Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-12-2010) 04-01-2011, n. 43 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza del 29.6.2010, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Perugia, fra l’altro, dispose la custodia cautelare in carcere di R.C., indagato per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74.

Avverso tale provvedimento ricorrono per cassazione i difensori dell’indagato deducendo:

1. violazione della legge processuale (art. 292 cod. proc. pen., comma 2, lett. c)) in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in quanto il provvedimento impugnato si limiterebbe alla elencazione descrittiva degli elementi di fatto senza una valutatone critica ed argomentata delle fonti indiziarie, con riferimento al contenuto di intercettazioni telefoniche asseritamente connotate da "linguaggio dissimulato che tuttavia risulta facilmente decifrabile nel suo reale significato"; sarebbe desolante la motivazione relativa al ruolo di R.C. nel sodalizio, riferendosi all’essere operaio e di origine campana;

2. violazione della legge processuale (art. 292 cod. proc. pen., comma 2, lett. c)) in relazione alla sussistenza di esigenze cautelari stante il mero riferimento ad un generico pericolo di reiterazione poichè l’attività illecita era in corso al momento della redazione dell’informativa conclusiva, senza indicazione degli elementi di fatto; poichè i fatti sarebbero commessi fino all’inizio del 2009 non vi sarebbe alcuna valutazione del tempo trascorso dagli stessi, essendo irrilevante che la richiesta sia giunta un anno e mezzo dopo al magistrato procedente;

3. violazione della legge processuale (art. 292 cod. proc. pen., comma 2, lett. c) bis) in relazione alla adeguatezza della misura, essendo stata disposta la custodia in carcere nei confronti dei soggetti gravati da precedenti o maggiormente coinvolti nell’attività illecita; la motivazione sarebbe apodittica.

Il ricorso è manifestamente infondato ed è proposto al di fuori dei casi consentiti, dal momento che deduce, in realtà, un vizio di motivazione.

Il ricorso immediato per cassazione avverso una misura cautelare è consentito unicamente per violazione di legge, sicchè può essere dedotta con tale mezzo di gravame solo la totale mancanza di motivazione e non anche la sua insufficienza, incompletezza od illogicità. (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 41123 del 28.10.2008 dep. 4.11.2008 rv 241363).

Nel caso in esame la motivazione dell’ordinanza non è affatto mancante.

In punto di gravi indizi di colpevolezza viene indicato che un uomo a bordo dell’auto intestata alla convivente di R. cedette un plico di cocaina con grado di purezza di oltre l’84%, che le intercettazioni compendiate alle p. 26 e 27 dell’informativa conclusiva evidenziavano operazioni di approvvigionamento e smercio di stupefacenti in cui aveva parte R.C. e che costui era stabilmente partecipe delle attività illecite di S. e di C..

In punto di esigenze cautelari l’ordinanza motiva in ragione del fatto che l’attività era in corso fin che è durata l’attività di investigazione, mentre in punto di adeguatezza vi è il richiamo all’art. 275 cod. proc. pen., comma 3.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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