Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1- Il Tribunale di Venezia, con ordinanza 19/3/2010, decidendo in sede di riesame ex art 309 c.p.p., annullava, per difetto dei gravi indizi di colpevolezza, la misura cautelare della custodia in carcere adottata, il 19 febbraio precedente, dal Gip dello stesso Tribunale nei confronti – tra gli altri – di O.K., C.E., M.A. e H.G.A., indagati in ordine al reato di cui all’art. 270 bis c.p., per avere partecipato, con incarichi dirigenziali e organizzativi, all’associazione politica denominata PKK e più esattamente alta frangia di tale associazione che si proponeva di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo nei confronti della Turchia, reclutando adepti, dei quali veniva curata la formazione politica e militare in numerosi campi siti in varie zone d’Europa, allo scopo di inviarli – poi – in Turchia per lo svolgimento delle operazioni effettive; e il primo indagato anche in relazione al reato di cui all’art. 270 quater c.p., per avere, nello svolgimento dell’attività di promozione e direzione dell’associazione, arruolato varie persone, tra le quali G. G.R. e S.M., per lo svolgimento di atti di violenza per finalità di terrorismo contro lo Stato turco, addestrandole alla guerriglia.
Nell’ordinanza genetica si evidenziava che le indagini espletate avevano avuto una svolta decisiva il 13/3/2009: sottoposto a controllo l’ O., lo stesso era stato trovato in possesso di materiale vario che induceva a ritenere il suo coinvolgimento nel reclutamento di guerriglieri da inserire nei ranghi armati del partito curdo e nell’arruolamento di alcune giovani donne.
L’attività di intercettazione telefonica sulle utenze in uso al predetto aveva confermato tale ipotesi, essendo emerso che S. M. effettivamente era stata arruolata nelle file della guerriglia curda e che un ruolo fondamentale aveva avuto l’ O.. L’attività di controllo da parte degli organi di polizia aveva consentito di accertare i contatti del predetto con M.A., operante prevalentemente all’estero e impegnatosi nell’attività di formazione svolta in un campo del pisano, col C., quale referente del PKK nella zona di Modena e Venezia e molto attivo nella organizzazione del campo di Pisa, con la H., giunta appositamente in Italia per seguire i lavori del campo pisano.
Il Giudice del riesame, invece, sottolineava che l’ipotesi accusatoria non offriva dati concreti in ordine agli atti di violenza con finalità di terrorismo che l’organizzazione avrebbe inteso compiere, il che rendeva la vicenda molto opaca e indeterminata.
Gli elementi indiziali acquisiti presentavano profili di equivocità e si prestavano a letture alternative: l’allestimento e l’operatività dei campi di formazione non denunciavano con certezza che gli stessi erano finalizzati alla selezione e alla prima formazione delle nuove leve della guerriglia (mancato rinvenimento di armi, assenza di testimonianze "dall’interno" a conferma dell’ipotesi accusatoria, contrarie testimonianze acquisite nel corso delle indagini difensive), non potendosi escludere, anche alla luce delle espletate indagini difensive, l’impegno sul fronte della promozione dell’identità nazionale, della diffusione della storia e della cultura del popolo curdo, allo scopo di cementare la consapevolezza di una comune identità nazionale.
Pur dandosi atto che l’attività posta in essere dagli indagati sembrava orientata alla condivisione della lotta armata, come poteva desumersi dalla documentazione trovata in possesso dell’ O. e dall’effettivo arruolamento di giovani curdi nelle file delle formazioni armate, difettava la prova dello stretto collegamento tra i campi di formazione gestiti dagli indagati e la prospettiva di un impegno nella guerriglia. Pur non potendo essere posto in dubbio il collegamento tra gli indagati e il PKK, la pluralità dei piani di azione di tale organizzazione rendeva non agevole, dato l’equivoco significato degli elementi acquisiti, l’interpretazione della vicenda.
Anche in ordine all’arruolamento con finalità di terrorismo delle due ragazze da parte dell’ O., gli indizi a carico di costui non potevano qualificarsi gravi. Con riferimento al reclutamento della giovane S.M., se – per un verso – nelle conversazioni intercettate si evocava, dopo la scomparsa della predetta, il prenome " K." dell’indagato, indicato come "colui che istruisce le persone in Europa" – per altro verso – la circostanza che l’indagato, in data 15/9/2009, si fosse esposto in pubblico in compagnia della ragazza, con la quale si era portato presso la Questura di Milano, induceva ad escludere, sul piano logico, un coinvolgimento del medesimo indagato, già destinatario di particolare attenzione da parte delle Forze dell’Ordine, nel reclutamento della giovane quale guerrigliera, anche in considerazione del fatto che, nel corso delle indagini espletate, si era fatto riferimento a soggetti diversi, quali possibili responsabili del reclutamento. Quanto al reclutamento di G. G.R., la disponibilità di foto e missive della predetta da parte dell’indagato ben poteva essere giustificata in ragione dell’affinità politica tra i due, ma non dimostrava il coinvolgimento del medesimo indagato nell’operazione di reclutamento.
2- Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, deducendo il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza del quadro di gravità indiziaria e rilevando in particolare: 1) quanto al reato di cui all’art. 270 quater c.p. contestato al solo O., si era dato per certo l’inserimento della G. e della S. nella lotta armata, ma si era sottovalutata illogicamente la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato; 2) quanto al reato di cui all’art. 270 bis c.p. contestato a tutti gli indagati innanzi citati, si era illogicamente ipotizzato che il campo allestito nella zona di Pisa perseguisse mere finalità di indottrinamento politico e culturale, dandosi, però, contestualmente atto che le modalità di predisposizione, di organizzazione, di selezione dei partecipanti, di gestione del campo e le caratteristiche dell’insegnamento erano tali da essere incompatibili con una mera attività di tipo politico- culturale e conclamavano, invece, una chiara finalità terroristica, come agevolmente poteva desumersi dalla segretezza e clandestinità dell’evento, dalla limitata libertà di movimento dei partecipanti, dalla presenza di vedette per evitare di essere sorpresi da controlli della Polizia, dalla presenza di soggetti con esperienza militare, elementi tutti indicativi del fatto che il campo pisano era una "vera e propria retrovia logistica della frangia terroristica" del PKK. 3- La difesa degli indagati ha depositato in data 30/9/2010 memoria con la quale, ponendo in evidenza la carenza di concreti elementi a conforto della tesi accusatoria, ha sollecitato il rigetto del ricorso.
4- Il ricorso è inammissibile.
L’ordinanza impugnata riposa su un apparato argomentativo che, strettamente ancorato alle emergenze procedimentali, le apprezza e le valuta in maniera adeguata e logica, esplicitando le ragioni che giustificano, allo stato degli atti, la conclusione alla quale perviene. L’ordinanza in verifica, invero, dopo avere dato atto che l’organizzazione curda denominata PKK operava notoriamente su un doppio livello, nel senso che ad una attività di natura squisitamente politico-culturale si affiancava anche un’attività violenta, organizzata militarmente e diretta a conseguire con ogni mezzo l’indipendenza o, comunque, l’autonomia del Kurdistan, ritiene che gli elementi acquisiti diano conferma del primo aspetto ma siano insufficienti, per il loro significato equivoco, ad avallare l’ipotesi che i "campi di formazione" allestiti in Italia fossero "finalizzati alla selezione e alla prima formazione delle nuove leve della guerriglia"; ritiene, inoltre, come si evince da quanto innanzi sintetizzato, non dotati del richiesto requisito della gravità indiziaria, prestandosi a letture alternative, gli elementi addotti dall’Accusa a carico dell’ O. in relazione al reclutamento delle due giovani donne.
Il convincimento espresso dal Giudice del riesame, all’esito di una valutazione di merito delle risultanze acquisite, non sembra avere subito il condizionamento negativo di un procedimento induttivo contraddittorio o illogico, ovvero di un esame incompleto e impreciso dei dati di fatto a disposizione, sicchè si sottrae a qualunque rilievo di legittimità.
Le doglianze articolate in ricorso si risolvono in non consentite censure in punto di fatto al discorso giustificativo della pronuncia di riesame e sono, quindi, inidonee ad attivare il sollecitato sindacato di legittimità. Esula, infatti, dai poteri di questa Suprema Corte quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la valutazione dei quali, se non contraddittoria o manifestamente illogica, deve rimanere prerogativa esclusiva del giudice a quo. Non può certo integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, anche se per il ricorrente più adeguata, valutazione del materiale d’indagine acquisito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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