Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-02-2012, n. 1436 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 4.7.07 la Corte d’appello di Trento rigettava il gravame interposto da Alpen Food S.r.l. contro la pronuncia con cui il Tribunale di Trento ne aveva respinto l’opposizione alla cartella di pagamento notificata dall’INPS per contributi omessi e sanzioni riguardo alla posizione di P. G., sul presupposto della natura subordinata del relativo rapporto con la società opponente.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Alpen Food S.r.l. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso l’INPS.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 445 c.p.c., comma 1, e vizio di motivazione laddove la Corte territoriale – asserita la genericità delle contestazioni a riguardo mosse dalla Alpen Food S.r.l. – non ha disposto c.t.u. per accertare, sulla retribuzione imponibile considerata dall’INPS, l’incidenza dei costi connessi all’attività di trasporto svolta dal P. per conto della società ricorrente.

Il motivo è inammissibile nella parte in cui lamenta un vizio di motivazione perchè, ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis, vista la data di deposito dell’impugnata sentenza), si sarebbe dovuto concludere, per costante giurisprudenza di questa S.C., con un momento di sintesi del fatto controverso e decisivo, per circoscriverne puntualmente i limiti in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 1. 10.07 n. 20603;

Cass. Sez. Ili 25.2.08 n. 4719; Cass. Sez. Ili 30.12.09 n. 27680).

Il motivo è, poi, infondato nella parte in cui deduce una violazione di legge, atteso che il difetto (rilevato dall’impugnata sentenza) di specifica allegazione di quali sarebbero stati i costi connessi all’attività di trasporto svolta dal P. per conto della società ricorrente avrebbe attribuito a una c.t.u. un carattere meramente esplorativo, in quanto tale inammissibile in forza di antico e costante insegnamento di questa S.C..

Invero, la c.t.u., che ha pur sempre la funzione di offrire al giudice l’ausilio delle specifiche conoscenze tecnico-scientifiche necessarie ai fini del decidere, presuppone che siano stati forniti dalle parti interessate concreti elementi a sostegno delle rispettive richieste, di guisa che non può essere utilizzata per compiere mere indagini esplorative dirette ad accertare circostanze la cui dimostrazione rientri, invece, nell’onere probatorio delle parti (cfr., da ultimo, Cass. 8.2.2011 n. 3130, ord.).

2- Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1 e art. 437 c.p.c., comma 2, nonchè vizio di motivazione per avere l’impugnata sentenza ritenuto nuova (e, in quanto tale, inammissibile) la domanda, svolta solo in appello, inerente all’inclusione anche dell’IVA nella base imponibile dei contributi omessi, in quanto – lamenta la società ricorrente – in tal modo si è solo meglio specificata la causa petendi, senza ampliare il petitum.

Il motivo è infondato.

Costituisce domanda nuova non soltanto quella che ampli il petitum, ma anche quella che ne alteri la causa petendi mediante nuova allegazione in punto di fatto, tale essendo quella secondo cui nell’imponibile considerato dall’INPS ai fini dei contributi omessi sarebbe stata inclusa anche l’IVA. Quanto al dedotto vizio di motivazione, esso si colloca all’esterno dell’area dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il vizio di motivazione spendibile mediante ricorso per cassazione concerne solo la motivazione in fatto, giacchè quella in diritto può sempre essere corretta o meglio esplicitata, sia in appello che in cassazione (v. art. 384 c.p.c., u.c.), senza che la sentenza impugnata ne debba in alcun modo soffrire.

Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione adottata sia corretta ancorchè malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge o falsa od erronea sua applicazione.

3- Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 1 e dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c. laddove la Corte territoriale non ha equiparato al giudicato il provvedimento definitivo con cui l’Agenzia delle Entrate ha qualificato il P. come esercente in proprio attività imprenditoriale di autotrasportatore, attività svolta anche nell’interesse della Alpen Food S.r.l., con conseguente venir meno del presupposto stesso del credito contributivo vantato dall’INPS, presupposto ravvisato nella asserita esistenza d’un rapporto di lavoro subordinato tra la società ricorrente e il P..

Osserva questa S.C. che il motivo è infondato sia in ragione della strutturale diversità fra un provvedimento amministrativo definitivo ed un giudicato sia per l’impossibilità di estendere gli effetti del primo anche a chi (come l’INPS, nella specie) non ne sia destinatario nè sia stato in alcun modo in grado di interloquire, come avvenuto rispetto al predetto accertamento dell’Agenzia delle Entrate, la cui definitività è il risultato della scelta del contribuente (il P.) di non impugnarlo.

Da ultimo, è appena il caso di escludere qualsivoglia ipotesi di estensione riflessa od indiretta di siffatto accertamento, posto che nel nostro ordinamento può parlarsi, al più e solo in talune ipotesi, di estensione del giudicato secundum eventum litis, altrimenti definita, in dottrina, come portata soggettiva della sentenza differenziata in ragione del contenuto della decisione, possibilità che – non estranea all’impianto originario del codice civile, basti pensare all’art. 1306 cpv. c.c. e art. 2377 c.c., comma 7 – ad ogni modo è pur sempre caratterizzata dallo svolgersi solo a favore e giammai a danno del terzo.

4- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità a favore dell’INPS, liquidate in Euro 40,00 per esborsi e in Euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 07-11-2011, n. 880 Contratti e convenzioni

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con lettera d’invito 5.3.1997, il Comune di Cassino invitava la società ricorrente alla gara mediante appalto concorso per "il Progetto, i relativi lavori di ampliamento ristrutturazione e gestione annuale rinnovabile, del depuratore di Cassino".

Con l’impugnato atto le ricorrenti venivano, peraltro, estromesse dalla gara, sul rilievo della…"mancata produzione nel plico della parte del capitolato speciale relativo alla gestione debitamente sottoscritta in segno di accettazione";…violazione sanzionata con la esclusione dalla gara giusta il punto 6 delle norme di gara (all. n. 1 alla lettera d’invito).

Avverso l’atto di esclusione della commissione di gara è stato proposto il presente ricorso, con cui sono stati dedotti i seguenti vizi: eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, violazione del principio generale di amplia partecipazione alla gara, stante il carattere di mera irregolarità da attribuire alla contestata omissione; illegittimità della clausola generica di esclusione; illegittimo esercizio del potere di richiesta di chiarimenti e integrazione documentale.

Il Comune di Cassino si è costituito in giudizio, richiedendo la reiezione del proposto ricorso.

Con ordinanza n. 692, emessa nella camera di consiglio del 27.9.2001, il collegio respingeva la proposta domanda incidentale di sospensione.

All’udienza del 20.10.2011, la causa è stata trattenuta a sentenza.

Il presente ricorso ha ad oggetto l’esclusione delle società G.C.I. – S.p.a. e C. S.p.a. (ATI) dalla gara pubblica di appalto concorso per il Progetto, i relativi lavori di ampliamento ristrutturazione e gestione annuale rinnovabile, del depuratore di Cassino.

Con le doglianze proposte, la parte deducente impugna il citato provvedimento di esclusione, assumendo la non essenzialità della surrichiamata produzione, non potendosi univocamente desumere dalla contestata omissione la volontà di mancata accettazione, da parte della ditta partecipante, delle clausole contenute nel capitolato.

Ad avviso della ricorrente rafforza la suesposta conclusione la circostanza che il capitolato speciale, peraltro sottoscritto, non sarebbe stato a ben vedere trascurato, tenuto conto che lo stesso era stato inserito, dall’A.T.I. ricorrente, nella terza busta, contenente l’offerta unitamente all’espressa dichiarazione di accettazione di tutte le clausole contenute nel capitolato.

Detto ordine di idee non può essere condiviso.

Osserva, anzitutto, il collegio che la ricorrente non contesta la sussistenza dell’omissione riscontrata.

In secondo luogo le norme di gara (punto 6, all. 1 alla lettera d’invito) espressamente sanzionavano, con l’esclusione dalla gara, il mancato inserimento nel plico, contenente i documenti, anche del capitolato speciale, debitamente firmato per l’accettazione.

Sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che l’osservanza di una prescrizione, fissata in via di esclusione, rende inammissibile un" interpretazione volta a stabilire attraverso una indagine sulla finalità della stessa prescrizione, se l’adempimento di questa fosse da ritenere essenziale per il proficuo svolgimento della gara ovvero fosse da ritenere invece meramente formale (cfr. Cons. Stato, VI 25 maggio 1976, n. 237)

La clausola concernente la necessaria inclusione nel plico relativo ai documenti anche della copia sottoscritta del capitolato speciale integra invero un adempimento sostanziale, in quanto oltre ad assicurare la piena e preventiva conoscenza delle regole di gara da parte delle concorrenti, assolve alla specifica esigenza – per l’appalto concorso – che le clausole siano accettate preliminarmente in quanto con l’aggiudicazione automaticamente viene perfezionato il contratto.

Nè sposta i termini del problema all’esame la circostanza che, nella terza busta, era stato inserito il capitolato, per la semplice ragione che il regolare svolgimento dell’iter di gara non consentiva l’apertura preventiva di tale busta.

La contestata inosservanza ha comportato, in altri termini, la violazione di un requisito di partecipazione, rendendo legittimo il provvedimento di esclusione adottato dalla commissione di gara.

In conclusione il ricorso deve essere respinto.

Sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-06-2011) 24-10-2011, n. 38340

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.G. ed A.D. ricorrono, ai soli effetti civili, avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone del 30 aprile 2010 che, in riforma di quella del giudice di pace, che aveva affermato la penale responsabilità di D.G., C. M. e D.M. per i resti di ingiurie, minacce e lesioni volontarie in loro danno, aveva assolto i predetti ritenendo di non ravvisare elementi univoci di valutazione dei fatti.

Deducono i ricorrenti la nullità della sentenza impugnata per i seguenti motivi:

1) perchè, essendo stati condannati gli imputati a sola pena pecuniaria, l’appello, che non aveva espressamente contestato le statuizioni civili, era inammissibile;

2) per erronea valutazione dei fatti e delle prove, esponendo a sostegno del ricorso una dettagliata esposizione della vicenda.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che, come ha stabilito questa Corte con orientamento ampiamente consolidato (cfr. da ultimo Sez. 5^, n. 38733 del 20.6.2008 Rv 242024; Sez. 2^, n. 23555 del 12.5.2009 Rv 244235), può proporsi appello avverso le sentenze del giudice di pace che abbiano condannato a pena pecuniaria ed al risarcimento del danno in favore della parte civile, anche se il capo relativo alle statuizioni civile non venga espressamente impugnato atteso che ai sensi dell’art. 574 c.p.p., comma 4, l’impugnazione proposta contro le statuizioni penali estende i suoi effetti alle statuizioni civili dipendenti dalla condanna, se con l’impugnazione venga contestata l’affermazione della penale responsabilità.

La seconda censura è inammissibile, prospettando il riesame del merito, che in questa sede di legittimità è precluso se, come nel caso di specie, la sentenza impugnata abbia dato conto delle ragioni della decisione con motivazione ragionevole, comunque immune da vizi logici o contraddizioni.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-09-2011) 10-11-2011, n. 40890

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.G. è stato sottoposto, a custodia cautelare in carcere con ordinanza del gip del tribunale di Catania per concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso (Cosa Nostra), poichè poneva a disposizione di A.V., rappresentante provinciale della stessa, la propria attività di imprenditore edile, versando somme di denaro al sodalizio e partecipando alla distribuzione dei lavori controllati dallo stesso.

Il tribunale del riesame confermava, sulla scorta della intercettazioni ambientali.

Ricorrono i difensori, con distinte impugnazioni.

Con la prima si lamenta il mancato riscontro alle deduzioni avanzate dalla difesa, che designano l’indagato come vittima e non come soggetto colluso. Dagli atti risulta che egli ha versato denaro sol perchè sottoposto a pressioni, come emerge anche dalle dichiarazioni del pentito C..

Non v’è traccia di favori ricevuti dal M. ed è irrilevante la vicenda del parco tematico di Regalbuto, rimasto mero progetto.

Quanto alle esigenze cautelari, le condotte risalgono al 2007.

Con altro ricorso si denuncia, allo stesso modo, il vizio di motivazione, per la mancanza degli estremi del reato gravato.

M. è vittima e non concorrente: egli tenta di sottrarsi al contratto ricercato da B. per conto del sodalizio e lo stesso A. lo descrive come vittima delle angherie e come persona che ha sempre pagato.

Significativa è la vicenda del danneggiamento del suo escavatore in data 12.4.07. R.D., nel corso della conversazione intercettata nella sua auto, commenta negativamente l’atto in questione, poichè M. è sottoposto ad estorsione tanto da parte di Ca., quanto di Enna. Del resto, l’indagato si è costituito parte civile nel procedimento a carico degli estorsori. L "messa a posto" significa che M. ha dovuto piegarsi alle pressioni mafiose, mostrandosi remissivo alle estorsioni consumate ai suoi danni.

Prive di rilievo sono le esternazioni di S. circa la spartizione degli appalti.

Sono stati presentati motivi nuovi in data 20.9.u.s..

Il ricorso è fondato.

Imprenditore colluso è quello che è entrato in rapporto sinallagmatico con la cosca, tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti ..; vittima è quello che, soggiogato dall’intimidazione, non tenta di venire a patti col sodalizio, ma cede all’imposizione e subisce il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire un’intesa volta a limitare tale danno.

Ne deriva che il criterio distintivo è nel fatto che l’imprenditore colluso ha consapevolmente rivolto a proprio profitto l’essere venuto in relazione col sodalizio mafioso (sez. 1, 11.10.05, n. 46552, D’Orio).

Il tribunale del riesame designa come colluso l’indagato, rimarcando i continui contatti con esponenti di spicco di Cosa Nostra, e segnatamente con A.V., che ne elogia in maniera superlativa la fedeltà e l’affidabilità dimostrate (".. e giungendo perfino a proporgli di sposarne la sorella") e col boss L.R. A..

E tuttavia il tribunale omette di enunciare, dandoli per scontati, i vantaggi conseguiti dal M. grazie a Cosa Nostra, ossia i lavori ottenuti col sistema del cd. tavolino riferito dal collaboratore Si.An., ivi compresi gli appalti di sperati in riferimento al parco di Regalbuto, peraltro rimasto a livello di progetto inattuato.

Non diversamente, andrebbe chiarita la vicenda del danneggiamento dell’escavatore, specificando se esso era volto a vincere la resistenza dell’indagato ed, ancora, se lo stesso sin inserisse in un contrasto tra cosche rivali (il R. sembra indicare il M. come soggetto alle estorsioni dei gruppi criminali di Catania ed Enna).

I vantaggi e le contiguità del M. vengono postulati e non meglio elucidati, sì da confutare adeguatamente le prospettazioni difensive, tese ad infirmare la valenza del compendio indiziario.

L’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio al tribunale di Catania, per nuovo esame. La cancelleria curerà gli adempimenti di rito.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al tribunale di Catania per nuovo esame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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