Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Perugia ha confermato la pronuncia di colpevolezza di P.S. in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 609 bis c.p., e art. 609 septies c.p., comma 4, a lui ascritto per avere, reiteratamente, in circostanze diverse, costretto con violenza ed abuso di autorità il minore S.M., a lui affidato per aiutarlo nel lavoro, a subire atti sessuali, consistiti in palpeggiamenti delle parti intime, nel portare la mano del S. verso il suo organo genitale e da ultimo nello spogliarlo e metterlo a contatto con le proprie parti intime.
Secondo la ricostruzione dei fatti riportata nella sentenza i genitori del S. avevano deciso di mandare il figlio, ancora studente, con il P., da loro conosciuto qualche anno prima, perchè lo aiutasse nel suo lavoro di elettricista, sia pure senza compenso ed in modo non continuativo, nella prospettiva di consentirgli di apprendere un mestiere, che avrebbe potuto giovargli in futuro. Nell'(OMISSIS) la madre ed il fratello del S.M. avevano notato un cambiamento nel comportamento del minore e che questi aveva iniziato ad accampare scuse per non andare dal P.. Dinanzi ad un’ennesima sollecitazione della madre, il figlio le aveva risposto dicendole che non voleva più vedere il P. e di riferire a quest’ultimo che "quelle cose" si facevano con le femmine e non con i ragazzi.
Su sollecitazione della madre il minore le confidava, quindi, le attenzioni sessuali di cui era stato oggetto concretatesi sostanzialmente nelle condotte descritte in imputazione e verificatesi in tre circostanze diverse. Da ultimo le molestie sessuali, secondo il narrato del minore, si erano verificate all’interno di un appartamento, in cui si era recato con il P. per eseguire un lavoro, dove l’imputato, chiusa a chiave la porta dell’appartamento, lo aveva buttato sul letto e dopo averlo spogliato si era messo sopra di lui, spogliandosi a sua volta.
La madre collocava la rivelazione di tale episodio la mattina del (OMISSIS), giorno in cui dichiarava di essersi recata dai Carabinieri per denunciare l’accaduto, senza, però, presentare querela.
Segue nella sentenza la descrizione dei singoli episodi di abuso sessuale e vengono rigettati i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva dedotto che la querela, presentata dai genitori del P. il (OMISSIS), è tardiva; dedotto la inattendibilità della parte lesa; chiesto, in subordine l’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. e la riduzione della pena anche per effetto dell’avvenuto risarcimento del danno.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione della legge penale in relazione alla affermata tempestività della querela presentata il (OMISSIS) dai genitori del P..
Si deduce, in sintesi, che la madre del S.M. è venuta a piena conoscenza dei fatti e della identità dell’imputato il giorno (OMISSIS), secondo quanto riferito dalla stessa parte lesa, e solo il giorno successivo si è recata a denunziare i fatti ai Carabinieri, con la conseguente tardività della querela presentata il (OMISSIS).
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 2).
Si deduce che i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto il reato perseguibile di ufficio ai sensi della disposizione citata.
Si osserva che nella specie era inesistente qualsiasi rapporto di natura autoritaria, che secondo la giurisprudenza deve avere carattere pubblicistico, tra l’imputato e la parte lesa e neppure, poteva ravvisarsi un vero rapporto di apprendistato, in quanto il minore non era alle dipendenze del P.; tra i due non esisteva un contratto di lavoro; nè il minore veniva retribuito, ma aiutava saltuariamente l’imputato per ragioni di amicizia e, peraltro, secondo la sua disponibilità.
Nel prosieguo del motivo di gravame si esclude anche che la condotta posta in essere dal P. fosse connotata da violenza fisica, che l’imputato non avrebbe potuto neppure esercitare, essendo affetto da una patologia alla spalla, che gli impediva di compiere movimenti bruschi e comunque di esercitare una certa forza.
Con l’ulteriore mezzo di annullamento si denuncia la manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine alla ritenuta attendibilità della parte lesa.
Si deduce che la sentenza ha illogicamente cercato di giustificare le contraddizioni in cui è incorso il minore nella successiva narrazione dei fatti con particolare riferimento alla descrizione dell’ultimo episodio per il quale il P. era stato imputato anche di sequestro di persona.
Si osserva che le dichiarazioni della parte lesa minore devono essere vagliate con particolare rigore e scrupolo e si conclude, facendo rilevare che i giudici di merito, poichè avevano ritenuto pienamente attendibili le dichiarazioni del S., avrebbero dovuto tener conto della affermazione di questi, secondo la quale la madre era venuta a conoscenza dell’accaduto il (OMISSIS).
Con il quarto mezzo di annullamento si denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge con riferimento al diniego dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..
Si deduce, in sintesi, che nella specie doveva essere escluso che la condotta dell’imputato fosse caratterizzata da un rilevante grado di coartazione, così come doveva escludersi un grado elevato di lesività della stessa nei confronti della parte lesa, considerato che il S. aveva narrato i vari episodi senza remore e tenuto conto anche dell’età infrasedicenne della parte lesa.
Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia infine, per violazione ed errata applicazione di legge, la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6).
Si sostiene che la citata attenuante ha natura soggettiva e deve essere concessa agli imputati che abbiano risarcito il danno, come provato nel caso in esame. Si osserva inoltre che i giudici di merito hanno erroneamente escluso la possibilità di concedere all’imputato la citata attenuante in considerazione delle già concesse attenuanti generiche, la cui funzione è totalmente diversa da quella dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6).
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente la Corte rileva che tuttora non si è verificata la prescrizione del reato continuato ascritto all’imputato, il cui ultimo episodio risale all'(OMISSIS), dovendosi applicare, ai sensi della L. n. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3 il disposto degli art. 157 e 160 c.p. nella formulazione previgente alla medesima legge.
Osserva, quindi, la Corte in ordine al primo motivo di gravame che l’accertamento della data in cui la madre è venuta integralmente a conoscenza dei vari episodi criminosi commessi in danno del figlio è questione di fatto non contestabile in sede di legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione.
Vizio di motivazione che nella specie non sussiste, nè è stato denunciato in relazione alle argomentazioni della sentenza impugnata.
Peraltro, la sentenza ha tenuto conto delle dichiarazioni del minore in ordine alla indicazione del giorno in cui avrebbe narrato i fatti alla madre.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
La sentenza impugnata ha correttamente affermato che, nel caso in esame, l’azione penale era procedibile di ufficio, ai sensi dell’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 2), essendo stato affidato il minore al P. affinchè gli insegnasse un mestiere e, quindi, per ragioni di istruzione.
Tale termine deve intendersi di ampio significato, facendosi rientrare nella nozione di istruzione qualsiasi tipo di insegnamento che determini un rapporto costante, pur con qualche interruzione, tra colui che insegna e l’apprendista e la naturale sottoposizione del secondo alle direttive di colui che lo deve istruire.
Va, infine, rilevato che la situazione prevista dall’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 2), secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, è integrata da qualunque rapporto fiduciario di affidamento del minore infrasedicenne per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia, anche quando si tratti di un affidamento temporaneo od occasionale, (sez. 3, 30.9.2002 n. 38057, Cofone, RV 223789; sez. 3, 13.5.2009 n. 24803, RV 244124; sez. 3, 26.1.2010 n. 16461, RV 246755).
Sono inoltre infondati gli ulteriori motivi di gravame.
In ordine alla fattispecie criminosa ascritta all’imputato la Corte osserva che, se è esatto il rilievo del ricorrente circa la non configurabilità della fattispecie di reato caratterizzato da abuso di autorità, in quanto l’autorità deve avere carattere pubblicistico (sez. un. 31.5.2000 n. 13, P.M. in proc. Bove. RV 216338), sussiste senz’altro, invece, l’ipotesi dell’abuso sessuale commesso con violenza, sia per essere stato accertato l’effettivo esercizio di forza fisica con riferimento all’ultimo episodio criminoso, sia perchè nella nozione di violenza rientrano anche le azioni repentine, tali da impedire alla parte lesa di opporsi alla commissione dell’abuso sessuale, (cfr. sez. 3, 27.1.2004 n. 6945, Manta, RV 228493).
Sulla valutazione della piena attendibilità della parte lesa vi è adeguata motivazione, immune da vizi logici.
In particolare l’errore in cui è incorso il minore in ordine al fatto che la porta dell’appartamento in cui si è verificato l’ultimo episodio non era chiusa a chiave è stato ampiamente spiegato dai giudici di merito, che hanno assolto l’imputato dal delitto di sequestro di persona.
Sul diniego della attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. vi è adeguata motivazione giuridicamente corretta, avendo la Corte territoriale valutato sul punto tutti gli elementi indicati nell’art. 133 c.p., comma 1 (cfr. sez. 3, 200402597, Bruttomesso, RV 227397).
L’attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 6), infine, presuppone che il risarcimento del danno sia avvenuto prima del giudizio, mentre nel caso in esame è incontroverso che detto risarcimento è intervenuto nel corso del processo di primo grado.
Correttamente, peraltro, la sentenza ha osservato che il risarcimento tardivo è stato già valutato ai sensi dell’art. 62 bis c.p..
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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