Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-01-2011, n. 716 Scriminanti; Attenuanti comuni provocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata in data 20 novembre 2009, depositata in cancelleria il 21 dicembre 2009, la Corte di Assise di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza 27 novembre 2008 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia, celebrata in regime di giudizio abbreviato:

– assolveva B.E. dal reato di cui al capo 2) (limitatamente al porto abusivo della armi da sparo, dei taglierini e dei cacciaviti) nonchè dei reati di cui capi 3) e 5) (rispettivamente omicidio aggravato nei confronti di I.S. e lesioni personali aggravata ai danni di I.F.) per non aver commesso il fatto;

– assolveva S.A. dal reato di cui al capo 2) (limitatamente al porto di una pistola, del taglierino, del cacciavite e dei coltelli nonchè del reato di cui al capo 5) (lesioni personali aggravata ai danni di I.F.) per non aver commesso il fatto confermando:

– quanto al S. la condanna per i reati di cui al capo 1) (rissa) capo 2) (limitatamente a una pistola, al taglierino al cacciavite e al coltello), capo 3) (omicidio aggravato ai danni di I.S.), capo 4) (tentato omicidio aggravato ai danni di I.R.);

– quanto al B. la condanna per i reati di cui al capo 1) (rissa) capo 2) (limitatamente alle due armi comuni da sparo, al taglierino, al cacciavite), capo 4) (tentato omicidio aggravato ai danni di I.R.) e per l’effetto rideterminava le pene inflitte in anni 15 e mesi 6 di reclusione per S.A. e in anni 7 di reclusione per B.E., oltre al pagamento delle spese processuali del giudizio.

1.1. – Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata S.A. e B.E., unitamente ad altre persone non meglio identificate, nel corso di una rissa con i fratelli I., scoppiata all’esterno di una birreria in (OMISSIS) per motivi attinenti alla spartizione del territorio ai fini di esercitare lo sfruttamento della prostituzione, S.A., facendo uso di un revolver cal.

357 Magnun marca Zastava, cagionava la morte di I.S. nei cui confronti esplodeva un colpo nonchè, sparando un secondo colpo, tentava di uccidere I.R. mentre B.E., nel medesimo contesto, tentava di uccidere I.R. cui assestava un fendente con un coltello.

1.2. – Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito, in via di principalità, dalle dichiarazioni delle parti lese I.R. e I.F. i quali riferivano ai Carabinieri che, nel corso di una discussione animata avvenuta con quattro/cinque connazionali, uno di questi, poi identificato nel S., aveva estratto una pistola dalla cintola e aveva fatto fuoco sul R. e sul fratello I.S.; venivano anche sentiti il titolare della birreria (OMISSIS) Su.Xh. e il dipendente di questo Ra.Ed. che avevano visto I. F. e H.G. entrare nel locale e invitare due connazionali a uscire per discutere e avevano poi udito, provenienti dall’esterno, frasi di insulto e rumori; venivano escussi altresì C.P., M.G., abitanti in una villetta accanto alla birreria che avevano notato persone che discutevano animatamente fra loro e successivamente una di loro che si staccava dal gruppo per poi tornarvi sentendo colpi d’arma da fuoco; M. P. e T.C., anch’essi abitanti in una villetta accanto alla birreria, avevano udito voci e rumori avendo osservato una persona con i capelli lunghi raccolti a codino che scendeva da una Mercedes per dirigersi verso la birreria: successivamente udivano 7/8 colpi d’arma da fuoco, notando altresì le persone viste in precedenza che tornavano sulla Mercedes con cui si allontanavano a forte velocità, non prima che l’uomo con il codino (identificato poi nel B.) esplodesse tre colpi d’arma da fuoco verso l’esercizio. Tre giorni più tardi la guardia campestre P. F. segnalava che in località (OMISSIS) aveva notato due donne, identificate per D.N. (sentimentalmente legata a B.E.) e Bu.Ad.

V. mentre gettavano in un canale di irrigazione un sacchetto di plastica al cui interno venivano trovati dei sacchetti di plastica contenenti due paia di guanti di lattice nonchè una scarpa da ginnastica insanguinata marca Nike, piede sinistro (mentre l’altra scarpa, piede destro, era stata trovata sul luogo del fatto).

Venivano effettuate altresì intercettazioni telefoniche sulle utenze del B. e della D., nonchè sulla autovettura Hyundai in uso ai B.. Da una di queste intercettazioni telefoniche emergeva che il B. temeva ritorsioni da parte della famiglia dell’ucciso, mentre in altre captazioni un sodale del B. (tale Ta. non meglio identificato, presumibilmente presente al momento del fatto) riferiva a quest’ultimo di aver visto il S. durante la rissa andare sulla sua vettura Seat, prelevare un "ferro lungo" e sparare.

Emergeva altresì dagli accertamenti di polizia giudiziaria che il giorno del fatto il S. era stato medicato in ospedale per diverse ferite d’arma da taglio. Un accertamento tecnico sui reperti biologici permetteva infine di asseverare che le tracce ematiche e le formazioni pilifere, rinvenute dai militi sul luogo dei fatti di sangue, appartenevano a S.A. e B.E., i quali ammettevano la circostanza della loro presenza in loco. La Corte territoriale perveniva altresì alla conclusione che la sera dei fatti erano state utilizzate tre armi da fuoco, una cal. 6.35 in uso al fratelli I., un "ferro lungo", non meglio indicato, usato dal S. e da lui prelevato dal bagagliaio della propria vettura.

In relazione alla terza arma da sparo in possesso del B., la Corte territoriale riteneva che non vi era prova che la stessa fosse stata usata contro gli I. anche perchè dalle intercettazioni telefoniche risultava che solo il S. era armato. Il teste M. che aveva visto il B. sparare ben poteva essersi sbagliato. Una delle armi in possesso degli imputati era sicuramente un revolver marca Zastava cal. 357, essendo risultato I. S. attinto da un proiettile di tale calibro.

I giudici di merito, in esito alla valutazione complessiva della prova, ritenevano che i due gruppi si fossero affrontati armati nella consapevolezza della possibilità di uno scontro fisico violento sicchè era configurabile il reato di rissa. Non vi era altresì prova che il B. avesse concorso nell’omicidio di I. S., mentre era emerso che I.R. fosse stato attinto oltre che dal colpo di pistola del S. anche dal coltello in possesso del B. come emerso da una intercettazione ambientale.

Entrambi gli imputati dovevano infine essere assolti dal reato di lesioni patite da I.F. non essendo stata raggiunta la prova della commissione del reato da parte sia del S. che del B..

2. – Avverso tale decisione, è insorto tempestivamente il Procuratore Generale territoriale il quale ha eccepito:

– l’illogicità e contraddittorietà della motivazione e violazione dell’art. 110 c.p.. Veniva rilevato per vero che, se il giudice aveva ritenuto che gli imputati avevano affrontato lo scontro nella consapevolezza di risolvere anche violentemente il conflitto insorto con il gruppo rivale e se il S. e il B. avevano agito all’unisono nel tentativo di uccidere I.R. raggiunto sia dal colpo di pistola del S. che dalla coltellata del B., doveva ritenersi allora illogica l’estraneità morale e materiale del B. dall’omicidio di I.S. sussistendo per contro tutti i requisiti per il concorso di persona ex art. 110 c.p. stante la comunanza di interessi illeciti che si contrapponevano a quelli del gruppo Ibrahimi.

Tramite il proprio difensore, avv. Stefania Amato, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione S.A. chiedendone l’annullamento della sentenza per i seguenti profili:

a) inosservanza di norme processuali e in ogni caso manifesta illogicità della motivazione in ordine alla inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni ambientali per tre ordini di motivi; il primo profilo di inutUizzabilità concerneva la mancanza di valido decreto autorizzativo 28 febbraio 2007 del GIP che aveva provveduto a convalidare le sole intercettazioni telefoniche disposte in data (OMISSIS) dal Pubblico Ministero in via d’urgenza, omettendo di fare altrettanto con quella ambientale disposta sulla vettura Hyndai Lantra intestata a D.N.. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito il richiamo effettuato per relationem dal GIP attiene ai presupposti per disporre le intercettazioni e non al mezzo specifico da utilizzare tanto è vero che non vi era la valutazione della necessità ed urgenza di procedere a intercettazione ambientale. L’intervenuta successiva proroga non ha ovviamente avuto nessuna efficacia sanante.

Il secondo profilo di inutilizzabilità attiene per contro alla violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 1 e dell’art. 357 c.p.p. non avendo il verbale della intercettazione ambientale sulla vettura Hyundai e redatto dalla polizia giudiziaria omesso di verbalizzare la collocazione della microspia. Ai sensi del richiamato art. 357 c.p.p. tutte le attività relative alle intercettazioni devono essere verbalizzate. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito la difesa aveva per vero interesse ad effettuare ex post un controllo su questo aspetto dell’attività captativa e in particolare di come, quando e dove fosse stato installato l’apparecchio in quanto, in difetto, non potrebbe escludersi che il dispositivo non fosse stato collocato sulla vettura corretta.

Il terzo profilo di doglianza attiene al decreto di proroga 18 aprile 2007 dell’intercettazione telefonica sull’utenza in uso a B. E. dove il Giudice per le indagini preliminari ha indicato erroneamente il nominativo di H.G., indice questo (l’ H. faceva parte del contrapposto gruppo dei corrissanti) dell’assenza di un’autonoma valutazione da parte del giudice. b) erronea applicazione della legge penale, inosservanza ed erronea applicazione di norme processuali per travisamento del fatto;

contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione in ordine ai seguenti punti:

– la sussistenza del reato di rissa e la partecipazione alla stessa del ricorrente, posto che dalle intercettazioni emerge con chiarezza che il S. era estraneo ai precedenti incontri del B. con il gruppo avverso, nè era al corrente che quest’ultimo non avesse mantenuto la promessa data di ritirare le proprie prostitute dall’area contesa; le intercettazioni mettono poi in evidenza che la Corte di merito ha travisato il dato secondo cui il gruppo Sulo- Bakiasi fosse in numero sufficiente a fronteggiare gli avversari che invece erano in numero soverchio, così come non risponde al vero che il gruppo Sulo-Bakiasi ne uscì vittorioso e avesse prontamente reagito, posto che dalla sentenza ex art. 444 c.p.p., esibita in grado di appello, risultava chiaramente che non solo il S. era stato fatto segno di un colpo d’arma da fuoco, ma era stato pesantemente percosso dal gruppo Ibrahimi.

– la scriminante della legittima difesa; la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che il S. non avesse partecipato ai precedenti incontri del B. e dunque che per lui l’aggressione fosse da ritenersi imprevedibile e sproporzionata. Il pericolo attuale di un’offesa ingiusta emergeva dall’assalto da parte degli I. e dall’accoltellamento del S..

– la circostanza attenuante della provocazione; la Corte non ha tenuto conto che l’azione aggressiva del gruppo Ibrahimi era senz’altro idonea a scatenare l’ira degli odierni ricorrenti giusta la sperequazione numerica degli avversari e le modalità stesse dell’aggressione;

– insussistenza della aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 1; la sentenza sul punto è carente di motivazione. Veniva evidenziato che nella fattispecie lo sfruttamento della prostituzione non avveniva con modalità odiose e violente sicchè l’aggravante in parola non era configurabile.

– la sentenza gravata sul punto dell’omicidio di I.S. e del tentato omicidio di I.R. illogica e contraddittoria.

La Corte ha ritenuto attendibili e affidabili le chiamate in correità dei fratelli I. addivenendo però alla arbitraria conclusione che le stesse dichiarazioni fossero in parte condivisibili e in parte no, secondo una scissione contraddittoria, illogica e non motivata. Parimenti illogica e contraddittoria è la motivazione che attiene all’esistenza di riscontri esterni. La dichiarazione del fratello I.F. non può ritenersi un valido riscontro per la sua mancanza di autonomia (provenendo da un fratello che condivideva la stessa comunanza di interessi delle parti lese) ma anche perchè è facile ritenere che, essendo stati i fratelli I. (detenuti nello stesso carcere) sentiti lo stesso giorno dal Pubblico Ministero, era plausibile che fossero stati tradotti insieme e dunque che possano aver concordato la versione da fornire. Oltretutto I.F. non ha visto sparare il S., ma ha ritenuto che fosse stato lui a farlo, per essere stato l’unico ad avere la disponibilità di una pistola ed ha descritto l’arma in modo diverso all’altro fratello. Del tutto erroneo è poi il fatto che le intercettazioni possano costituire un valido riscontro delle dichiarazioni degli I. quando per contro contrastano con le risultanze processuali in punto in particolare della ricostruzione della dinamica dei fatti. Di nessun riscontro è poi la perizia balistica posto che nulla accerta su chi impugnasse effettivamente la pisola cal. 357. Nessuna motivazione il giudice dell’appello fornisce poi in ordine alla idoneità e non equivocità degli atti atteso peraltro che non vi fu reiterazione di colpi e il R. fu colpito a una gamba, sede corporea tipica di chi vuoi solo ferire.

– il reato di detenzione e porto d’armi, posto che la perizia balistica ha concluso per la impossibilità di poter comprendere chi abbia sparato con le due armi corte.

– il trattamento sanzionatorio: l’invocata prevalenza delle circostanze attenuanti genetiche sulle aggravanti; nulla riferisce in motivazione il giudice di secondo grado nonostante la specifica richiesta in gravame.

Ha interposto tempestivo ricorso, tramite il proprio difensore Patrizia Scalvi anche B.E. chiedendo l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi:

a) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in merito alla intercettazione ambientale relativa al decreto 174/07 per carenza del decreto di convalida del Giudice per le indagini preliminari sviluppando argomentazioni del tutto simili al primo motivo di gravame avanzato per S.;

b) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sui seguenti punti:

– ritenuta responsabilità del ricorrente in ordine al capo 1), mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa e della attenuante della provocazione; il fatto che l’incontro tra i due gruppi fosse programmato non esclude l’ipotesi che si fosse trattato di un agguato non aspettandosi S. e B. una simile reazione da parte del gruppo antagonista, così come emerge dalle conversazioni ambientali. Il fatto che il gruppo B. fosse munito di armi non significa che fosse preparato anche a utilizzarle;

– in ordine al capo 4) veniva censurato mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa nonchè il mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione, nonchè dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., mancata riqualificazione del reato di tentato omicidio in quello di lesioni personali volontarie;

– veniva inoltre censurata la ritenuta responsabilità dell’imputato in ordine al porto del coltello (capo 2);

c) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in merito alla mancata applicazione delle già concesse attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti; mancata riduzione dell’aumento per la continuazione quantomeno con riferimento all’aumento determinato in relazione al capo 1); omessa applicazione della pena in misura coincidente al minimo edittale con riferimento alla pena base, trattandosi il reato più grave di delitto tentato; ovvero veniva chiesto un minor aumento con riferimento alla pena individuata a titolo di continuazione in ordine al capo 4).

Motivi della decisione

3. – La sentenza impugnata va annullata con rinvio con le determinazioni di cui in dispositivo, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale, nonchè – limitatamente al trattamento sanzionatorio – in accoglimento dei ricorsi degli imputati, che, nel resto, devono essere, invece, rigettati.

3.1 – In relazione, innanzitutto, al gravame del Procuratore Generale si osserva che lo stesso è fondato e deve essere accolto. La Corte si esprime in motivazione in termini di contraddittorietà in relazione alla valutazione della compartecipazione criminosa del Ba., posto che, pur avendo ritenuto in via di premessa la comune volontarietà, tra i sodali, di recarsi armati allo scontro con il gruppo rivale (stante la cointeressenza tra i "soci" a risolvere le problematiche attinenti alla spartizione del territorio ai fini dell’esercizio dello sfruttamento della prostituzione) e pur avendo il giudice altresì ritenuto condivisa la simultanea volontà di ferire mortalmente, ancorchè in modo non esiziale, I. R., ha ritenuto tuttavia che non vi fosse patimenti concorsualità nell’azione criminosa ai danni di I.S., tanto più che è stata data una motivazione illogica anche alle dichiarazioni del teste oculare Ma. che aveva distintamente notato il Ba. sparare all’indirizzo del locale avvalorando dunque la circostanza, confermata anche dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, che il Ba. non solo fosse armato di coltello, bensì anche di una pistola. Sul punto pertanto la sentenza gravata merita annullamento.

4. – Le censure in rito avanzate nel gravame S. (censure in relazione alla utilizzabilità degli esiti delle intercettazioni ambientali) sono infondate e vanno respinte.

4.1 – Il primo profilo di inutilizzabilità (analogo a quello proposto per la posizione B.) si prospetta privo di pregio posto che il decreto del Giudice delle indagini preliminari fa esplicito riferimento alle operazioni di intercettazione delle conversazioni o intercettazioni telefoniche di cui al decreto emesso dal Pubblico Ministero in via d’urgenza, richiamandolo nella sua interezza ed esaminandolo nella sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza comuni a entrambe le forme captative. Peraltro è appena il caso di rilevare che se il GIP avesse voluto convalidare solo le intercettazioni telefoniche e non quelle ambientali avrebbe dovuto espressamente rilevarlo nella parte decisoria del provvedimento, cosa che non è stata fatta, sicchè legittimamente il giudice del merito ha tratto la convinzione che fossero state scrutinate positivamente tutte le questioni poste alla sua attenzione.

4.1.2 – Anche la seconda censura in rito è infondata. L’art. 357 c.p.p. non impone alla polizia giudiziaria di redigere sommaria annotazione di qualsiasi attività svolta, ma solo per quella che abbia o conservi una rilevanza processuale o coinvolga un qualche interesse delle parti. A parte la circostanza che l’articolo non fa riferimento alle attività di intercettazione telefonica o ambientale in ordine alla quale si applicano le norme specifiche di cui all’art. 268 e ss c.p.p., va sottolineato che nessun interesse ha la parte interessata a conoscere ex post come, quando e dove viene installato l’apparecchio microspia che permettere la captazione non solo perchè non vi è alcuna norma a pena di nullità che regola tali specifica fase, ma anche perchè la verifica se l’intercettazione ambientale abbia o meno riguardato il soggetto sottoposto a intercettazione è deducibile dal tenore del provvedimento autorizzativo e dal contenuto stesso delle intercettazioni.

4.1.3 – Anche la terza censura di rito è priva di fondamento. Va osservato che nel decreto autorizzativo di captazione ciò che rileva è il numero intercettato potendo anche non essere nota l’intestazione purchè l’intercettazione sia utile ai fini delle indagini. Nella fattispecie peraltro l’utenea è chiaramente riconducibile a un determinato soggetto. Bene ha fatto pertanto il giudice del merito a qualificare la discrasia come mero errore materiale. Il fatto che tale "svista", secondo il ricorrente, possa essere indice di scarsa valutazione dell’atto è in realtà una mera congettura difensiva.

4.2 – Passando allo scrutinio della parte residuale dei gravami deve premettersi che, nella verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dal ricorrente, la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata isolatamente ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, nelle parti in cui ha confermato il primo giudizio (condanna di entrambi gli imputati per il reato di rissa, condanna del S. sub capo 2) per il possesso di una arma comune da sparo, condanna del B. sub capo 2) per il porto di coltello e condanna di entrambi gli imputati per il reato sub 4) per tentato omicidio di I.R.) sviluppandosi entrambe le decisioni secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, di talchè – sulla base di un consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte – deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile (cfr. Cass., Sez. Un., 4 febbraio 1992, Ballan ed altri e, da ultimo, Sez. 1, 21 marzo 1997, Greco ed altri;

Sez. 1, 4 aprile 1997, Proietti ed altri).

4.2.1 – Ciò posto deve rilevarsi che anche il secondo motivo di gravame (insussistenza del reato di rissa e travisamenti del fatto) è privo di pregio e va rigettato. Le argomentazioni difensive sono sollecitatorie di una rivalutazione del fatto già esaustivamente esaminato dal giudice di merito. Il giudice di seconde cure ha comunque quantomeno ritenuto non esservi prova certa che il numero degli appartenenti al gruppo degli Ibrahimi fosse preponderante rispetto a quello contrapposto degli imputati che sicuramente era meglio armata anche con armi letali per potenza di fuoco.

Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione congrua ed esaustiva, che il gruppo Sulo/Bakiasi fosse uscito vittorioso dallo scontro se non altro sulla base del numero delle persone rimaste ferite (anche mortalmente) dagli avversari. La sentenza depositata dalla difesa riguardante l’applicazione pena a S. e B. non altera significativamente il quadro probatorio delineando anzi gli esisti cruenti di una rissa e-stremamente violenta.

4.2.2 – Del tutto infondato è anche il rilievo che concerne il mancato riconoscimento della legittima difesa (profilo proposto anche per la posizione B.). La Corte di merito ha per vero evidenziato che la condotta dei prevenuti non può essere "letta" come un segmento avulso dal contesto in cui è maturata. Occorre per contro calarla, così come correttamente ha fatto il giudice della cognizione, nell’ambito del vissuto dei protagonisti della vicenda.

Il comportamento tenuto dai prevenuti deve essere interpretato alla luce dei reciproci contrasti per i problemi di supremazia e controllo del territorio ai fini dello sfruttamento della prostituzione. In questa situazione non poteva loro sfuggire che, nel corso di un ennesimo incontro tra i gruppi antagonisti, dopo che il B. aveva infranto la promessa data di spostarsi in altra zona, non potesse esservi che una risposta aggressiva e sanguinosa. Ne consegue che la rottura della promessa fatta ha funzionato da detonatore di uno scontro, voluto e sollecitato, ed evidentemente non più procrastinabile, una istigazione raccolta, ma appunto sicuramente provocata e apertamente eteroindotta. E’ stata in altre parole una proposta di "prova di forza" lanciata da un gruppo verso un altro e prontamente accettata dagli altri che hanno reagito nel modo più plausibile e aspettato.

E’ stata pertanto corretta la valutazione motivata e ragionata del giudice del merito: il gruppo Sulo/Bakiasi ha posto in essere la condicio sine qua non del fatto, la condizione senza la quale nulla sarebbe accaduto (in quel frangente e con quegli esiti nefasti) innescando un conflitto divenuto inevitabile, giusto anche l’ambiente culturale ristretto entro il quale la vicenda era maturata. La circostanza poi che fosse stato solo il B. ad avere avuto contatti precedenti con il gruppo avverso non pone solo per questo, secondo quanto implicitamente fatto valere dal giudice di merito, il S. all’oscuro degli esiti degli abboccamenti da parte del "socio", vista la precipua stretta condivisione dell’attività di sfruttamento e la circostanza innegabile che, alla sfida con gli Ibrahimi, il S. era quello meglio armato della sua fazione. Il giudice di merito mette in debita evidenza le modalità proprie della rissa che sono state tali da poter escludere l’ipotesi che il gruppo Ibrahimi avesse teso un agguato all’altro.

4.2.3 – La censura difensiva attinente l’attenuante della provocazione (doglianza comune ad entrambi gli imputati e quindi qui tratta congiuntamente) è priva di pregio.

La circostanza attenuante della provocazione si configura qualora si sia in presenza di tre elementi: a) un fatto ingiusto altrui, realmente verificatosi; b) lo stato d’ira suscitato in relazione al tempo e al luogo in cui è avvenuto il fatto e alla persona in cui insorge: c) l’esistenza di un nesso di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzione tra di essi. Ne consegue che, se manca uno di questi elementi, la predetta attenuante non può essere concessa.

Va anche sottolineato che è principio consolidato, che l’attenuante della provocazione è inapplicabile pur in presenza di un fatto apparentemente ingiusto della vittima allorchè tale comportamento sia stato a sua volta determinato da un precedente fatto ingiusto dell’agente (ex pluribus: Cass., sent. del 23 febbraio 1984, Marino) o sia frutto di reciproche provocazioni (Sez. 1, 24 ottobre 1996, n. 1285, Prestininzi, rv. 206926), tanto più quando si sia in presenza di una reazione del tutto inadeguata, eccessiva e sproporzionata, rispetto al diverbio dal quale trae pretesto da fare escludere la sussistenza d’ogni ragionevole nesso con il fatto asseritamente provocatorio della vittima (v., ex pluribus sent. n. 24693 del 2 marzo 2004, nonchè, mutatis, Cass. sent. 22 novembre 1994, Cara).

Tanto rilevato si osserva che nella vicenda si è venuta a verificare una contrapposizione vicendevolmente accettata, una sorte di sfida tra gruppi di soggetti contrapposti anche in punto di interessi da tutelare sul campo, al fine di risolvere con la violenza una spartizione del territorio che non poteva essere (nell’ottica dei corrissanti) altrimenti risolta. Peraltro è d’obbligo osservare che le argomentazioni svolte dal ricorrente B. sono, sulla questione, meramente in fatto e rivalutative di quanto già espresso dal giudice di merito.

4.2.4 – In punto di valutazione dello stato d’ira va osservato che la Corte territoriale ha dato dunque prova di aver applicato l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui la circostanza attenuante della provocazione ricorre quando il reato sia commesso non già in un generico stato di emozione, agitazione, timore o paura, bensì in uno stato d’ira, essendo necessario che l’agente abbia perduto il controllo di se stesso in conseguenza di un fatto che sia privo di giustificazione nei contenuti e nelle modalità esteriori, capace di alterare i freni inibitori, come tale costituente eccezione al principio generale, secondo cui gli stati emotivi non sono causa di diminuzione della imputabilità (Cass., Sez. 1, 1 ottobre 2009, n. 40177, Gaudino, rv.

245666).

4.2.5 – Il rilievo difensivo di cui al quinto motivo di censura è privo di fondamento e va respinto. Il motivo abbietto nella fattispecie non è stato contestato in relazione al reato di sfruttamento, ma a tutti i reati posti in contestazione (fuorchè quello di cui al punto 2) sicchè non rilevano le modalità specifiche con cui veniva svolto lo sfruttamento della prostituzione (neppure contestato ai prevenuti). Ciò che rende sussistere l’aggravante è dunque la circostanza che siano stati commessi i fatti per poter meglio e più proficuamente svolgere un’attività a delinquere quale quella dello sfruttamento della prostituzione, circostanza che, per costante orientamento di questa Corte, integra l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2. 4.2.6 – Privo di fondamento è anche la censura che concerne la valutazione delle chiamate in correità dei due I.. In realtà la Corte ha dato ampia contezza delle ragioni per le quali le versioni delle stesse fossero parzialmente attendibili, essendo evidente che le parti lese mirassero a sminuire le ragioni dello scontro onde alleggerire la propria responsabilità (che ha trovato comunque sanzione nella sentenza di applicazione pena prodotta dalla difesa S.). Ciò non vanifica tuttavia l’apporto probatorio consegnato dai propalanti attesa la completa e non contraddittoria valutazione operata dalla Corte territoriale circa l’intero contesto di prova.

Da respingersi sono anche le sollecitazioni difensive attinenti alla mancanza di autonomia della dichiarazione di correità di I. F. atteso che quelle opinate in gravame sono mere congetture prive di qualsivoglia fondamento. Le imprecisioni tra l’una e l’altra dichiarazione dei fratelli I. sono irrilevanti quanto al focus di quanto miravano a provare (vale a dire l’esistenza della pistola) sicchè deve ritenersi salvo il valore probante, dimostrando ancor più la genuinità delle propalazioni la loro non sovrapponibilità.

Rivalutative delle circostanze fattuali sono poi gli altri rilievi difensivi (più sopra menzionati) non proponibili in questa sede di legittimità.

Prive di fondamento sono parimenti le sollecitazioni difensive concernenti la pretesa mancata motivazione in ordine alla idoneità e non equivocità degli atti del tentato omicidio. Il giudice del merito da ampia ed esaustiva motivazione concernente la potenza dell’arma usata e il fatto che il R. sia stato attinto dopo che era stato già espioso il colpo mortale all’indirizzo del fratello (a comprova della volontà di voler uccidere gli aggressori) e che il colpo alla gamba il R. fu rimediato solo durante la lotta con il S. nel tentativo di togliergli l’arma.

4.2.7 – Il rilievo attinente al fatto che la perizia balistica non ha sostanzialmente indicato chi avesse impugnato l’arma che aveva ucciso I.S. e ferito l’altro fratello è generico e pertanto inammissibile. Il ricorrente non tiene conto del fatto che la sentenza gravata fa riferimento all’intero compendio di prova.

4.2.8 – Meritevole di accoglimento è invece la censura che attiene al trattamento sanzionatorio. La motivazione della Corte è carente in punto delle doglianze specifiche avanzate dai ricorrenti in particolare in merito alla mancata applicazione delle già concesse attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, e sulla mancata riduzione dell’aumento per la continuazione e discostamento dal minimo edittale con riferimento alla pena base.

5. – Quanto al gravame proposto dal B. si osserva cheto stesso è privo di fondamento e va respinto fuorchè per le stesse ragioni che hanno portato all’accoglimento dell’impugnazione del S..

5.1 – Sul primo punto del gravame (capo 1), vale a dire del mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa e della attenuante della provocazione si richiamano le argomentazioni già sviluppare ai punti 4.2.1 e 4.2.2. 5.2 – Sul secondo punto del gravame (capo 4) – mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa nonchè del mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione deve richiamarsi quanto più sopra esposto agli stessi punti 4.2.1 e 4.2.2. 5.2.1 – Deve ritenersi infondata anche la questione della censurata mancata derubricazione del reato di tentato omicidio volontario in quello di lesioni volontarie giusta la ravvisabilità del dolo eventuale incompatibile con il delitto tentato. Per giurisprudenza costante di questa Corte, ai fini della diversa definizione del fatto materiale nel reato di lesione personale e in quello di tentato omicidio (così come avviene in genere per tutti i casi di reato progressivo), deve aversi riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell’agente, che alla differente potenzialità dell’azione lesiva. Nel primo reato l’azione esaurisce la sua carica offensiva nell’evento prodotto, mentre nel secondo vi si aggiunge un quid pluris che, andando al di là dell’evento realizzato, tende ed è idoneo a causarne uno più grave in danno dello stesso bene giuridico o di un bene giuridico superiore, riguardanti il medesimo soggetto passivo, non riuscendo tuttavia a cagionarlo per ragioni estranee alla volontà dell’agente (Cass., Sez. 1, 20 maggio 1987, Incamicia, rv. 177610).

H giudice di secondo grado è stato ossequioso di questi principi, avendo implicitamente dato conto delle ragioni della mancata derubricazione del fatto, giuste le considerazioni esposte in punto di idoneità dell’arma impiegata, visti anche gli esiti mortali nei confronti di I.S. colpito nella medesima contestualità di azione e con la stessa arma, del grado di violenza complessiva dell’accaduto, traendone un convincimento non contraddittorio e senza dubbio logico. In particolare il giudice del merito ha fatto valere lo scrutinio di potenzialità lesiva ex ante in coordinazione di tutti gli altri elementi circostanziali del fatto, indici di alta potenzialità lesiva e dunque di animus necandi, con esclusione di un dolo che non fosse diretto.

5.4.2 – In relazione infine alla censura relativa alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., va rilevato che la stessa è inammissibile essendo stata avanzata in questa sede per la prima volta (in grado di appello era stato avanzata istanza ex art. 116 c.p.).

5.3 – Manifestamente infondato è il terzo profilo di impugnazione (responsabilità dell’imputato in ordine al capo 2), porto di coltello). La censura è generica e non tiene conto dell’ampia motivazione del giudice di merito sulla valutazione complessiva delle prove.

6. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata nei confronti di S.A. e B.E. limitatamente al trattamento sanzionatorio nonchè all’assoluzione di entrambi dai residui reati concernenti le armi e di B. dal delitto di omicidio; rinvia per nuovo giudizio sui capi e sui punti anzidetti alla Corte di assise di appello di Milano;

rigetta nel resto i ricorsi dei suddetti imputati.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *