Cass. civ. Sez. III, Sent., 24-07-2012, n. 12879 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Nel pomeriggio del (OMISSIS) avvenne una rapina nella Gioielleria (OMISSIS) con asporto di gioielli e valori per circa L. 176 milioni. Con citazione del 9 giugno 1997 la Gioielleria conveniva dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria la società SIP SPA che aveva istallato un sistema di allarme collegato alla Questura, che non era entrato in funzione al momento della rapina. Si costituiva la SIP e contestava il fondamento delle pretese sostenendo che il contratto di noleggio non prevedeva responsabilità per il fatto del terzo. La causa era istruita con prove orali e per interpello: il commesso sosteneva di avere azionato il pulsante dello allarme, ma senza esito.

2. Il Tribunale di Reggio Calabria, sezione stralcio, con sentenza del 6 dicembre 2010 accoglieva la domanda per inadempimento contrattuale e condannava al risarcimento dei danni ma in misura inferiore al chiesto.

3. Contro la decisione proponeva appello principale la Telecom, chiedendone la riforma e appello incidentale la Gioielleria in ordine alla liquidazione del lucro cessante.

4. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 10 settembre 2009 accoglieva l’appello principale ed in riforma della sentenza del tribunale rigettava la domanda della Gioielleria, compensando tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.

5. Contro la decisione ricorre la Gioielleria deducendo tre motivi di ricorso. Non resiste Telecom ritualmente citata.

Motivi della decisione

6. Il ricorso merita accoglimento. Per chiarezza espositiva se ne offre la sintesi dei motivi ed a seguire le ragioni di accoglimento.

6.1. SINTESI DEI MOTIVI. Nel PRIMO MOTIVO si deduce error in iudicando per la violazione degli artt. 1221, 1223, 1225, 1226 c.c.; la violazione degli artt. 2717 e 2729 c.c., in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c..

La violazione delle norme sopraindicate, in relazione alle prove raccolte sulle modalità della rapina, e sul mancato funzionamento dello impianto di allarme per un difetto di contatti non rilevato dalla SIP, costituisce prova di un inadempimento contrattuale, che la stessa Corte di appello ha rilevato; tuttavia la Corte ha argomentato che "non sussiste la prova rigorosa della riconducibilità causale allo incontestato inadempimento della Telecom" non potendosi ragionevolmente ritenere che se il teleallarme avesse funzionato la rapina sarebbe stata sventata. Il motivo argomenta la irragionevolezza di tale tesi, posto che la misura di pronto allarme ed il collegamento con le forze dell’ordine dislocate a breve distanza erano misure di prevenzione idonee a mettere in fuga i rapinatori od a consentirne la cattura con un pronto intervento.

NEL SECONDO motivo si deduce il vizio della motivazione su fatto decisivo e controverso e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in ordine alla costituzione di prova di fatti non contestati, in ordine alla centralità della gioielleria in (OMISSIS) ed alla vicinanza con la questura ed al servizio di pronto intervento che lo allarme avrebbe attivato, avendo il commesso premuto il pulsante.

Nel TERZO motivo si denuncia la omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento danni con violazione degli artt. 1223 e 1226 cod. civ..

7. RAGIONI DI ACCOGLIMENTO. La trattazione dei motivi è unitaria in relazione alla consequenzialità del fatto dannoso da illecito contrattuale.

Evidente lo inadempimento della SIP che affitta il sistema di allarme con garanzia di continuo ed efficiente collegamento con le forze dell’ordine. Garanzia non interrotta dal fatto della possibilità della rapina, posto che la parte utente era una gioielleria e che la rapina era probabile, data la notorietà dello esercizio. La Sip ha inoltre evitato la produzione del contratto.

La prova della causalità del danno segue le regole di cui all’art. 1223 cod. civ., ed il criterio della consequenzialità diretta ed immediata, esige la prova, da parte del danneggiato adempiente della esistenza del fatto dannoso – la rapina – e del diretto nesso causale tra la condotta illecita dei rapinatori ed il mancato funzionamento dell’apparato di sicurezza e di allarme che la SIP assicurava per contratto. VEDI in tal senso Cass. 1 marzo 2007 n. 4791 e Cass. 31 agosto 2005 n. 17562. La SIP che garantiva l’apparato di sicurezza e di allarme aveva l’onere di dare la prova che lo allarme era stato sabotato, non già che vi fosse una difettosa manutenzione, che le incombeva come obbligo.

La prova del danno è stata dedotta e documentata, ma per la sua determinazione occorre una stima in relazione al danno emergente ed al lucro cessante, onde la opportunità che la valutazione equitativa ma circostanziata sia data dal giudice del merito.

La cassazione e dunque con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopraindicati e liquiderà il danno patrimoniale sotto entrambi i profili del danno emergente e del lucro cessante, anche in via equitativa.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte di Reggio Calabria in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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