Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-12-2010) 21-01-2011, n. 2217 Giudizio d’appello sentenza d’appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza del 17.6.10 il Tribunale di Napoli, sezione riesame, dichiarava inammissibile l’appello proposto da C.C. (indagato per concorso, con B.F. e Ca.Ca., in concussione commessa in qualità di funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Napoli 4) contro l’ordinanza con cui il 20.4.10 il GIP dello stesso Tribunale aveva respinto la richiesta di sostituzione o di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari con altra meno afflittiva.

Ricorreva personalmente il C. contro detta ordinanza, di cui chiedeva l’annullamento per un solo articolato motivo con il quale lamentava vizio di motivazione nella parte in cui la gravata, pronuncia non aveva esplicitato i concreti elementi da cui desumere la possibilità di reiterazione del reato, commesso in concorso con i funzionali autori della verifica fiscale, senza i quali non avrebbe mai potuto commettere concussioni analoghe a quelle per cui era sotto processo;

inoltre, i presunti correi B. e Ca. erano stati arrestati e licenziati, il ricorrente non aveva avuto più alcun contatto con loro nè con l’Ufficio (era stato sospeso dal servizio) e nel frattempo le sue stesse mansioni (che già non prevedevano più alcun suo potere direttivo e dispositivo) erano state modificate;

inoltre, era trascorso lungo tempo dalla data di commissione dei reati (marzo 2006) e mancava la prova positiva e specifica dell’ipotizzato periculum in libertate. Quanto al supposto rischio di inquinamento probatorio – proseguiva il ricorrente – esso era escluso dal rilievo che, già da tempo concluse le indagini preliminari, il 6.7.10 si era anche celebrata la prima udienza dibattimentale e che le prove era costituite essenzialmente da intercettazioni telefoniche, documenti relativi a verifiche fiscali, sommarie informazioni delle persone offese che non avevano avuto alcun contatto con il C. e che nulla sapevano del suo presunto coinvolgimento.

1 – Il ricorso è infondato.

Premesso che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme, le motivazioni delle due ordinanze vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr.

Cass. Sez. 2^ n. 5606 del 10.1.2007, dep. 8.2.2007; Cass. Sez. 1^ n. 8868 del 26.6.2000, dep. 8.8.2000; v. altresì, nello stesso senso, le sentenze n. 10163/02, rv. 221116; n. 8868/2000, rv. 216906; n. 2136/99, rv. 213766; n. 5112/94, rv. 198487; n. 4700/94, rv. 197497;

n. 4562/94, rv. 197335 e numerose altre), si noti che il ripristino dello status libertatis dell’odierno ricorrente è stato negato per pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede e per rischio di inquinamento probatorio.

In proposito i giudici del merito, facendo corretta applicazione dell’art. 274 c.p.p., lett. c), hanno desunto, con motivazione immune da vizi logico – giuridici, il persistente pericolo di reiterazione di analoghi delitti dal numero nonchè dalle modalità e dalla gravita dei fatti per cui si procede, tali da porre in risalto la permanente pericolosità sociale del C. suscettibile di esprimersi anche attraverso l’influenza sulle determinazioni dei colleghi in servizio, il che prescinde dalla esatta natura delle nuove competenze che sarebbero affidate al ricorrente ove tornasse al lavoro.

Quanto al pericolo di inquinamento probatorio, è appena il caso di rammentare che anche le sommarie informazioni rilasciate dalle persone offese possono, al momento della verifica dibattimentale, essere inquinate dal successivo intervento dell’imputato, così come il tenore di determinate conversazioni oggetto di intercettazioni telefoniche può essere strumentalmente "aggiustato" da un teste infedele.

Tale rischio di manipolazione d’un compendio probatorio ancora in itinere, in astratto immanente nella formazione in dibattimento della prova e come tale non rilevante a fini di determinazioni cautelari, è stato però in concreto esplicitato dai giudici del merito non mediante generico richiamo alla struttura accusatoria del processo penale, ma attraverso il rinvio alle pregresse attività svolte dal C. per frapporre ostacoli all’accertamento, come esplicitamente riportato nell’ordinanza genetica, circostanza di fatto contro la quale nulla ha concretamente opposto l’odierno ricorrente.

Per il resto, le argomentazioni svolte nell’atto di impugnazione mirano soltanto a sollecitare una nuova delibazione in punto di fatto circa il peso da attribuire agli elementi che militano contro l’adozione di misura meno afflittiva, il che è precluso in sede di legittimità. 2 – In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ex art. 616 c.p.p., consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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