Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-09-2011, n. 20054 Diritti politici e civili

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. B.V., con ricorso alla Corte d’appello di Napoli, proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata di un giudizio instaurato dinanzi al T.A.R. Campania nel luglio 2000. La Corte d’appello, con decreto depositato l’1 aprile 2009, liquidava il danno non patrimoniale per la durata irragionevole del procedimento nella somma di Euro 4667,00 oltre interessi legali e spese del procedimento.

2. Avverso tale decreto B.V. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero Economia e Finanze il 3 novembre 2009, formulando sette motivi. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

3. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.

4. Con i sette motivi è denunciata, in relazione alla liquidazione delle spese del procedimento esposta nel provvedimento impugnato, erronea e falsa applicazione di legge ( artt. 91 e 92 c.p.c., art. 6, par. 1 CEDU, normativa in tema di tariffe professionali), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ( art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Secondo l’istante, la liquidazione delle spese sarebbe illegittima perchè presumibilmente effettuata in applicazione delle tariffe per i procedimenti di volontaria giurisdizione anzichè di contenzioso ordinario, sarebbe insufficiente nonchè priva di motivazione con riguardo alla non conformità alle tariffe forensi ed agli standards europei che dovrebbero trovare nella specie applicazione. La Corte di merito avrebbe inoltre illegittimamente disatteso la nota spese depositata, omettendo peraltro di motivare al riguardo.

5. Tali doglianze, da esaminare congiuntamente perchè strettamente connesse e in parte ripetitive, non possono trovare ingresso.

Premesso che in tema di spese processuali possono essere denunciate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o del principio di inderogabilità della tariffa professionale vigente (cfr. Cass. n. 4347/1999; n. 4818/2000; n. 1485/2001), e che nei giudizi di equa riparazione la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte d’appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, senza tener conto degli onorari liquidati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cass. n. 23397/2008), si osserva che parte ricorrente non ha specificamente e analiticamente indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le voci e gli importi richiesti e ad essa spettanti (cfr. Cass. n. 21325/2005; n. 9082/2006; n. 9098/2010). Tale omissione non consente al giudice di legittimità il controllo – senza bisogno di svolgere ulteriori indagini in fatto e di procedere alla diretta consultazione degli atti – degli error in iudicando solo astrattamente enunciati nella illustrazione dei motivi di ricorso e nella altrettanto astratta formulazione dei quesiti di diritto. Nè ha dimostrato la presunta applicazione nel provvedimento impugnato delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione. La declaratoria di inammissibilità del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 09-06-2011, n. 23181 Reato continuato e concorso formale

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Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Venezia, Sezione del Riesame, con ordinanza in data 8 giugno 2010, ha accolto il ricorso di S.G., B.C.M. e S.G., che avevano proposto istanza di riesame avverso il provvedimento 25 maggio 2010 con cui il G.I.P. del Tribunale di Venezia aveva disposto il sequestro preventivo dell’impianto per la miscelazione di materiali da costruzione denominato Robomescolatore modello Piccini RBM 1000, installato in (OMISSIS) nell’area cortiliva della società Sparissi, nonchè del piazzale di lavorazione di pertinenza della medesima società.

B.C.M. e S.G. erano indagati: a) per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), art. 110 c.p., perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., su area cortiliva di proprietà della medesima società identificata al fg. 26 mapp. 1859 e classificata secondo il P.R.G. come sottozona B1 "residenziale di completamento", realizzavano, in violazione della predetta destinazione urbanistica che vieta gli insediamenti produttivi ed in assenza di permesso di costruire, una nuova costruzione costituita da un basamento di cemento di m 4 x 4 sul quale posizionavano un silos alto circa 12 m, provvisto di tettoia e delle attrezzature necessarie per la miscelazione di polveri per la realizzazione di materiale per l’edilizia (in (OMISSIS), accertato il (OMISSIS), commesso nel (OMISSIS)); b) per il reato di cui all’art. 279, comma 1, in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269 e all’art. 272 e art. 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., in assenza delle relativa autorizzazione installavano ed esercitavano un impianto per lo stoccaggio e la miscelazione di materiali da costruzione denominato robomescolatore modello Piccini RBM 1000 (in (OMISSIS), accertato il (OMISSIS), permanenza in atto dal gennaio 2008); c) per il reato di cui all’art. 674 c.p. e art. 81 cpv. c.p., art. 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, utilizzando continuativamente un impianto per lo stoccaggio e la miscelazione di materiali da costruzione denominato robomescolatore modello Piccini RBM 1000 – esercitato in assenza- della prescritta autorizzazione alle immissioni in atmosfera e installato in assenza di permesso di costruire in area classificata secondo il P.R.G. come sottozona B1 "residenziale di completamento" e pertanto in violazione della predetta destinazione urbanistica che vieta gli insediamenti produttivi – nonchè movimentando sul piazzale di pertinenza della ditta materiali edili con scarico e carico di sabbia, cemento e altri materiali anche in polvere, facendo ricorso a mezzi di cantiere e nastri trasportatori, provocavano emissioni di polveri di sabbia e cemento nell’atmosfera in misura superiore alla normale tollerabilità e comunque atti a recare disturbo e molestia alle persone dimoranti nelle abitazioni limitrofe (in (OMISSIS), da (OMISSIS), permanenza in atto); d) per il reato p.e.p. dall’art. 659 c.p.., comma 1 e 2, artt. 81 cpv. e 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, movimentando sul piazzale di pertinenza della ditta materiali edili con scarico e carico di sabbia, cemento e altri materiali anche in polvere, nonchè facendo ricorso a mezzi di cantiere e nastri trasportatori, provocavano emissioni di rumori in misura superiore ai limiti di legge e alla normale tollerabilità e comunque atti a recare disturbo e molestia alle persone dimoranti nelle abitazioni limitrofe (in (OMISSIS), permanenza in atto); e) per il reato di cui all’art. 137, comma 1, in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 124, commi 1 e 7, e art. 125, art. 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., effettuavano senza la prescritta autorizzazione scarichi di acque reflue industriali derivanti dal dilavamento del piazzale ove vengono svolte le operazioni di lavorazione facendole defluire nelle proprietà adiacenti (in (OMISSIS), permanenza in atto).

Osservava il tribunale che all’udienza del 4 gennaio 2010 S. G. aveva prodotto documentazione da cui risultava che il materiale presente sul piazzale era costituito da elementi edili prefabbricati, caratterizzati per propria natura da inerzia nei confronti del test di cessione per eventuali dilavamenti di sostanze nell’acqua piovana, e da materiale inerte, caratterizzato anch’esso da mancato rilascio di sostanze inquinanti per dilavamento, per cui le acque sversate in fognatura erano solamente quelle di dilavamento del piazzale e dei tetti dei fabbricati, non assimilabili a reflui industriali.

Quanto agli altri reati ipotizzati, dai rilievi ARPAV di cui alla missiva 19 aprile 2010 risultava che il funzionamento dell’impianto di miscelazione inerti (il Robomescolatore) non causava livelli di immissione sonora eccedente i limiti di legge, e che un modesto superamento dei limiti avveniva solamente per le operazioni di movimentazione merci.

Solo una completa istruttoria tecnica – proseguiva il tribunale – consentirà di accertare se l’attività della S.r.l. Sparissi, che si svolge in loco dal 1953, sia o meno conforme alla normativa in vigore, ma i reati di cui al provvedimento di sequestro rimangono allo stato attuale una mera ipotesi.

2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia ha proposto ricorso per cassazione.

La difesa degli indagati ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia si duole da una parte del fatto che con la decisione impugnata il Tribunale del riesame di Venezia, esorbitando dai limiti propri del giudizio cautelare reale – secondo cui al giudice del riesame è preclusa la ponderazione del merito dell’accusa e quindi della fondatezza dell’accusa nella fase delle indagini preliminari, non essendo in tale ambito prevista l’esistenza di un grave quadro indiziario – ed omettendo di pronunciarsi solo sull’astratta configurabilità dei reati ipotizzati sub a) e b), ha svolto una impropria istruttoria di merito basata esclusivamente su elementi forniti dalla difesa peraltro palesemente contrastanti con l’intero compendio probatorio acquisito in atti.

Censura poi l’ordinanza impugnata per non aver adeguatamente considerato le risultanze degli atti di indagini da cui emergerebbero gli elementi di fatto delle condotte contestate con riferimento sia all’abuso edilizio che ai agli scarichi di acque reflue industriali.

2. Va innanzi tutto rilevato che il ricorso è tempestivo, essendo infondata l’eccezione proposta dalla difesa degli indagati, che nella memoria presentata per l’udienza camerale ha dedotto il superamento del termine di dieci giorni.

L’ordinanza impugnata è stata emessa dal Tribunale di Venezia il 16 giugno 2010, depositata il 22 giugno 2010 e comunicata il 23 giugno 2010. Il ricorso del P.M. risulta sottoscritto in data 5 luglio 2010 e depositato in data 6 luglio 2010, pertanto nel termine di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a).

Tale è infatti il termine per impugnare le ordinanze emesse dal tribunale all’esito di appello o di riesame proposti avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali e non già quello di dieci giorni previsto dall’art. 311 c.p.p., comma 1, che si riferisce esclusivamente alla materia delle misure cautelari personali e non viene richiamata dal successivo art. 325;

disposizione questa che fa riferimento solo al terzo e quarto comma dell’art. 311 c.p.p., sicchè il termine è quello di quindici giorni, previsto in via generale dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio. Principio questo affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 20 aprile 1994 – 24 giugno 1994, n. 5) che appunto hanno precisato – e qui va ribadito – che il termine per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1 avverso le ordinanze emesse dal tribunale all’esito di appello o di riesame proposti avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali è quello ordinario di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a) per le decisioni adottate in camera di consiglio; termine che, secondo il disposto del cit. art. 585 c.p.p., comma 2, lett. a), inizia a decorrere dal momento della comunicazione o notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza (conf. Cass., sez. 1, 5 giugno 1997 – 24 giugno 1997, n. 3962).

3. Il ricorso è non di meno inammissibile.

Deve infatti considerarsi che da una parte che il tribunale per il riesame può operare la valutazione di merito degli atti di indagine al fine di riscontrare l’astratta configurabilità dell’elemento materiale del reato in riferimento al quale è stata chiesta o adottata la misura cautelare del sequestro preventivo.

D’altra parte – come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 29 maggio 2008 – 26 giugno 2008, n. 25932) – il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (conf., Cass., sez. 5, 13 ottobre 2009 – 11 novembre 2009, n. 43068; sez. 4, 6 febbraio 2009 – 26 febbraio 2009, n. 8804).

Solo la totale mancanza di motivazione ovvero la motivazione soltanto apparente, che è sostanzialmente equiparabile alla mancanza di motivazione, integrano l’ipotesi di violazione di legge ( art. 125 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) deducibile avverso l’ordinanza pronunciata in sede di riesame o di appello in tema di sequestro preventivo (Cass., sez. 4, 21 gennaio 2004 – 10 febbraio 2004, n. 5302; sez. 6, 18 ottobre 1999-16 novembre 1999, n. 3265).

Ne consegue che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., lett. b) e c), anche la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606 c.p.p., lett. e), (Cass., sez. 6, 4 aprile 2003 – 4 giugno 2003, n. 24250; sez. 5, 12 febbraio 1999 – 22 novembre 1999, n. 736; sez. 2, 4 giugno 1997-19 giugno 1997, n. 3803).

Nella specie il P.M. ricorrente si duole nella sostanza dell’inadeguata valutazione degli elementi di fatto allo stato risultanti dagli atti di indagine, piuttosto che di alcuna specifica violazione di legge.

Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-05-2011) 24-06-2011, n. 25340 Motivazione contraddittoria, insufficiente, mancante

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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 4/06/2010, la Corte di appello di Messina – pur riducendo la pena – confermava la sentenza pronunciata in data 19/10/2007 con la quale il Tribunale di Barcellona P.G. aveva ritenuto C.S. e R.G., responsabili del delitto di rapina aggravata ai danni di O.S..

2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, separatamente ed a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione.

2.1. C. ha dedotto illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto erroneamente inattendibili le dichiarazioni dei testi indotti dalla difesa che avevano confermato l’alibi del ricorrente, e per avere travisato ulteriori elementi di fatto quali la disponibilità dell’utenza telefonica n (OMISSIS).

La Corte, poi, in modo illogico, aveva ritenuto attendibili le dichiarazioni della parte offesa che aveva sostenuto che gli era stata somministrata una qualche sostanza che gli aveva fatto perdere la lucidità, senza che però fosse stata accertata di quale sostanza si trattasse. Tale affermazione era, però, in contrasto con la dichiarazione dell’impiegata della Banca la quale aveva riferito che l’ O. si era recato a ritirare la somma di Euro 6.000,00 sostenendo che doveva "concludere un affare" ma non che era in condizioni psichiche alterate. In realtà l’ O. aveva riferito di essere stato posto in stato di incoscienza sol perchè aveva vergogna a dichiarare di essere stato truffato.

2.2. R. ha dedotto i seguenti motivi:

2.2.1. violazione dell’art. 530 c.p.p. per avere la Corte territoriale ritenuto la responsabilità del ricorrente pur in assenza di un quadro probatorio inequivoco atteso che la parte offesa doveva ritenersi inattendibile.

2.2.2. Violazione dell’art. 628 c.p. per avere la Corte territoriale ritenuto che, nel fatto per cui è processo, fossero ravvisabili gli estremi del delitto di rapina facendo ricorso all’elemento della violenza che sarebbe consistito nella somministrazione di una qualche sostanza della quale però non vi era prova alcuna;

2.2.3. Violazione dell’art. 62 bis c.p. per non avere la Corte territoriale adeguatamente motivato in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, tale non potendosi considerare il mero richiamo ai precedenti penali.

Motivi della decisione

3. Entrambi i ricorrenti (con il motivo sub 1 dei rispettivi ricorsi), sostengono l’illogicità della sentenza nella parte in cui, confermando la sentenza di primo grado, li ha ritenuti responsabili del fatto.

A loro avviso, infatti, non vi sarebbero elementi sufficienti per ritenere la loro responsabilità avendo essi fornito degli alibi per il giorno in cui era avvenuto il fatto.

Sennonchè, va replicato che le censure riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.

Pertanto, non essendo ravvisabili incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.

In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento": infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999 rv 215745;

Cass. 2436/1993 rv 196955. Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciatole, dev’essere percepibile ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze: ex plurimis SS.UU. 24/1999. Deve, pertanto, concludersi che il fatto va ricostruito secondo quanto stabilito da entrambi i giudici di merito e cioè che gli imputati, inizialmente, convinsero la parte offesa a recarsi in banca a prelevare la somma di Euro 6.000,00 che sarebbe dovuta servire per la conclusione di un affare immobiliare e, poi, una volta "uscito dalla banca con la somma prelevata e sedutosi su una panchina con uno dei due (mentre l’altro andava a prendere la "documentazione" per concludere il prospettato affare), fu certamente "stordito" con "qualcosa" che non si sa cosa fosse, ma che certamente fu usata". Infatti, l’ O. "si addormentò o comunque perse per qualche minuto quella necessaria lucidità che permise ai due imputati di sottrargli il denaro ed allontanarsi indisturbati". In punto di diritto, va osservato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, sono ravvisatali gli estremi del delitto di rapina qualora la violenza sia consista nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire, incapacità che può essere procurata anche mediante l’uso di sostanze stupefacenti o con qualsiasi altro mezzo: Cass. 10075/1987 Rv. 176727.

Nel caso di specie, la Corte, con motivazione congrua ed adeguata rispetto agli evidenziati elementi fattuali (dichiarazione della parte offesa), ha ritenuto che "importa poco sapere cosa i due abbiano utilizzato (etere, sostanza stupefacente?), di sicuro conta solo l’effetto, che è quello che l’ O. ha ben descritto", ossia l’assopimento che permise ai due imputati di impossessarsi della somma di denaro: il che consente di disattendere anche la censura sub 2 dedotta dal R.. 4. Infine, quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche (motivo sub 3 del ricorso R.), la motivazione della Corte che le ha negate "non fosse altro per i pessimi ed anche specifici precedenti di entrambi gli imputati", non si presta alla generica censura dedotta dovendosi ritenere che il potere discrezionale concesso dalla legge al giudice sia stato correttamente esercitato ex combinato disposto degli artt. 62 bis e 133 c.p. e, quindi, incensurabile in questa sede.

5. In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 15-07-2011, n. 1078 Piano regolatore particolareggiato

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Mediante atto notificato il 5 ottobre 2010 e depositato il 6 ottobre 2010 la ricorrente C. srl ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 312 del 13 luglio 2010, con la quale è stato affidato all’arch. Sergio Baiguera l’incarico per la redazione della variante al PGT e per la stesura del piano particolareggiato del centro storico del Comune di Cologne in esito alla gara indetta con bando dell’11 maggio 2010. Nella suddetta gara la ricorrente si era collocata al terzo posto con 55 punti, contro i 56,07 del vincitore.

2. Le censure rivolte dalla ricorrente agli atti di gara possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione dell’art. 84 comma 2 del Dlgs. 12 aprile 2006 n. 163, in quanto la commissione giudicatrice non sarebbe stata interamente composta da esperti in materia urbanistica; (ii) violazione dell’art. 83 comma 4 del Dlgs. 163/2006, in quanto la commissione giudicatrice nella riunione del 24 giugno 2010 avrebbe integrato i subcriteri di valutazione; (iii) difetto di motivazione circa il punteggio attribuito alla ricorrente per la propria proposta metodologica di redazione del PGT e disparità di trattamento (per questa voce la ricorrente ha ottenuto solo 5 punti rispetto ai 35 punti del controinteressato e a una media di 26,6 punti delle altre offerte complessivamente considerate). L’impugnazione ha come obiettivo la ripetizione della gara.

3. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso. Questo TAR con ordinanza cautelare n. 776 del 29 ottobre 2010 ha respinto la domanda di sospensione degli atti impugnati.

4. Sulle questioni sollevate con il primo motivo di ricorso si possono formulare le seguenti considerazioni:

(a) la commissione giudicatrice era composta da tre dipendenti comunali, e precisamente dall’architetto responsabile dell’Area Tecnica, da un geometra responsabile del Settore Lavori Pubblici e da un altro geometra responsabile del Settore Edilizia Privata;

(b) l’art. 84 commi 2 e 3 del Dlgs. 163/2006 prevede che le commissioni giudicatrici siano composte da esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto. La presidenza è affidata di norma a un dirigente della stazione appaltante e, in caso di mancanza in organico, a un funzionario della stazione appaltante con funzioni apicali;

(c) in concreto il presidente della commissione ha garantito sia il requisito dell’apicalità sia quello della preparazione in materia urbanistica e paesistica (come risulta dal curriculum esposto nella memoria del Comune depositata il 25 ottobre 2010). Gli altri due componenti non hanno invece una preparazione esattamente riferibile alla medesima materia, tuttavia occorre considerare che la loro presenza assicura la copertura multidisciplinare necessaria per l’esame della proposta metodologica di redazione del PGT e del piano particolareggiato del centro storico. A tale elaborato il bando attribuisce 50 dei 100 punti a disposizione (30 sono invece riferiti all’onorario e 20 all’assistenza nella procedura di approvazione del piano). Nella proposta metodologica sono affrontati argomenti quali il piano dei servizi, lo sviluppo della normativa tecnica per l’edificazione nelle zone non assoggettate a piano attuativo, gli strumenti di perequazione per la ripartizione dei diritti edificatori, la sistemazione dei parcheggi e degli spazi pubblici. Queste tematiche riguardano la normativa edilizia di dettaglio e richiedono dunque, accanto all’indispensabile approccio pianificatorio, anche le valutazioni proprie degli uffici tecnici preposti alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche e alla regolazione dell’edificazione privata. Nel complesso quindi la commissione risulta composta in modo equilibrato e contiene professionalità adatte al tipo di gara.

5. Sulle questioni sollevate con il secondo motivo di ricorso si possono formulare le seguenti considerazioni:

(a) per il criterio denominato proposta metodologica il bando di gara prevedeva cinque subcriteri (adeguatezza del metodo; individuazione di problemi e soluzioni; qualità dell’impostazione delle scelte; adeguatezza della documentazione da produrre; relazione tra urbanistica e paesaggio). A ciascun subcriterio è stato assegnato un massimo di 10 punti;

(b) per ognuno dei subcriteri la commissione giudicatrice nella riunione del 24 giugno 2010, dopo l’apertura della busta A (documentazione amministrativa) e della busta B (offerta tecnica e offerta economica), ha fissato alcune linee interpretative (ad esempio, per il subcriterio relativo all’adeguatezza del metodo si è precisato che sarebbero stati valutati in modo positivo elementi quali l’adeguatezza della normativa indicata, i metodi non limitati alla mera ripetizione della normativa, il giusto rapporto con gli strumenti urbanistici in vigore, la corretta individuazione del procedimento per l’approvazione del piano particolareggiato del centro storico, il contenimento della tempistica di redazione del PGT e del piano particolareggiato del centro storico);

(c) si tratta evidentemente di criteri motivazionali elaborati a posteriori, il che pone il problema se vi sia stata integrazione (illegittima) delle regole di gara;

(d) al riguardo occorre richiamare in sintesi lo scenario fornito dalla normativa comunitaria di cui alla Dir. 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE. In particolare il considerando n. 39, nell’imporre il principio di trasparenza tanto nelle procedure aperte quanto nelle procedure ristrette e negoziate, puntualizza che "(i)n vista di tale trasparenza le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere tenute a indicare, fin dall’avvio del confronto competitivo, i criteri di selezione cui si atterranno". Il considerando n. 46 afferma che "(s)petta quindi alle amministrazioni aggiudicatrici indicare i criteri di aggiudicazione nonché la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di tali criteri e questo in tempo utile affinché gli offerenti ne siano a conoscenza quando preparano le loro offerte". La medesima norma precisa che la ponderazione preventiva può essere derogata solo in situazioni particolari e a causa della complessità dell’appalto. Norme di dettaglio sono poi contenute negli art. 53 e 54 e nell’allegato VII;

(e) la giurisprudenza comunitaria formatasi sulla previgente Dir. 18 giugno 1992 n. 92/50/CEE (v. in particolare l’art. 36 par. 2) ha stabilito che dopo la presentazione delle offerte non possono essere effettuati interventi sulle regole di gara, né per individuare subcriteri né per fissare coefficienti di ponderazione (v. C.Giust. Sez. I 24 gennaio 2008 C532/06 Lianakis, punti 3638 e 44). Tuttavia è stata riconosciuta la conformità al diritto comunitario della prassi delle commissioni giudicatrici di effettuare la ponderazione dei subcriteri di un criterio stabilito precedentemente, purché (1) non siano modificati i criteri di aggiudicazione definiti nel bando e nel capitolato speciale, (2) non siano introdotti elementi che avrebbero potuto influenzare la preparazione delle offerte, (3) non si producano effetti discriminatori nei confronti di uno dei concorrenti (v. C.Giust. Sez. II 24 novembre 2005 C331/04 ATI EAC, punto 32);

(f) la giurisprudenza nazionale (v. CS Sez. V 13 luglio 2010 n. 4502) ha ricondotto all’eccezione ammessa dalla sentenza ATI EAC la fissazione da parte della commissione giudicatrice, peraltro prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, di criteri motivazionali allo scopo di attribuire a ciascun criterio e subcriterio il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando. Tale facoltà era espressamente prevista e regolata dalla versione iniziale dell’art. 83 comma 4 del Dlgs. 163/2006;

(g) il punto della suddetta norma che rimetteva alla commissione giudicatrice la fissazione dei criteri motivazionali è stato però soppresso dall’art. 1 comma 1 lett. u) del Dlgs. 11 settembre 2008 n. 152. Tale abrogazione non comporta conflitti con il diritto comunitario, in quanto gli Stati membri possono certamente introdurre più elevati livelli di trasparenza nell’aggiudicazione degli appalti. Il legislatore nazionale ha scelto in definitiva di adeguarsi pienamente alle indicazioni della Dir. 2004/18/CE eliminando la zona grigia dei criteri motivazionali e i conseguenti rischi di alterazione in via interpretativa delle regole di gara;

(h) attualmente è dunque necessaria una particolare attenzione da parte delle commissioni giudicatrici, perché senza più l’istituto codificato dei criteri motivazionali qualunque precisazione delle regole fissate nel bando e nel capitolato speciale potrebbe essere facilmente intesa come manipolativa;

(i) ne consegue che se il bando e il capitolato speciale non sono dettagliati (oppure stabiliscono un ampio intervallo nei punteggi a disposizione per ciascun criterio o subcriterio) è necessario percorrere la via della motivazione in concreto di ogni singola attribuzione di punteggio. Tale operazione a sua volta non è priva di rischi (specie se vengono utilizzate spiegazioni inaccurate che potrebbero far sospettare pregiudizi o travisamenti) ma è certamente apprezzabile sotto il profilo della chiarezza ed evita censure dirette di arbitrarietà;

(j) nel caso in esame, nonostante la decisione di utilizzare criteri motivazionali (che sono stati elaborati addirittura dopo l’apertura delle buste), non sembra essersi verificata una violazione di legge;

(k) occorre sottolineare che in realtà i criteri motivazionali possono essere variamente formulati, e talvolta sono il mero riflesso di canoni di valutazione comunemente accettati all’interno di un determinato settore. Quelli scelti dalla commissione giudicatrice nel caso in esame sono per l’appunto parametri interpretativi generici che possono essere considerati pacifici in ogni valutazione sulla qualità della pianificazione urbanistica. In quanto generici questi criteri non avrebbero potuto orientare i concorrenti nella formulazione delle offerte, se non nel senso (del tutto ovvio in qualunque procedura condotta con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa) che il punteggio maggiore sarebbe andato alla soluzione più apprezzabile sotto il profilo qualitativo. Non potevano esservi dubbi anche senza i criteri motivazionali che la commissione giudicatrice avrebbe privilegiato la proposta metodologica più accurata nell’indicazione della normativa, più creativa rispetto a quanto già previsto da leggi e regolamenti, più coordinata con gli strumenti urbanistici in vigore, e con un percorso procedimentale più rapido ed efficace. Le medesime osservazioni possono valere per tutti i criteri motivazionali, anche per quelli riferiti ai subcriteri diversi dal primo, in quanto tutti sono caratterizzati da analoga genericità.

6. Sulle questioni sollevate con il terzo motivo di ricorso si possono formulare le seguenti considerazioni:

(a) in effetti il punteggio attribuito alla ricorrente per la proposta metodologica è penalizzante (5 punti contro una media di 26,6 punti assegnati agli altri concorrenti);

(b) tuttavia non sembra che questa decisione sia stata presa sulla base di valutazioni manifestamente irragionevoli o arbitrarie. Alla proposta della ricorrente è stato imputato evidentemente un eccesso di astrattezza, ossia un approccio non abbastanza focalizzato sugli aspetti operativi e non articolato in una tempistica utile per l’amministrazione. Al contrario, la proposta del controinteressato contiene una suddivisione in fasi sia per la vera e propria redazione del PGT (definizione degli obiettivi; formulazione della proposta dei documenti costitutivi; stesura della versione definitiva; assistenza successiva) sia per la redazione del piano particolareggiato del centro storico (definizione degli obiettivi; formulazione delle proposte e della normativa di dettaglio). Per quanto riguarda il piano particolareggiato del centro storico inoltre nella proposta del controinteressato sono inserite lineeguida molto dettagliate (unità minime di intervento; individuazione degli edifici che richiedono interventi di riqualificazione; classificazione degli edifici per tipologie di intervento; riassetto degli spazi pubblici; omogeneizzazione degli elementi esterni di finitura e di arredo);

(c) certamente non poteva essere chiesto ai concorrenti di formulare le rispettive proposte con riferimento ai problemi urbanistici specifici del Comune di Cologne (non erano state date informazioni in proposito) ma lo sforzo richiesto era precisamente quello di ipotizzare un concreto percorso di pianificazione, evitando la mera riproduzione di formule e concetti normativi. Il bando avvertiva chiaramente che "la mera ripetizione di norme o di metodologie già codificate nella legge e nelle deliberazioni regionali di attuazione, essendo condizioni inderogabili, non sarà considerata elemento di preferenza". In questa prospettiva (nota fin dall’inizio ai concorrenti) la severa valutazione circa l’astrattezza della soluzione della ricorrente non appare censurabile.

7. In conclusione il ricorso deve essere respinto, anche nella parte relativa al risarcimento dei danni. Le particolarità del caso specifico consentono l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore

Stefano Tenca, Primo Referendario

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