Corte di Cassazione, Sentenza n. 33796 del 2011 Istituto bancario finanzia clienti appartenenti alla camorra; Esclusa la buona fede la banca perde i mutui concessi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

1. Con decreto del 13 agosto 2010 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione delle misure di prevenzione rigettava la domanda proposta da (…) volta a far dichiarare l’anteriorità dell’iscrizione ipotecaria su due beni immobili posti in S. Sebastiano al Vesuvio, di proprietà (…) definitivamente confiscati dal giudice della prevenzione.
A sostegno della decisione il giudice territoriale poneva la notorietà del ruolo camorristico di (…) e
l’illecita accumulazione patrimoniale attraverso cui fu avviata e gestita dagli stessi (…) la proprietà anzidetta, nonché la negligenza delle operazioni bancarie che condussero alla concessione dei mutui in favore della citata società, negligenza grave che porta ad escludere la buona fede degli operatori bancari.
2. Ricorre per cassazione avverso l’esposta decisione l’istituto bancario, assistito dal difensore di fiducia, denunciandone l’illegittimità ed alI’uopo illustrando due motivi di impugnazione.
2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione, in particolare deducendo che :
– i due mutui concessi dalla banca alla (…) con le garanzie ipotecarie risalgono al 1986 ed al 1992;
– il sequestro dell’azienda risale invece al 1994, otto anni dopo la concessione del primo mutuo;
– il sequestro riguardò poi non la (…) ma altre aziende e su di esso si pronunciò mediante revoca la Corte di Appello napoletana;
– soltanto nel 1993 vi fu un nuovo intervento dell’autorità giudiziaria salernitana;
– la banca operava in un comune non già di 10.000 abitanti, come opinato dal tribunale per sostenere la notorietà degli interessi malavitosi dei suoi clienti ma di 26.000 abitanti.
2.2. CoI secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione di legge in relazione all’art. 2 ter L. 575/1965, in particolare osservando che:
– la nozione di buona fede accolta dal Tribunale si appalesa in contrasto con l‘ordinamento e non costituzionalmente orientata;
– il Tribunale pretende dalla Banca un livello di conoscenza, al tempo dei mutui, noto alla stessa autorità giudiziaria.
3. Il ricorso è infondato.
Giova premettere che, a mente dell’art. 3 ter L. 31 maggio 1965 n. 575 e del richiamo ivi contenuto all’art. 4 L. 27.12,1956, n. 1423, commi 8. 9. 10 e 11, la confisca per cui è causa è impugnabile in cassazione (art. 4 co. 11 citato) soltanto per violazione di legge. Tanto rende inammissibile il primo motivo di impugnazione, fondato, come appena sintetizzato, sulla denunciata illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. e) c.p.p.
Infondato deve poi valutarsi il secondo motivo di ricorso, giacché insussistente la denunciata violazione di legge.
Lamenta come detto, sul punto, la difesa istante che avrebbe ritenuto il giudice territoriale inesistente la buona fede degli operatori bancari perché operanti i medesimi in un piccolo centro e per questo certamente a conoscenza della carica criminale dei (…) e delle gestioni commerciali dai medesimi intraprese. La doglianza non ha pregio, posto che ha il tribunale adeguatamente dimostrato che (…) interessati all’azienda i cui beni sono stati confiscati, operavano da tempo in condizioni di notoria pericolosità malavitosa e questo rende legittimo il convincimento del tribunale che operatori bancari, particolarmente fiscali ed attentissimi nella elargizioni di prestiti, scoperture bancarie e mutui ipotecari, operando secondo abituali prassi creditizie, avrebbero dovuto accertare senza difficoltà le qualità sociali ed economiche di clienti tanto particolari, soprattutto presso agenzie poste nell’ambito di municipalità di assai ridotte dimensioni demografiche, tali dovendosi ritenere i comuni di 26.000 abitanti, regolandosi di conseguenza rispetto ai richiesti mutui.
4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va rigettato cd il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali a mente dell’art. 616 c.p.p.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Depositata in Cancelleria il 12.09.2011

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