Corte Costituzionale, Sentenza n. 203 del 2005, In tema di controllo sugli atti degli Enti locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 12 luglio 2002, depositato in cancelleria il successivo giorno 22 ed iscritto al n. 45 del registro ricorsi 2002, ha promosso, ai sensi dell’art. 127, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, degli artt. 3, comma 2 [recte: comma 3], e 11, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 15 maggio 2002, n. 13 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2002).

1.1.— La difesa dello Stato rileva come l’art. 3 «prevedendo la permanenza di un controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti locali, anche se eventuale, sia su richiesta degli organi collegiali deliberanti (comma 2), sia su richiesta di un quinto dei consiglieri assegnati all’ente (comma 3), si ponga in contrasto con l’art. 14» [recte: 114] «della Costituzione che sancisce il principio di equiordinazione tra Comuni e Regioni», anche in ragione della intervenuta eliminazione di tale tipo di controllo a seguito dell’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione, disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

Aggiunge, quindi, «per completezza di informazione (…) che la Regione, in base al proprio particolare statuto di autonomia, ha competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali».

1.2.— Il ricorrente deduce, altresì, l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 6, della stessa legge, in quanto detta norma, aggiungendo l’art. 3-bis alla legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 7 febbraio 1992, n. 7 (Disciplina ed incentivazione in materia di cooperazione sociale), «introduce una nuova figura di soci (soci fruitori) delle cooperative sociali, con anche la possibilità di far parte degli organi sociali, non prevista dalla disciplina giuridica delle cooperative contenuta nel codice civile». Detta disposizione, ad avviso del ricorrente, si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile.

2.— Si è costituita la Regione Friuli-Venezia Giulia chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili e infondate.

2.1.— Con successiva memoria la Regione, richiamando l’ordinanza di questa Corte n. 358 del 2002, ha ribadito l’inammissibilità delle questioni in quanto il ricorrente invoca, quali parametri, disposizioni contenute nel Titolo V della Costituzione, ma non deduce le ragioni per cui dette norme dovrebbero applicarsi ad una Regione a statuto speciale.

Ha precisato, quindi, che la prima norma sottoposta all’esame della Corte è l’art. 3, comma 3 (e non comma 2), della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 13 del 2002, la cui disposizione ha sostituito l’art. 28 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 12 settembre 1991, n. 49, recante «Norme regionali in materia di funzioni di controllo e di amministrazione attiva nei confronti degli Enti locali e delle Unità sanitarie locali, nonché norme in materia di ordinamento dell’Amministrazione regionale. Abrogazione della legge regionale 3 agosto 1977, n. 48 e della legge regionale 5 aprile 1985, n. 17, nonché modificazioni ed integrazioni della legge regionale 1° marzo 1988, n. 7».

Osserva, quindi, come l’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione non incida sul proprio ordinamento, in quanto detta norma costituzionale riguardava solo le Regioni a statuto ordinario, mentre l’art. 60 del proprio statuto speciale (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1) prevede che «il controllo sugli atti degli enti locali è esercitato da organi della Regione nei modi e nei limiti stabiliti con legge regionale in armonia con i principi delle leggi dello Stato».

Da un lato tale previsione non ha subito modifiche, neanche ad opera della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano), che ha riformato gli statuti delle Regioni ad autonomia speciale, dall’altro l’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione non può riflettersi sul richiamato art. 60 dello statuto, in quanto l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 amplia e non riduce gli spazi di autonomia delle Regioni a statuto speciale.

La Regione deduce, invece, come nell’esercizio delle proprie competenze legislative (art. 4, comma 1, numero 1-bis, dello statuto speciale), «ha ritenuto di armonizzare il proprio ordinamento» alla riforma costituzionale; pertanto, ha soppresso i controlli preventivi necessari ed ha trasformato il controllo di legittimità del Comitato regionale di controllo (Co.re.co.) «in un “esame di legittimità” avente sostanziale natura di attività di consulenza giuridica liberamente richiedibile dagli enti locali o da minoranze dei loro organi, senza che dalla richiesta derivi la sospensione dell’efficacia dell’atto o un vincolo per gli enti locali in caso di ritenuta illegittimità dell’atto da parte del Co.re.co», ridenominato “Comitato di garanzia” dall’art. 3, comma 18, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 gennaio 2003, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione – legge finanziaria 2003).

Non si tratta invero di un controllo, ma di un esame che non ha carattere preventivo, e che non dà luogo ad annullamento, sospensione dell’efficacia (che può essere eventualmente decisa solo dallo stesso ente deliberante) o onere di riesame, ma solo alla formulazione di osservazioni da parte dell’organo a ciò deputato.

2.2.— In ordine alla ritenuta illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 6, della suddetta legge reg. n. 13 del 2002, che ha introdotto l’art. 3-bis nella legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 7 del 1992, la Regione espone che la categoria dei “soci fruitori” – quali soci che godono dei servizi erogati dalla cooperativa sociale senza prestare alcuna attività lavorativa, in quanto portatori di handicap o comunque in posizione svantaggiata (ad es. anziani), che si affiancano ai soci “ordinari” e ai soci “volontari” – non costituisce un novum.

Deduce, altresì, che la Regione Trentino-Alto Adige, con la disposizione contenuta nell’art. 4 della legge regionale 22 ottobre 1988, n. 24, recante «Norme in materia di cooperazione di solidarietà sociale», ha già adottato una disposizione simile.

La ratio della disciplina introdotta è, poi, coerente con lo scopo per cui sono state previste le cooperative sociali. Infatti l’art. 3-bis, comma 1, stabilisce che gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci fruitori «al fine di rafforzare il perseguimento dell’interesse generale delle comunità di cui all’art. 2, comma 1»; in questo senso la norma si può considerare come attuativa dell’art. 9 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali) che, oltre ad affidare alle regioni il compito di emanare norme di attuazione della legge stessa (comma 1), prevede che «le regioni emanano altresì norme volte alla promozione, al sostegno e allo sviluppo della cooperazione sociale (…)» (comma 3).

Infine, rileva la Regione Friuli-Venezia Giulia come non vi sia alcuna interferenza con la disciplina statale in materia di ordinamento civile, in quanto il limite del diritto privato non va inteso in senso assoluto – come già riconosciuto dalla Corte, prima della legge cost. n. 3 del 2001, con la sentenza n. 352 del 2001, e come risulta dopo la riforma del Titolo V – permanendo per le Regioni la possibilità di dettare discipline specifiche di istituti particolari, connessi alle attività pubbliche, e restando, quindi, preclusa solo l’interferenza con la disciplina civilistica generale.

3.— In prossimità dell’udienza pubblica la difesa dello Stato ha depositato memoria con la quale, preliminarmente, ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere in ordine alla questione di costituzionalità relativa all’art. 3, comma 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 13 del 2002, ed ha ribadito la richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 6, della medesima legge.

In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato ha premesso che l’art. 28 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 49 del 1991, come sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 13 del 2002, è stato abrogato, a decorrere dal 1° luglio 2004, dalla legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 21 (Norme urgenti in materia di enti locali, nonché di uffici di segreteria degli Assessori regionali).

Ha quindi osservato come la categoria dei soci fruitori non ha riconoscimento nell’ordinamento nazionale, quanto in prassi statutarie contra legem. Deduce, pertanto, che alla luce della riforma introdotta dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366), le cooperative sociali risultano soggette al regime giuridico della società per azioni (s.p.a.) o della società a responsabilità limitata (s.r.l.), che non appare compatibile con la categoria di soci in esame.

Infine osserva come la norma impugnata non possa essere considerata legittima integrazione della disciplina civilistica statale, in quanto dare incondizionatamente ingresso a soci meri utenti di servizi o fruitori di beni, in tutti gli organi sociali, secondo la nuova disciplina della s.p.a o della s.r.l., non appare coerente con la complessa architettura normativa che governa le cooperative.

4.— Anche la Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato memoria con la quale ha ribadito le difese svolte. In particolare ha dedotto come, benché l’art. 28 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 49 del 1991 sia stato abrogato dalla legge reg. n. 21 del 2003, a decorrere dal 1° luglio 2004, e il Comitato di garanzia sia stato soppresso dalla medesima legge reg., non si sia verificata la cessazione della materia del contendere, in quanto il Comitato, nel periodo precedente alla data del 1° luglio 2004, ha svolto le proprie funzioni.
Considerato in diritto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, degli artt. 3, comma 2 [recte: comma 3], e 11, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 15 maggio 2002, n. 13 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2002).

1.1.— La difesa dello Stato rileva come il suddetto art. 3, prevedendo la permanenza di un controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti locali, anche se eventuale, sia su richiesta degli organi collegiali deliberanti (comma 2), sia su richiesta di un quinto dei consiglieri assegnati all’ente (comma 3), si pone in contrasto con l’art. 14 [recte: 114] della Costituzione, che sancisce il principio di equiordinazione tra Comuni e Regioni, anche in ragione della abrogazione dell’art. 130 della Costituzione, disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

1.2.— Il ricorrente deduce, altresì, l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 6, della medesima legge regionale, in quanto detta norma, aggiungendo l’art. 3-bis alla legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 7 febbraio 1992, n. 7 (Disciplina ed incentivazione in materia di cooperazione sociale), prevede, per le cooperative sociali, una nuova figura di soci – denominati soci fruitori – non prevista dalla disciplina codicistica delle cooperative.

Detta disposizione, ad avviso del ricorrente, viola l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza esclusiva nella materia “ordinamento civile”.

2.— Prima di esaminare le censure proposte, occorre effettuare alcune precisazioni in ordine al thema decidendum.

Per dare un coerente significato alla impugnazione in questione è necessario chiarire che l’art. 3, comma 2, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 13 del 2002 aggiunge l’art. 3-ter alla legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 9 marzo 1995, n. 14 (Norme per le elezioni comunali nel territorio della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonché modificazioni alla legge regionale 12 settembre 1991, n. 49), che tratta altra materia (la rubrica reca Ammissione di una sola lista o di un solo gruppo di liste), ed è quindi estraneo al tema del controllo sugli atti degli enti locali.

Presumibilmente il ricorso è diretto a censurare il comma 3 del citato art. 3, il quale sostituisce l’art. 28 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 12 settembre 1991, n. 49 (Norme regionali in materia di funzioni di controllo e di amministrazione attiva nei confronti degli Enti locali e delle Unità sanitarie locali, nonché norme in materia di ordinamento dell’Amministrazione regionale. Abrogazione della legge regionale 3 agosto 1977, n. 48 e della legge regionale 5 aprile 1985, n. 17, nonché modificazioni ed integrazioni della legge regionale 1° marzo 1988, n. 7), già precedentemente modificato dall’articolo 69, comma 1, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 20 aprile 1999, n. 9 (Disposizioni varie in materia di competenza regionale).

L’art. 28 richiamato, nel testo così sostituito, ha previsto (comma 2) che «le deliberazioni degli Enti locali sono soggette ad esame di legittimità, se lo richiedono gli organi collegiali deliberanti».

A sua volta il successivo comma 3 ha disposto che «sono, altresì, soggette ad esame le deliberazioni di cui al comma 2, qualora un quinto dei consiglieri assegnati a ciascun ente ne faccia richiesta scritta e motivata, entro dieci giorni dall’affissione all’albo pretorio, ritenendole assunte in violazione di legge. Tale richiesta è presentata all’ente stesso, che provvede all’inoltro al Comitato regionale di controllo al termine della pubblicazione, senza sospensione dell’esecutività degli atti».

Alla luce del contenuto delle disposizioni sopra citate, si deve ritenere che l’impugnazione proposta dallo Stato concerna l’art. 28, commi 2 e 3, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 49 del 1991, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 13 del 2002.

3.— Così chiarito il thema decidendum in ordine alla suddetta questione di legittimità costituzionale, va rilevato che l’art. 1, comma 14, della successiva legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 21 (Norme urgenti in materia di enti locali, nonché di uffici di segreteria degli Assessori regionali) ha espressamente abrogato la legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 49 del 1991, come modificata (ad eccezione dell’art. 80, peraltro estraneo alla materia oggetto del contendere), e dunque anche l’art. 28 sopra richiamato. Va, altresì, osservato come l’art. 1, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 21 del 2003 ha soppresso il Comitato di garanzia previsto dalla legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 49 del 1991, così ridenominato il Co.re.co dall’art. 3, comma 18, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 1 del 2003.

L’intervenuta abrogazione, tuttavia, non dà luogo alla cessazione della materia del contendere, atteso che, pur essendo stato rimosso il precetto normativo, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha dedotto che lo stesso ha avuto, medio tempore, attuazione.

4.— Quanto all’art. 11, comma 6, della medesima legge regionale, pure esso oggetto di impugnazione, si deve osservare che il suddetto comma 6 ha inserito l’art. 3‑bis nella legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 7 del 1992, la cui rubrica reca Soci fruitori.

Il richiamato art. 3-bis ha così disposto:

«1. Al fine di rafforzare il perseguimento dell’interesse generale delle comunità di cui all’articolo 2, comma 1, gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci fruitori, soggetti che beneficiano e godono, anche indirettamente, dei servizi realizzati dalla cooperativa stessa in attuazione dei propri compiti statutari.

2. Possono essere soci fruitori le persone fisiche ovvero le associazioni formalmente costituite di tutela e rappresentanza di tali persone.

3. I soci fruitori sono iscritti in una apposita sezione del libro soci. Il loro numero non concorre a determinare le aliquote fissate dagli articoli 4 e 5 della presente legge.

4. I soci fruitori possono far parte degli organi sociali della cooperativa».

5.— Le questioni sono inammissibili.

Al riguardo va precisato che con le questioni di legittimità costituzionale in esame, il Presidente del Consiglio dei ministri ha denunciato la violazione degli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, anche in ragione dell’intervenuta abrogazione dell’art. 130 della Costituzione.

Il ricorrente, però, pur trattandosi dell’impugnativa di una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia, omette del tutto di specificare le ragioni per le quali debbano prendersi in considerazione tali parametri in luogo di quelli ricavabili dal relativo statuto speciale (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1). Va, infatti, rilevato che lo statuto speciale della Regione, all’art. 5, comma 1, numeri 4) e 17), prevede che «con l’osservanza dei limiti generali indicati nell’art. 4 ed in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole materie, la Regione ha potestà esclusiva nelle seguenti materie: […] 4) disciplina dei controlli previsti nell’articolo 60; […] 17) cooperazione, compresa la vigilanza sulle cooperative».

Il richiamato art. 60, a sua volta, stabilisce che « il controllo sugli atti degli enti locali è esercitato da organi della Regione nei modi e nei limiti stabiliti con legge regionale in armonia con i principi delle leggi dello Stato».

Infine, si può osservare come l’art. 6, comma 1, dello statuto speciale prevede che la Regione ha facoltà di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione, tra l’altro, nella materia della previdenza e dell’assistenza sociale.

Orbene, come si è ribadito con la sentenza in pari data n. 202 del 2005 in conformità ad un consolidato indirizzo di questa Corte (cfr. sentenze n. 65 del 2005, n. 8 del 2004 e n. 213 del 2003), la mancanza di una tale valutazione comporta l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale nei termini in cui sono state formulate.

Il ricorrente avrebbe dovuto quanto meno spiegare in quale rapporto si trovano, ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, le invocate norme della Costituzione e quelle, anch’esse di rango costituzionale, contenute nello statuto speciale.

Siffatta omissione vizia le impugnazioni formulate e determina l’inammissibilità delle questioni di costituzionalità proposte.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 3, e 11, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 15 maggio 2002, n. 13 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2002), proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2005.

Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2005.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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