuefatto. La droga era stata comprata sotto gli occhi della polizia pochi minuti prima del fermo e quindi non era possibile che vi fosse stata una cessione. Mancava poi qualsiasi altro elemento che potesse far presumere un uso non personale. Anzi vi erano diversi elementi che escludevano un uso siffatto e che non sono stati valutati dalla corte d’appello. Il mero dato ponderale non era quindi sufficiente nella specie a far presumere la destinazione allo spaccio.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Innanzitutto, invero, la sentenza impugnata contiene una motivazione sommaria, e in realtà meramente apparente, che si limita a rinviare alla sentenza di primo grado, senza prendere in considerazione e valutare gli specifici motivi di appello, con i quali la difesa aveva eccepito che il giudice aveva preso in esame solo il dato quantitativo senza considerare la documentazione depositata dalla difesa (relativa allo stato di tossicodipendenza; allo stato di servizio come militare elicotterista; al possesso di redditi adeguati) e senza considerare l’assenza di qualsiasi altro elemento che potesse far ipotizzare una attività di spaccio.

Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione, e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione “per relationem”, se si limita a riprodurre la decisione confermata dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado, e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi (Sez. VI, 20.4.2005, n. 6221, Aglieri, m. 233082; Sez. VI, 12.6.2008, n. 35346, Bonarrigo, m. 241188; Sez. VI, 10.2.2009, n. 12148, Giustino, m. 242811).

La sentenza impugnata ha in sostanza dedotto la prova che la detenzione della sostanza stupefacente fosse finalizzata, quanto meno in parte, ad un uso non personale dai seguenti elementi: a) la quantità della sostanza, sufficiente per la confezione di 40 dosi medie, e quindi non compatibile con un uso esclusivamente personale; b) il contrasto fra quanto dichiarato dall’imputato al momento dell’arresto (ossia che aveva acquistato la droga per un amico) e quanto dichiarato in sede di interrogatorio di garanzia (ossia che la aveva acquistata per sé, essendo tossicodipendente).

Ora, per quanto concerne il primo profilo, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, «il mero dato quantitativo del superamento dei limiti tabellari previsti dall’art. 73, comma primo-bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, non vale ad invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, ovvero ad introdurre una sorta di presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, dovendo il giudice globalmente valutare, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione» (Sez. VI, 12.2.2009, n. 12146, Delugan, m. 242923); «L’art 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 non prevede una presunzione assoluta di detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente che superi i limiti indicati dalla medesima norma, bensì impone soltanto al giudice un dovere di rigorosa motivazione quando ritenga che dagli altri parametri normativi (modalità di presentazione, peso lordo complessivo, confezionamento frazionato, altre circostanze dell’azione) si debba escludere una destinazione ad un uso non esclusivamente personale, pur in presenza del superamento dei suddetti limiti massimi (Sez. VI, 18.9.2008, n. 39017, Casadei, m. 241405; Sez. VI, 2.4.2008, n. 27330, Sejjal, m. 240526; Sez. VI, 29.1.2008, n. 17899, Cortucci, m. 239933); l’art. 73 cit. «indica parametri, sulla base dei quali apprezzare la destinazione ad “uso non esclusivamente personale” di sostanze stupefacenti, tra loro non reciprocamente autonomi, sicché non è sufficiente l’accertamento di uno solo di essi perché la condotta di detenzione sia penalmente rilevante. Ne consegue che, pur in presenza di quantità non esigue o di confezioni plurime, potrebbero essere valutate dal giudice “altre circostanze dell’azione’” tali da escludere radicalmente un uso non strettamente personale» (Sez. VI, 29.1.2008, n. 17899, Cortucci, m. 239932).

Nella specie la corte d’appello si è appunto limitata a considerare il mero dato quantitativo, senza peraltro nemmeno spiegare per quale motivo la presenza di 40 dosi medie dovesse ritenersi, alla luce di tutti i dati del caso concreto, incompatibile con una destinazione ad uso personale da parte di un soggetto pacificamente tossicodipendente e quindi con una certa assuefazione all’uso della droga (motivazione questa che era tanto più necessaria in quanto già il Gip non aveva convalidato l’arresto proprio perché la modestia del quantitativo di stupefacente faceva propendere più per l’ipotesi dell’uso personale che per quella della rivendita a terzi). La corte d’appello, in ogni caso, ha omesso di valutare tutte le altre circostanze della concreta fattispecie che avrebbero potuto influire sul giudizio relativo alla destinazione dello stupefacente, quale appunto lo stato di tossicodipendenza dell’imputato e la sua incensuratezza; il fatto che la droga era stata comprata poco prima del fermo sotto gli occhi della polizia; il fatto che non vi era quindi stata alcuna cessione; il fatto che l’imputato disponeva di risorse economiche sufficienti per l’acquisto di una scorta di stupefacente; il fatto che non erano state trovate attrezzature per il confezionamento della droga.

Per quanto concerne il secondo profilo (contrasto fra le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e quelle rese subito dopo in sede di interrogatorio di garanzia), va innanzitutto rilevato che è fondata l’eccezione difensiva secondo cui le spontanee dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria erano inutilizzabili ai sensi dell’art. 63, comma 2, cod. proc. pen. perché assunte al di fuori delle garanzie di legge. È pacifico infatti che al momento in cui rese tali dichiarazioni il M., in ragione degli accertamenti eseguiti nei suoi confronti, aveva già assunto la qualità di indagato e che non era presente il difensore. Del resto, nemmeno risulta che i carabinieri, prima di raccogliere le dichiarazioni del M., lo avessero avvertito dell’assunzione della qualità di indagato. In ogni modo la sentenza impugnata non ha spiegato le ragioni per le quali la differenza tra le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e quelle rese al giudice costituisse indizio di una destinazione della sostanza ad uso non personale. E nemmeno ha spiegato perché non ha ritenuto plausibile la giustificazione data dall’imputato, ossia che al momento dell’arresto aveva dichiarato ai carabinieri di avere acquistato la sostanza per conto di un amico per il motivo che in quel frangente aveva temuto che, ammettendo di essere tossicodipendente, avrebbe potuto compromettere la sua carriera di militare elicotterista.

In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata per vizio di motivazione con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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