CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 13 novembre 2009, n.24132 ASSEMBLEA CONDOMINIALE E POTERI DEL PRESIDENTE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

1. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ., in relazione all’art. 8 del regolamento condominiale, nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Dalla lettura del regolamento condominiale si ricaverebbe che l’interno 11 e l’interno 12 non sono insistenti su piani diversi – come afferma l’impugnata sentenza – ma sono posti entrambi al secondo piano e corrispondono non già ad un’unica unità immobiliare di poi trasformata in due appartamenti autonomi, ma a due unità immobiliari originariamente distinte ed autonome ed aventi eguale consistenza. Il rogito per notaio Z del 7 febbraio 1997, prodotto dal Condominio, dimostrerebbe come in epoca successiva alla approvazione del regolamento condominiale il sottotetto indicato come “appartamento sito al terzo piano”, non considerato ai fini del regolamento stesso per determinazione delle tabelle millesimali, ha acquisito la consistenza di un appartamento. Tale documento smentirebbe l’assunto secondo cui l’aumento del numero dei condomini non comporterebbe alcuna incidenza significativa dei millesimi di proprietà.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente si duole che il verbale dell’assemblea del 6 agosto 1994 non abbia considerato che l’aumento a 47 del numero dei condomini corrisponde, in realtà, ad un mutamento, in senso ampliativo, dell’edificio “D” e che l’inserimento di essi nell’elenco dei condomini avrebbe dovuto essere preceduto da una modifica del regolamento e delle pertinenti tabelle millesimali, modifica da praticarsi con il consenso unanime dei condomini o con una azione giudiziaria da proporsi in contraddittorio con tutti i condomini.

È esatta la premessa in diritto da cui muove il ricorrente: che cioè, per un verso, in base all’art. 69 disp. att. cod. civ., i valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano; e, per l’altro verso, che le tabelle millesimali allegate ad un regolamento condominiale contrattuale non possono essere modificate se non con il consenso di tutti i condomini (che, sotto il profilo dell’impegno e del vincolo, equivale all’accordo iniziale) ovvero per atto dell’autorità giudiziaria ex art. 69 cit., il quale contempla i presupposti, e non già il quorum di validità, della relativa deliberazione.

Sennonché, nella specie non si censura che l’assemblea abbia proceduto, a maggioranza, ad adottare nuove tabelle millesimali a modifica di quelle allegate al regolamento contrattuale, ma semplicemente ci si duole che il relativo verbale abbia erroneamente attestato in 47, anziché in 45, il numero totale dei partecipanti al condominio.

Sotto questo profilo, il ricorrente non solo non precisa come tale (pur in ipotesi erronea) attestazione del verbale abbia influito sulla validità della costituzione dell’assemblea e delle deliberazioni in essa assunte, ma neppure indica se il proprietario dell’unità immobiliare non ancora contemplato nelle tabelle in questione abbia partecipato all’assemblea e (in ipotesi affermativa) se abbia inciso sulla formazione della maggioranza.

2. – Con il secondo mezzo, il ricorrente censura violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ., in relazione all’art. 8 del regolamento condominiale, nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Erroneamente non sarebbe stata dichiarata l’invalidità del verbale dell’assemblea del 12 agosto 1995, nonostante in esso manchi l’indicazione del numero totale dei condomini.

2.1. – Il motivo è infondato.

Il verbale dell’assemblea condominiale rappresenta la descrizione di quanto è avvenuto in una determinata riunione e da esso devono risultare tutte le condizioni di validità della deliberazione, senza incertezze o dubbi, non essendo consentito fare ricorso a presunzioni per colmarne le lacune.

Il verbale deve pertanto contenere l’elenco nominativo dei partecipanti intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi dei condomini assenzienti e di quelli dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, perché tale individuazione è indispensabile per la verifica della esistenza dei quorum prescritti dall’art. 1136 cod. civ.

In questo senso è orientata la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato: (a) che non è conforme alla disciplina indicata omettere di riprodurre nel verbale l’indicazione nominativa dei singoli condomini favorevoli e contrari e le loro quote di partecipazione al condominio, limitandosi a prendere atto del risultato della votazione, in concreto espresso con la locuzione “l’assemblea, a maggioranza, ha deliberato” (Sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10329; Sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810); (b) che la mancata verbalizzazione del numero dei condomini votanti a favore o contro la delibera approvata, oltre che dei millesimi da ciascuno di essi rappresentati, invalida la delibera stessa, impedendo il controllo sulla sussistenza di una delle maggioranze richieste dall’art. 1136 cod. civ., né potendo essere attribuita efficacia sanante alla mancata contestazione, in sede di assemblea, della inesistenza di tale quorum da parte del condomino dissenziente, a carico del quale non è stabilito, al riguardo, alcun onere a pena di decadenza (Sez. II, 22 gennaio 2000, n. 697); (c) che è annullabile la delibera il cui verbale contenga omissioni relative alla individuazione dei singoli condomini assenzienti o dissenzienti o al valore delle rispettive quote (Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806).

Ma poiché il verbale è narrazione dei fatti nei quali si concreta la storicità di un’azione, esso deve attestare o “fotografare” quanto avviene in assemblea; pertanto, non incide sulla validità del verbale la mancata indicazione, in esso, del totale dei partecipanti al condominio, se a tale ricognizione e rilevazione non ha proceduto l’assemblea stessa, nel corso dei suoi lavori, giacché questa incompletezza non diminuisce la possibilità di controllo aliunde della regolarità del procedimento e delle deliberazioni assunte.

3. – Il terzo motivo è rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ., in relazione agli artt. 10 e 11 del regolamento condominiale”, nonché “omessa o insufficiente motivazione su più punti decisivi della controversia”.

Ad avviso del ricorrente, dal fatto che da parte dei condomini presenti all’assemblea non siano stati sollevati reclami in ordine alla convocazione di tutti i condomini non può inferirsi, alla stregua dei canoni della normalità causale e della ragionevole probabilità, che tutti i condomini fossero stati regolarmente convocati. La sentenza impugnata non avrebbe considerato che, nell’atto di appello, era stato lamentato non solo che non erano state poste a disposizione dell’attore le convocazioni dei condomini, ma anche che il presidente aveva omesso di dare atto a verbale della regolarità della convocazione dell’assemblea, in violazione, oltre che dell’art. 1136 cod. civ., dell’art. 10 del regolamento condominiale. Nel verbale il presidente ha dichiarato validamente costituita l’assemblea: ma un conto sarebbe la dichiarazione di validità dell’assemblea, altro la regolarità della sua convocazione, il cui accertamento manca del tutto.

3.1. – Il motivo è fondato, nei termini di seguito precisati.

L’onere di provare che tutti i condomini sono stati tempestivamente convocati incombe al condominio, non potendosi addossare al condomino che deduca l’invalidità dell’assemblea la prova negativa dell’inosservanza di tale obbligo (Cass., Sez. II, 25 marzo 1999, n. 2837). E sebbene tale prova possa essere desunta anche da presunzioni, non si può attribuire al comportamento dei condomini partecipanti ad un’assemblea non totalitaria, i quali nulla abbiano eccepito al riguardo, valore di prova presuntiva univoca della ricezione dell’avviso di convocazione anche da parte di quei condomini che a tale seduta non abbiano preso parte.

4. – Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ.) il ricorrente sostiene che l’assemblea del 12 agosto 1995, sebbene tenutasi in seconda convocazione, doveva considerarsi tenuta in prima convocazione, con la necessità del quorum deliberativo di cui al secondo comma dell’art. 1136, dato che l’assemblea di prima convocazione era andata completamente deserta. Il caso di completa diserzione dell’assemblea – si afferma – non può essere equiparato a quello di assemblea che non si è potuta tenere per insufficiente partecipazione dei condomini. Quando, invece, non si verifichi il fenomeno fattuale della riunione di due o più condomini nel giorno, luogo ed ora della convocazione, l’assemblea tenuta alla data successiva indicata nell’avviso come di seconda convocazione è, in realtà, di prima convocazione e soggiace alle condizioni di validità di costituzione e di deliberazione previste nell’art. 1136, primo comma, cod. civ.

4.1. – La doglianza è priva di fondamento.

In tema di assemblea condominiale, la sua seconda convocazione è condizionata dall’inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, sia per insufficiente partecipazione degli stessi in relazione al numero ed al valore delle quote. La verifica di tale condizione va espletata nella seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall’amministratore, il cui controllo può essere svolto dagli stessi condomini, che o sono stati assenti alla prima convocazione, o, essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni (Cass., Sez. II, 24 aprile 1996, n. 3862).

5. – Il quinto mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ., in relazione all’art. 67 disp. att.) lamenta che la Corte d’appello abbia respinto la censura di invalidità delle deliberazioni, nonostante il presidente dell’assemblea abbia – in mancanza di ogni e qualsiasi norma attributiva del relativo potere – limitato la durata degli interventi dei condomini a dieci minuti. Il punto non è quello di stabilire se la limitazione degli interventi a 10 minuti sia tale da comprimere, in concreto, il diritto di ciascun condomino ad intervenire in assemblea, ma se il potere di introdurre limiti temporali agli interventi dei condomini sia nella disponibilità del presidente ovvero se esso debba trovare la propria fonte in una disposizione regolamentare (che nel caso manca) ovvero in una deliberazione della stessa assemblea.

5.1. – Il motivo non è fondato.

Il presidente dell’assemblea condominiale – tenuto conto del fatto che la sua funzione consiste nel garantire l’ordinato svolgimento della riunione – ha il potere di dirigere la discussione, assicurando, da un lato, la possibilità a tutti i partecipanti di esprimere, nel corso del dibattito, la loro opinione su argomenti indicati nell’avviso di convocazione e curando, dall’altro, che gli interventi siano contenuti entro limiti ragionevoli. Ne consegue che il presidente, pur in mancanza di una espressa disposizione del regolamento condominiale che lo abiliti in tal senso, può stabilire la durata di ciascun intervento, purché la relativa misura sia tale da assicurare ad ogni condomino la possibilità di esprimere le proprie ragioni su tutti i punti in discussione.

6. – L’ultimo motivo prospetta “nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.”. La motivazione contenuta nella sentenza impugnata per rispondere al VI, al X, al XIII, al XIV, al XV, al XVI e al XVIII motivo di appello, sarebbe una tipica motivazione per relationem. La Corte territoriale si sarebbe limitata a dichiarare la propria condivisione alle soluzioni delle questioni controverse fornite dalla sentenza di primo grado “nonostante le argomentazioni dell’appellante” che, però, non sono minimamente esaminate. Risulterebbero pertanto non individuabili né le ragioni per cui sono state condivise le decisioni del primo giudice né le ragioni per cui sono stati disattesi i motivi di impugnazione.

6.1. – La doglianza è meritevole di accoglimento.

Quanto ai motivi di appello sub VI, X, XIII, XIV, XV, XVI e XVIII, la Corte territoriale li ha respinti sulla base della seguente argomentazione: è condivisa, “nonostante le argomentazioni dell’appellante”, “la decisione adottata dal primo giudice sui rilievi mossi, con l’atto introduttivo del giudizio, in ordine alla delega rilasciata dal condomino A, alla valida partecipazione all’assemblea del 12 agosto 1995 della moglie di B, alla pretesa violazione dell’art. 10 del regolamento condominiale, alla validità del voto (unico) espresso dai coniugi C – D, alla determinazione dei millesimi della condomina S, alla sufficiente individuazione del condomino attraverso la trascrizione nel verbale di assemblea del solo cognome, non essendovi casi di omonimia, alla declaratoria di inammissibilità dei rilievi inerenti scelte di merito dell’assemblea condominiale, non sindacabili – come tali – dall’autorità giudiziaria”.

La laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consente in alcun modo di ritenere che all’affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., Sez. III, 2 febbraio 2006, n. 2268; Cass., Sez. III, 11 giugno 2008, n. 15483).

7. – La sentenza è cassata in relazione alle censure accolte.

La causa deve essere rinviata ad una diversa Corte dr appello, che si designa nella Corte d’appello di Roma.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo ed il sesto motivo di ricorso, rigettati il primo, il secondo, il quarto ed il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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