T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 03-10-2011, n. 1353

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto:

– che l’art. 1 ter del d.l. 1 luglio 2009 n°78, convertito nella l. 3 agosto 2009 n°102 prevede l’istituto della cd. legalizzazione o emersione, ovvero della sanatoria della posizione di straniero non appartenente all’Unione Europea irregolarmente presente sul territorio nazionale italiano alla data del 30 giugno 2009, in presenza di dati requisiti e a certe condizioni;

– che in particolare il comma 13 lettera c) dell’articolo citato prevede che non possano essere ammessi alla procedura di emersione gli stranieri i quali “risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice”;

– che con il provvedimento impugnato, meglio indicato in epigrafe, è stata di conseguenza respinta la domanda di emersione presentata nell’interesse del ricorrente da certo S. K., per avere il ricorrente stesso riportato condanna per il reato previsto dall’art. 14 comma 5 ter l. stranieri (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato), ovvero per il reato previsto e punito dall’art. 14 comma 5 ter del d. lgs. 25 luglio 1998 n°286, così come introdotto dall’art. 1 comma 22 lettera m) della l. 15 luglio 2009 n°94, secondo il quale “Lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l’espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato”, precisandosi in base al successivo comma 5 quinquies dello stesso art. 14 che per tale reato “si procede con rito direttissimo ed è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto”;

– che a corretta interpretazione del d.l. 78/2009 la condanna per il sopra descritto fatto di reato è effettivamente prevista come ostativa alla legalizzazione. Essa infatti, in ragione della pena edittale prevista rientrerebbe comunque nelle fattispecie per le quali ai sensi dell’art. 381 c.p.p. è facoltativo l’arresto in flagranza; che poi, in forza della norma speciale pure descritta il legislatore abbia ritenuto di prevedere in proposito l’arresto obbligatorio in flagranza vale a disporre un regime di maggior severità, da ricondurre a quello delle fattispecie, pure ostative, dell’art. 381 c.p.p., e non certo ad apprestare un regime di maggior favore;

– che peraltro, con sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sez. I 28 aprile 2011 C 61/11, la fattispecie incriminatrice di cui al citato art. 14 comma 5 ter è stata dichiarata in contrasto con il diritto europeo, e in ispecie con la direttiva del Parlamento e del Consiglio 16 dicembre 2008 n°2008/115/CE, recante norme e procedure comuni agli Stati membri in tema di rimpatrio di stranieri irregolari, direttiva cui entro la prescritta data del 24 dicembre 2010 lo Stato italiano ha omesso di dare attuazione;

– che di conseguenza, così come ritenuto da C.d.S. a.p. 10 maggio 2011 n°8, della norma in questione il giudice dello Stato italiano non può più fare applicazione alcuna ai rapporti non esauriti, fra i quali all’evidenza rientra una fattispecie come la presente, di ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento amministrativo che nega l’emersione sul presupposto di una condanna per un reato previsto da una norma inapplicabile, e quindi abolito;

– che di conseguenza la p.a., come da lettera depositata il 1 settembre 2011, ha ritenuto di rideterminarsi in via di autotutela sulla domanda di emersione in parola;

– che pertanto è cessata la materia del contendere;

– che le ragioni della decisione, fondate su una pronuncia sopravvenuta della Corte di Giustizia, sono giusto motivo per compensare le spese;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara cessata la materia del contendere. Compensa per intero le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 aprile – 14 giugno 2016, n. 12231

Considerato in fatto

D.G. , quale legale rappresentante della O.R.T. S.r.l., proponeva innanzi al Giudice di Pace di Torino opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 15825 del 14.5.2008 della Prefettura di Torino.
Instauratosi il contraddittorio, l’adito Giudice di prime cure, con sentenza n. 2982/2009 rigettava il ricorso, confermando l’opposta ordinanza-ingiunzione.
Avverso la suddetta decisione del Giudice di prima istanza interponeva appello la D. .
Resisteva l’appellata Prefettura.
Con sentenza n. 5119/2011 il Tribunale di Torino, in funzione di Giudice di appello, respingeva l’appello e compensava integralmente le spese del giudizio.
Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre la D. con atto affidato a tre distinti ordini di motivi.
Resiste con controricorso l’intimata P.A..
A seguito di ordinanza interlocutoria n. 18578/2013, di cui in atti, la controversia è stata rimessa in pubblica udienza innanzi a questa Sezione.

Ritenuto in diritto

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della

controversia concernente la qualificazione (come “strada urbana di scorrimento”) del tratto stradale ove ebbe luogo la rilevazione a distanza della velocità con la conseguente falsa applicazione dell’art. 4 L. 168/2001, nonché con consequenziale violazione degli artt. 4 e 5 L: n. 2245/1865 all. E.
Il motivo è fondato.
L’odierna ricorrente, con apposito motivo di gravame, aveva denunciato nel precedente grado di giudizio la mancanza di un requisito ex lege indispensabile al fine di legittimare il rilevamento della velocità da cui scaturivano il verbale di accertamento di violazione al C.d. S. e la successiva ordinanza-ingiunzione prefettizia opposta.
In effetti il detto rilevamento era, nella concreta fattispecie per cui è giudizio, possibile ex art. 4 L. 168/2001 solo in tratto stradale qualificabile come “strada urbana di scorrimento” ex art. 2, co. 2 C.d.S..
La mancata qualificabilità del tratto stradale ai sensi del citato art. 4 comportava la conseguente impossibilità ed illegittimità del provvedimento prefettizio di autorizzazione all’installazione di un dispositivo per il rilevamento a distanza della velocità, con ulteriore consequenziale illegittimità del suo impiego e di tutti gli scaturenti successivi verbali ed atti.
L’adito Tribunale, in funzione di Giudice di appello, non ha compiutamente econgruamente motivato in punto alla cennata doglianza della parte odierna ricorrente, oggi – in sostanza – riproposta col motivo di ricorso in esame.
Nella motivazione della gravata sentenza del Tribunale di Torino si legge di una pretesa “contraddizione in cui incorreva lo stesso appellante” (relativa alle affermazioni della parte che il tratto stradale interessato non rientrava nella previsione di cui all’art. 2 cit. “essendo privo di spartitraffico centrale sviluppandosi su un’unica carreggiata” e che, pure, detta carreggiata “presentava più di una corsia di senso di marcia”);
e, di seguito si legge, dell’assoggettamento – ai fini della qualificazione del medesimo tratto di strada – all’accertamento di cui al Decreto Prefettizio n. 105736/2005 di individuazione delle strade urbane ove non era consentito il fermo del veicolo, con richiamo del carattere ampiamente discrezionale dell’individuazione delle strade (già affermato da questa Corte con nota sentenza 22 febbraio 2010, n. 4242).
Senonché la motivazione dell’impugnata sentenza è, nella sostanza, insufficiente e contraddittoria.
La discrezionale individuazione prefettizia delle strade ove non è possibile il fermo di un veicolo (ed ove, quindi, può legittimamente evitarsi la contestazione immediata dell’infrazione alC.d.S. quanto alla velocità) non deve mai prescindere da quella che è la valutazione del tratto stradale.
Solo in presenza, come nella fattispecie, di una strada urbana a scorrimento (ovvero “con spartitraffico centrale” era, quindi, possibile la legittima previsione della mancata contestazione immediata.
La sentenza gravata non dice chiaramente (eludendo la delicata questione oggetto di gravame) se il tratto stradale de quo era o non era una strada urbane a scorrimento.
Né la pretesa suddetta invocata contraddittorietà o il mero rinvio (non del tutto pertinente) al precedente di questa Corte possono sopperire alla esposta mancanza.
In ragione di tali considerazioni il motivo, in quanto fondato, va accolto, con consequenziale cassazione della impugnata decisione e rimessione al Tribunale a quo, che dovrà provvedere a riesaminare e decidere la controversia uniformandosi al principio innanzi affermato.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione su altro punto decisivo della controversia riguardante la conformità del verbale di contestazione rispetto a quanto previsto dall’art. 385 reg. esec. C.d.S..
3.- Con il terzo motivo parte ricorrente deduce un ulteriore carenza motivazionale in ordine al punto della controversia relativoall’irregolare ed insufficiente segnalazione del limite di velocità, nonché il vizio di falsa applicazione dell’art. 115, co. 2 c.p.c..
4.- I su esposti secondo e terzo motivo del ricorso possono essere assorbiti in dipendenza dell’accoglimento del primo motivo del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i rimanenti, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Torino in diversa composizione.