Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-08-2012, n. 14649

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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 13 dicembre 1989 C.L. evocava, dinanzi al Tribunale di Napoli, C. e A. V. esponendo che a seguito di procedura esecutiva promossa dalla xxx in suo danno il primo si rendeva aggiudicatario del cespite costituente il primo lotto, consistente in un capannone industriale con relative pertinenze, di mq. 1050, realizzato su suolo della maggiore consistenza di mq. 7400, riportato nel Catasto Terreni del Comune di (OMISSIS) alla partita 1540, foglio 10, p.lla 11, e chiarendo che lo stimatore nominato dal G.E. aveva redatto la stima dell’intero compendio immobiliare in distinti lotti, con la esclusione del terreno residuato dalle costruzioni sullo stesso eseguite, attesa la sufficienza del ricavato dalle vendite dei fabbricati a soddisfare i creditori istanti; precisava che V. C., nell’immettersi nel possesso del capannone aveva occupato anche il suolo residuo, non incluso nel cespite aggiudicatogli, e con atto per notaio xxx del 23.10.1986, trascritto il 7.11.1986 ai nn. 25465/19976, lo aveva alienato in parte ad V.A..
Tanto premesso, chiedeva dichiararsi di sua esclusiva proprietà il terreno residuato dalla costruzione del capannone industriale e per l’effetto dichiararsi la nullità dell’atto notarile, per avere V.C. alienato un cespite di cui non poteva disporre, con condanna dei convenuti al rilascio del fondo, libero da cose e persone, oltre al risarcimento dei danni conseguiti all’illecito comportamento.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti, eccepita da V.C. la carenza di legittimazione attiva e, nel merito, la infondatezza della richiesta, il Tribunale adito, acquisita fa documentazione, disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di CO.Ch., coniuge di V.C., la quale nel costituirsi ribadiva le eccezioni già formulate dagli altri convenuti, ed intervenuta la legge istitutiva del Tribunale di Torre Annunziata, la causa veniva trasmessa a detto giudice, che accoglieva la domanda attorea dichiarando che il fondo agrumeto era di proprietà di C. L., dichiarato inefficace l’atto di alienazione per notaio xxx.
In virtù di rituale appello interposto da V.C., il quale eccepiva la nullità della sentenza per avere il giudice di prime cure non consentito un effettivo esercizio del diritto di difesa, nonchè l’erroneità della decisione per illogica motivazione circa il tenore del decreto di aggiudicazione, giudizio cui veniva riunito quello introdotto con appello proposto da A. V., la Corte di appello di Napoli, disposta ed ottenuta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Ch.
C., nella resistenza dell’appellato, riassunta – a seguito di interruzione – la causa dagli eredi di V.C., A., An. e V.R.,accoglieva il gravame e in totale riforma della sentenza di primo grado, rigettava le domande attoree.
A sostegno della adottata decisione, la corte territoriale evidenziava che dalla semplice lettura del decreto di aggiudicazione e trasferimento immobiliare del 23.11.1982, operato dal giudice dell’esecuzione in favore di V.C., e comunque da confronto di esso con la relativa precedente ordinanza di vendita del 27.8.1981, risultava palese che la vendita era comprensiva anche del fondo agrumeto residuato dalla costruzione del capannone, per essere stato lo stesso immobile industriale trasferito con le relative pertinenze e, precisamente, descritto come "costruito su suolo recintato esteso mq. 7400, con accesso dal civico (OMISSIS), indicati quali confini dell’intero oggetto della vendita quelli esterni ad esso fondo, fra i quali la stessa via (OMISSIS), e quali dati catastali proprio quelli dello stesso iscritto nel vecchio catasto terreni.
Aggiungeva che siffatte descrizioni ed indicazioni contenute nell’atto traslativo corrispondevano a quelle usualmente utilizzate negli atti notarili ai fini di ricomprendere nel trasferimento di un fabbricato anche l’area circostante, coincidente proprio con l’ingresso, dalla via pubblica, del fondo in contestazione.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione il C., articolato su tre motivi, al quale hanno resistito V.A. ed A. V. con separati controricorsi, proposto dal primo ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi.
All’udienza pubblica del 10.1.2012 il giudizio veniva rinviato per gli adempimenti di cui alla L. n. 183 del 2011, art. 26 vigente all’epoca.
Motivi della decisione
Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno preliminarmente riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c., concernendo la stessa sentenza.
Del pari pregiudiziale è l’esame dell’eccezione di nullità della notificazione del ricorso per cassazione sollevata dal resistente V.A. per essere stato l’adempimento compiuto dall’ufficiale giudiziario di Gragnano e quindi da soggetto dell’amministrazione giudiziaria incompetente a norma del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 106.
Nel ritenerne l’infondatezza, osserva il collegio che l’ufficiale giudiziario, nell’ambito del circondario cui è addetto, può compiere atti del suo ministero e così notificare gli atti indirizzati a persone che nel circondario abbiano residenza, dimora, domicilio, o sede (D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1129, art. 106 e art. 107, comma 1). Questa attribuzione trova il suo presupposto nel fatto che la notificazione va eseguita nel circondario. Ad essa se ne aggiunge un’altra, che ha il suo presupposto in un diverso fatto, costituito da ciò che all’ufficiale giudiziario si chiede di notificare un atto relativo ad affare di competenza dell’autorità giudiziaria cui è addetto (D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 107, comma 2), nel qual caso la notifica può essere eseguita, a mezzo del servizio postale, senza limiti territoriali (v. in tal senso Cass. 6 agosto 2002 n. 11758). Del resto, questa corte ha più volte sancito che la competenza a notificare il ricorso per cassazione è promiscua, nel senso che può essere effettuata nella città di (OMISSIS) dove il processo deve essere trattato, ma anche presso il luogo nel quale la sentenza impugnata è stata pronunciata (cfr Cass. S.U. 18 marzo 2002 n. 3942; Cass. 15 febbraio 2007 n. 3455; Cass. 15 luglio 2010 n. 16592).
Pure priva di pregio è l’eccezione sollevata dal medesimo resistente di inammissibilità del ricorso con riferimento all’art. 366 bis c.p.c., di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 5 vigente dal 2 marzo 2006, abrogato dalla L. n. 69 del 2009, giacchè l’art. 27, comma 2, della cit. legge (disciplina transitoria), prevede che "le restanti disposizioni del Capo 1 (n.d.r: esclusi gli artt. 1 e 19) si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto". Per quanto qui rileva, il provvedimento impugnato avverso il quale è stato proposto ricorso per cassazione è stato pubblicato il 6 dicembre 2005 e dunque in data anteriore all’entrata in vigore della medesima legge.
Nè risulta altrimenti violato il principio di autosufficienza consentendo il ricorso l’immediata percezione delle censure sollevate, per quanto di seguito di esporrà.
Osserva, altresì, i collegio che sebbene qualificato dalla parte ricorrente incidentale, V.A., come condizionato, va esaminato con priorità il primo motivo del ricorso incidentale, con il quale insorga avverso la statuizione ad esso sfavorevole relativa alla questione preliminare della integrità del contraddittorio. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, da tempo chiarito che le censure del ricorso incidentale, ancorchè proposte in via condizionata, quando involgano questioni pregiudiziali di rito ovvero preliminari di merito le quali, seppure non rilevabili d’ufficio, siano comunque inserite nel thema decidendum del giudizio di legittimità, devono essere esaminate, per ordine logico, prioritariamente rispetto ai motivi prospettati con il ricorso principale, restando irrilevante la volontà della parte espressasi nel senso di subordinare la propria impugnazione all’accoglimento (e quindi al previo esame) del ricorso principale (vedi, limitatamente alle più recenti, Cass. 24 gennaio 2008 n. 1582; Cass. 3 aprile 2007 n. 8293; Cass. 3 aprile 2007 n. 8293).
Con detto motivo del ricorso incidentale viene denunciata la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione agli artt. 101, 156, 161 e 162 c.p.c., unitamente a violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento all’art. 101 c.p.c. e a vizio della (insufficiente) motivazione, per avere la sentenza impugnata affermato che il (primo) motivo di appello relativo alla nullità della sentenza di primo grado per violazione de contraddittorio per non esatta comunicazione della nuova udienza di trattazione fissata con ordinanza del 16.12.1992, nè comunicato il rinvio dell’udienza del 17.1.1995 ex art. 309 c.p.c. all’udienza del 2.5.1995, era confuso e privo di riferimenti specifici, aggiungendo che comunque l’invalidità era sanata da successivi corretti avvisi.
Il motivo non può trovare accoglimento perchè la motivazione della sentenza impugnata è corretta avendo fatto applicazione del consolidato principio secondo cui l’art. 360 c.p.c., n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato "errar in procedendo". Sicchè, non potendosi configurare un generico ed astratto diritto al contraddittorio, è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare a fondamento dell’impugnazione stessa le ragioni per le quali tale lesione abbia comportato l’ingiustizia del processo stesso, causata dall’impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette (cfr Cass. 19 agosto 2003 n. 12122).
Nella specie il ricorrente lamenta meri vizi formali del procedimento, senza prospettare alcuna lesione comportante l’ingiustizia del processo ed, in particolare, il difetto del contraddittorio, con la conseguenza che l’addotto error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata (cfr Cass. 20 novembre 2009 n. 24532; Cass. 28 gennaio 2005, n. 1820; Cass. 8 febbraio 2003, n. 1915; Cass. 14 febbraio 2000, n. 1619).
Ritenuta infondata la questione preliminare posta dal ricorso incidentale, si può passare all’esame del ricorso principale, che con il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 922 e 1362 c.c., nonchè dell’art. 586 c.p.c., anche per motivazione incongrua e contraddittoria, per avere la corte di merito con erronea interpretazione ritenuto che il decreto di trasferimento del capannone industriale comprendesse anche il fondo adibito ad agrumeto.
Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 922, 948 e 2697 c.c., anche per motivazione illogica ed incongrua, per avere la corte distrettuale ritenuto compreso nella vendita il fondo a natura agricola, rifiutando la valenza probatoria degli atti della procedura, in particolare della consulenza tecnica redatta dall’ing. F., disposta dal g.e. ai sensi dell’art. 576 c.p.c..
Con il terzo ed ultimo mezzo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute negli artt. 2912 e 2919 c.c., oltre a motivazione incongrua e contraddittoria, giacchè la identificazione del bene pignorato, in base agii elementi obiettivi contenuti negli atti della procedura espropriativa, non escluderebbe l’applicabilità dell’art. 2912 c.c., in base al quale il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze ed i frutti della cosa pignorata, solo ne caso in cui la descrizione del bene stesso non contiene elementi tali dai quali trarre il convincimento che – in sede di vendita – si sia inteso escludere tale estensione.
Le censure, che per la loro stretta connessione e contiguità vanno esaminate congiuntamente, vertendo tutte sulla medesima questione della individuazione delle unità immobiliari sottoposte alla procedura esecutiva, non mentano accoglimento. Va innanzitutto precisato che la vendita forzata da luogo a un trasferimento coattivo che sì realizza in forza del decreto che, ai sensi dell’art. 586 c.p.c., deve contenere la compiuta descrizione del bene aggiudicato.
Nella specie, il decreto di trasferimento della proprietà del bene" conteneva espressamente la indicazione de "fondo agrumeto, residuato (d)alla costruzione del capannone" come oggetto della procedura esecutiva, oltre ad evidenziare che il "capannone industriale venne trasferito con le relative pertinenze" e più specificamente descrivendolo come "costruito su suolo recintato esteso mq. 7.400, con accesso dal civico (OMISSIS)", individuandone la consistenza, i dati catastali (proprio quelli del fondo iscritto nel vecchio catasto terreni), la rendita dominicale ed agraria, nonchè i confini (esterni)(v. pagine 9 e 10 della sentenza impugnata) proprio con riferimento ai fondo medesimo, come tali riportati anche nell’ordinanza di vendita. Al riguardo occorre, inoltre, considerare che l’art. 2912 c.c. prevede che il pignoramento si estende agli accessori, alle pertinenze e ai frutti del bene pignorato, sicchè l’ordinanza di vendita del bene pignorato li comprende anche se non siano stati ivi espressamente menzionati, qualora la descrizione del bene stesso non contenga elementi tali da far ritenere che, in sede di vendita, si sia inteso escludere la suddetta estensione. Questa corte ha, infatti, ritenuto che anche il terreno che circonda un edificio pignorato, ancorchè non esplicitamente indicato, in concrete circostanze può essere considerato come una cosa unica con lo stesso bene pignorato, al pari delle costruzioni che siano in rapporto di accessorietà o di pertinenza con il bene principale sottoposto ad esecuzione (cfr Cass. 26 aprile 2004 n. 7922; Cass. 28 aprile 1993 n. 5002; Cass. 10 ottobre 1987 n. 7522). Ed il giudice di appello, con motivazione appagante ed esaustiva, ha in punto di fatto osservato che il terreno circostante l’edificio era in evidente connessione funzionale e fisica con l’edificio, al quale serviva anche da via di accesso.
Ne consegue che nella specie la corte del merito ha fatto corretta applicazione degli artt. 2912 e 2919 c.c., ritenendo che il pignoramento comprendesse sia il capannone industriale sia il terreno circostante l’edificio, trasferito, unitamente al bene principale, all’aggiudicatario, ricordando, per quanto potesse valere, il principio (art. 2912 citato) per il quale l’estensione riguarda anche i frutti e le pertinenze del bene pignorato (giusta la definizione apprestata dagli artt. 817 e 820 c.c. e secondo il richiamo degli artt. 492 e 559 c.p.c.).
Per mera completezza di esposizione si osserva che in materia di esecuzione forzata, tutte le questioni che possono dare luogo ad invalidità della vendita per erronea indicazione di taluni dati catastali relativi ai beni sottoposti ad esecuzione, devono essere fatte tempestivamente valere con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. nei confronti dell’ordinanza di vendita (in tal senso, Cass. 16 maggio 2008 n. 12430; Cass. 26 aprile 2004 n. 7922), mezzo impugnatorio che nella specie non risulta essere stallo azionato. Resta da rilevare che tali osservazioni sono assorbenti di ogni altra considerazione, essendo del tutto ininfluenti i rilievi formulati dal ricorrente circa la descrizione e la stima al riguardo compiute da consulente tecnico.
Infine, l’esame del secondo motivo del ricorso incidentale condizionato, con il quale V.A. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., insorgendo avverso la compensazione delle spese di giudizio nonostante la totale soccombenza del C., tenendo conto della sua subordinazione all’accoglimento del ricorso principale, resta assorbito.
In conclusione, va rigettato il ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo.
In considerazione dell’esito complessivo del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese processuali di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo;
dichiara interamente compensate fra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2A Sezione Civile, il 29 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2012

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