Cassazione, sez. III, 28 luglio 2011, n. 16499 Testimonianza: possibile anche quella di chi vanta pretese, già soddisfatte, sulle somme oggetto del giudizio?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La s.r.l. C. evocò in giudizio dinanzi al tribunale di Torino A..A., esponendo:

– Che, nel settembre del 2000, aveva stipulato con il convenuto un preliminare di vendita di un’unità immobiliare (individuata come "Villa 13") sita in (omissis) per un prezzo di 3 miliardi 400 milioni di lire;

– Che il promissario acquirente aveva poi richiesto l’esecuzione di lavori extra-capitolato per un importo di 210 milioni;

– Che il termine per il pagamento e per la stipula dell’atto pubblico era stato prorogato convenzionalmente (all’esito del mancato versamento, da parte dell’A., del residuo importo di un miliardo di lire) al 30 maggio 2002;

Che, con missiva del 6 giugno 2002 (erroneamente indicata in sentenza come risalente al 2001, per un presumibile lapsus calami) essa attrice aveva contestato all’A. l’inosservanza del termine convenuto, invitandolo a comparire per il 4.7.2002 dinanzi al notaio per il saldo e per la stipula del contratto definitivo: invito rimasto, peraltro, senza effetto.

L’attrice chiese, pertanto, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promissario acquirente.

Il convenuto, nel costituirsi, eccepì che nessun termine essenziale per la stipula del contratto definitivo era mai stato pattuito tra le parti, mentre l’attrice aveva omesso di contabilizzare, tra i pagamenti ricevuti, due versamenti, eseguiti l’11 settembre e il 22 novembre 2001 su di un conto estero (presso la Schroeder Bank, di Zurigo) della C., di importi pari a 230.000 e 150.000 Euro. In via riconvenzionale, egli chiese, pertanto, l’accertamento del complessivo ammontare dei pagamenti da lui effettuati – pari ad Euro 1.521.364, oltre ad Euro 24.789 per IVA – e la conseguente declaratoria di debenza di una somma ancora dovuta a saldo pari ad Euro 234.589, oltre ad IVA al 4% (e non al 20%, come preteso dall’attrice), oltre alla pronuncia di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. stante la propria disponibilità al pagamento della residua somma così indicata.

Il giudice di primo grado accolse in parte qua la domanda dell’attrice, pronunciando la risoluzione del preliminare di vendita per grave inadempimento del convenuto e dichiarando estranee alla contabilità della C. le somme versate dal promissario acquirente nel settembre e nel novembre del 2001.

La corte di appello di Torino, investita dei gravami, principale e incidentale, proposti rispettivamente dall’A. e dalla C., li rigettò entrambi.

La sentenza è stata impugnata da A..A. con ricorso per cassazione sorretto da 6 motivi e corredato da memoria illustrativa. Resiste con controricorso la C..

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

Con il primo motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, concernente la ritenuta sussistenza di un grave o rilevante inadempimento del promissario acquirente da determinare la risoluzione del contratto preliminare di compravendita ai sensi dell’art. 1454 c.c..

Il motivo risulta così sintetizzato, in ossequio al disposto dell’art. 366 bis c.p.c..

Il giudice di appello ha omesso di procedere, attraverso l’indagine del comportamento delle parti alla luce degli impegni contrattuali presi, alla valutazione della effettiva sussistenza degli estremi dell’inadempimento ascritto, derivandone, sul punto, una omessa motivazione circa la sussistenza della grave o rilevante responsabilità nel comportamento del promissario acquirente, ritenuta il presupposto della diffida ad adempiere ai sensi dell’art. 1454 c.c., da parte della promittente venditrice e della successiva risoluzione contrattuale per inadempimento. Con il secondo motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio volto ad escludere l’esistenza o la gravità e rilevanza dell’inadempimento del promissario acquirente, stante l’intervenuta eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e la denuncia di specifico inadempimento imputabile al promittente venditore. Il motivo viene così sintetizzato:

Qualora la corte di appello avesse adeguatamente esaminato le ragioni in fatto e in diritto che avevano determinato il promissario acquirente, con la lettera del 30.6.2002, a contestare la diffida ad adempiere e l’allegato conteggio, chiedendo un esame in contraddittorio preventivo alla stipula del rogito, si sarebbe pronunciata verosimilmente in modo diverso, escludendo la sussistenza di un inadempimento, per di più se grave e rilevante, del promissario acquirente da cui far derivare la risoluzione del contratto.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 comma 1 c.p.c.. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: Dica la corte se la corte di appello di Torino ha gravemente violato l’art. 115 comma 1 c.p.c. ponendo a base della decisione impugnata un elemento di fatto mai ritualmente dedotto ed eccepito dall’attrice in corso di causa, che avrebbe avuto interesse a dedurre ed eccepire, costituito dalla mancata prova, da parte del promissario acquirente, della esistenza di disposizioni della C., creditrice, di eseguire pagamenti in deroga alle modalità del contratto preliminare, limitatamente a due versamenti dei quattro effettuati all’estero dal promissario acquirente.

Con il quarto motivo, si denuncia insufficiente o quantomeno contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio concernente l’omessa contabilizzazione di due versamenti sui quattro effettuati su conto estero dal promissario acquirente e la loro natura.

Il motivo ripropone, sotto il profilo del vizio motivazionale, la medesima doglianza espressa con quello che precede.

Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 157 comma 2 c.p.c. e dell’art. 246 in relazione all’art. 100 c.p.c..

La censura si conclude con il seguente quesito di diritto:

Dica la corte se la corte di appello di Torino ha gravemente violato l’art. 157 comma 2 c.p.c. in relazione all’art. 246 c.p.c. per non aver dichiarato la nullità, eccepita ritualmente, della testimonianza resa dalla teste R.A., che vantava un interesse diretto e immediato, riconducibile all’art. 100 c.p.c., che avrebbe potuto legittimare la sua partecipazione nel giudizio.

Con il sesto motivo, si denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio concernente la valutazione della deposizione testimoniale del teste C.F. sulle circostanze riferite del relato ex parte.

Il motivo si conclude con la seguente sintesi:

Il giudice di appello è incorso nel vizio di insufficiente motivazione che avrebbe evitato qualora avesse valutato e preso posizione sulle specifiche ragioni dell’appellante circa la irrilevanza della testimonianza del teste C. in relazione alle dichiarazioni sull’appartenenza alla signora R. delle somme di due versamenti eseguiti dall’A., perché circostanza riferita dal sig. B.V., legale rappresentante dell’attrice C..

Vanno esaminati (ed accolti), in via preliminare, gli ultimi due motivi di ricorso, che lamentano vizi procedurali in tema di valutazione ed ammissibilità delle deposizioni testimoniali ivi riportate.

Fondato deve dirsi, difatti, il quinto motivo, poiché la teste R., nel rivendicare la proprietà del denaro oggetto dei due versamenti su conto estero ritenuti dal giudice territoriale non riferibili alla vicenda negoziale per la quale è ancora processo, vantava un interesse diretto e immediato tale da legittimare la sua partecipazione al giudizio in qualità di parte, senza che la circostanza di essere stata già soddisfatta, nelle sue pretese creditorie in conseguenza dell’avvenuto versamento della somma in contestazione potesse dirsi idonea a riattivare una capacità a testimoniare che, per costante giurisprudenza di questa corte regolatrice, va valutata a prescindere da vicende che costituiscano un posterius facti rispetto alla predicabilità ex ante dell’interesse a partecipare al giudizio (Cass. 13585/04; 703/02 ex multis).

Fondato risulta ancora il sesto motivo, quanto alla (non corretta) valutazione della testimonianza C., priva di rilevanza in punto di scienza diretta della presunta appartenenza della somma di 380.000 Euro ad A..R..

Fondati per quanto di ragione risultano altresì i motivi III e IV, relativi alla complessiva valutazione dell’efficacia solutoria dei due versamenti eseguiti su conto estero dal promissario acquirente, in relazione alla diversa valenza riconosciuta ai restanti pagamenti eseguiti secondo le medesime modalità, e in relazione, ancora, alla circostanza dell’aver la C. riconosciuto la contabilizzazione e l’imputazione al pagamento del prezzo dell’immobile dei primi due versamenti eseguiti sul conto personale del legale rappresentante della promittente venditrice, così derogando alle modalità previste in contratto.

I motivi I e II restano assorbiti nell’accoglimento delle doglianze sinora esaminate.

All’accoglimento del ricorso entro i limiti di cui in motivazione consegue la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio del processo alla corte di appello di Torino in diversa composizione.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Torino in altra composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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