Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-11-2010) 21-01-2011, n. 1958 Misure cautelari; Revoca e sostituzione

Svolgimento del processo e motivi della decisione

quanto segue:

Il TdR di Roma, giudicando su rinvio della prima sezione di questa Corte, ha, con ordinanza del 16.9.201, rigettato l’appello proposto nell’interesse di P.M.O.A. avverso il provvedimento della CdA di Roma che aveva rigettato l’istanza di revoca o sostituzione con AADD della misura custodiale carceraria.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato e deduce illogicità e carenza di motivazione: 1) in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, 2) in relazione alla eccezionale rilevanza ex art. 275 c.p.p., comma 4, 3) in relazione alla mancata concessione degli AADD. Argomenta come segue.

Il TdR esordisce sostenendo non esservi prova della esistenza di un MAE a carico del ricorrente, con ciò trascurando quanto risulta dal faldone "posizione giuridica", che evidenza la presenza di tale documento con riferimento ai delitti ex artt. 422, 575, 576, 577 e 630 c.p..

L’esistenza di detto provvedimento restrittivo rende evidente che il P. non è certo libero di circolare in Europa e dunque non ha concreta possibilità di darsi alla fuga grazie alla necessaria collaborazione tra le polizie del vecchio continente. Il Collegio cautelare poi desume elementi circa la influenza e pericolosità dell’imputato dal fatto che la sua cattura sarebbe stata resa possibile grazie alla collaborazione delle autorità (OMISSIS) e non di quelle (OMISSIS); ciò in essenza di qualsiasi documentazione in atti, attestante sia la richiesta da parte della autorità (OMISSIS) sia il diniego da parte di quelle (OMISSIS).

Quanto al pericolo di inquinamento probatorio, il TdR sembra trascurare che i fatti addebitati al P. risalgono a 37 anni fà, che è intervenuto il rinvio a giudizio, che i testi dell’accusa sono già stati ascoltati in dibattimento. E’ noto, per altro, che il pericolo di inquinamento probatorio deve essere desunto da concrete circostanze di fatto, circostanze che il TdR si guarda bene dall’indicare.

Per altro, il pericolo di inquinamento deriverebbe anche dalla documentazione allegata dalla difesa, documentazione tuttavia inutilizzabile perchè redatta in lingua straniera.

Dunque un atto inutilizzabile fonderebbe il convincimento di pericolosità del P..

Si tratta, per altro di documentazione esibita in difesa dell’imputato e pertanto, per il TdR, il rischio per la acquisizione della prova deriverebbe dall’esercizio del diritto di difesa.

Il TdR poi fa confusione anche con riferimento ai documenti prodotti dalla difesa, tacciando di falsità un documento al posto di un altro.

Irrazionalmente inoltre il pericolo di fuga viene desunto dalle modalità che portarono alla cattura dell’imputato (ancora la mancata pretesa collaborazione delle autorità (OMISSIS)).

In realtà detta esigenza cautelare va desunta da elementi seri e concreti e non può risolversi in una mera presunzione.

Nessun rilievo sostanziale (al di là dal l’utilizzo di mere formule di stile) viene dato, nonostante le indicazioni della sentenza di annullamento, al fattore cronologico.

Come detto, dai fatti sono trascorsi ben 37 anni e la pericolosità dell’imputato va desunta dalla situazione attuale, non da quella dell’epoca.

La eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari viene poi dedotta illecitamente dalla obiettiva gravita dei fatti e dalla personalità del P., ma il profilo di tale personalità viene tracciato con riferimento al suo preteso operato criminale, risalente a oltre tre decenni addietro.

Quanto allo specifico diniego di AADD, esso si fonda evidentemente su di una imprecisa percezione dei termini della richiesta avanzata.

Il TdR evidentemente non ha rilevato che la "Casa dell’amore fraterno" è una struttura pubblica gestita dalla Regione Lazio, una struttura specializzata nell’accoglienza di persone detenute.

Altro equivoco è quello in base al quale la predetta struttura si sarebbe impegnata ad accogliere il P. per il solo periodo di 6 mesi. In realtà 6 mesi costituisce la rata minima anticipata che gli aspiranti sono tenuti a versare e che P. si è impegnato a versare.

In data 23.11.2010 il difensore ha depositato motivi nuovi, con i quali riprende e approfondisce le argomentazioni poste a base del ricorso.

In data 24.11.2010 il predetto difensore ha depositato, in fotocopia, il MAE emesso a carico del P..

Tanto premesso, rileva questo Collegio che la dedotta illogicità del provvedimento impugnato sussiste.

L’ordinanza ricorsa va – conseguentemente – annullata con rinvio al medesimo Tribunale, che procederà a nuovo esame.

Il provvedimento del TdR afferma correttamente che "… l’esigenza di salvaguardare da inquinamento l’acquisizione e la genuinità della prova non si esaurisce con la chiusura delle indagini preliminari.

Ebbero in fatti, a suo tempo, a chiarire le SS.UU. di questa Corte (sent. n. 19 del 1994, ric. De Lorenzo, RV 199396) che le esigenze cautelari tutelate dall’art. 274 c.p.p., lett. a) non riguardano soltanto quelle investigative in senso stretto, ma concernono anche l’acquisizione della prova e la conservazione della sua genuinità.

Pertanto, ai fini della necessità di prevenire, con la misura della custodia in carcere, il persistente e concreto pericolo di inquinamento probatorio, a nulla rileva la circostanza che le indagini preliminari si siano concluse.

Insomma, è evidente che la valutazione del pericolo di inquinamento probatorio va effettuata con riferimento, tanto alle prove da acquisire, quanto alle fonti di prova già individuate (ASN 201013896- RV 246684).

Ma tale valutazione deve avere il carattere – si diceva sopra – della concretezza, cioè deve far riferimento alla precisa fase procedimentale in corso, specie se il dibattimento è iniziato. E ciò anche perchè esiste comunque una differenza tra la tutela della ricerca "libera" delle fonti di prova (propria della fase delle indagini) e la tutela della fonti di prova già acquisite dal PM e che vanno salvaguardate per il loro utilizzo dibattimentale.

Queste seconde, in quanto, appunto, già individuate, sono ovviamente note nella loro identità e nei contenuti, di talchè risulta anche più agevole prefigurarsi scenari di possibili pressioni e/o intimidazioni personali, ovvero di ipotizzabili inquinamenti di tali contenuti.

Viceversa, le espressioni utilizzate al proposito dal TdR sono alquanto ermetiche, posto che esso fa generico riferimento alla complessità del processo e alla pluralità di fonti orali, che – così si esprime il Collegio cautelare – non sono ancora consolidatè. Tale "consolidamento" consiste, evidentemente, nella raccolta in dibattimento delle dichiarazioni dei testi di accusa, dichiarazioni la cui genuinità, secondo l’ordinanza ricorsa, sarebbe posta in pericolo in ragione della posizione di rilievo istituzionale rivestita dall’imputato in (OMISSIS) e, di conseguenza, dei suoi "collegamenti" con persone influenti e in grado di condizionare i testi.

L’affermazione, tuttavia, ha il carattere dell’astrattezza, atteso che, essendo trascorsi quasi quattro decenni dall’epoca dei fatti ed essendo completamente mutato (anche per ragioni anagrafiche) il contesto politico (OMISSIS), occorrerebbe, se non proprio specificare quali testi si ritengano condizionabili ed ad opera di quali soggetti "influenti", almeno verificare se gli elementi ormai acquisti in sede dibattimentale siano tali, per numero e rilevanza, da rendere più o meno probabile che il complessivo quadro probatorio possa esser mutato ad opera delle temute pressioni o intimidazioni. Anche in tal senso andava, evidentemente, interpretato il riferimento alla rilevanza del fattore cronologico indicato nella sentenza di annullamento della prima sezione di questa Corte; ma ad esso il TdR ha fornito una risposta di tipo "formulare", priva di intrinseca significanza.

Anche con riferimento alla mancata collaborazione delle autorità (OMISSIS), il TdR è stato, nel suo provvedimento, assolutamente vago e generico, non consentendo a questo Giudice di legittimità di comprendere in qual maniera le predetta autorità avrebbero negato collaborazione, atteso che, evidentemente, se il P. è stato "consegnato" dalla (OMISSIS), lo stesso trovavasi in quel Paese e non nello stato (OMISSIS).

Quanto alla seconda esigenza cautelare prospettata (quella di scongiurare il pericolo di fuga), premesso che la esistenza del MAE (peraltro informalmente documentata dalla difesa del ricorrente) non appare di per sè circostanza idonea ad impedire che l’imputato si sottragga al processo, va ricordato che, per giurisprudenza delle SS.UU. (sent. n. 34537 del 2001, rie. Litteri, RV 219600), detto pericolo non può essere ritenuto sulla base della presunzione, ove configurabile, di sussistenza delle esigenze cautelari stabilita dall’art. 275 c.p.p., comma 3, nè per la sola gravita della pena inflitta con la sentenza (o, evidentemente, prevista dalla legge), che rappresenta soltanto uno degli elementi sintomatici per la prognosi da formulare al riguardo, la quale va condotta, ancora una volta, non in astratto, e quindi in relazione a parametri di carattere generale, bensì in concreto, e perciò con riferimento a elementi e circostanze attinenti al soggetto, idonei a definire, nel caso specifico, non la certezza, ma la probabilità che lo stesso faccia perdere le sue tracce (personalità, tendenza a delinquere e a sottrarsi ai rigori della legge, pregresso comportamento, abitudini di vita, frequentazioni, natura delle imputazioni ecc), senza che sia necessaria l’attualità di suoi specifici comportamenti indirizzati alla fuga o a anche solo a un tentativo iniziale di fuga.

Al proposito, è evidente, in altre parole, che la obiettiva gravita dei fatti, di per sè, non costituisce un indice significativo della capacità dell’imputato di sottrarsi al processo, ma – essendo correlata a una pari gravita della sanzione applicabile – ben può costituire una forte spinta psicologica a tale condotta. Deve però darsi conto, non solo dell’interesse del soggetto alla fuga, ma anche delle concrete possibilità che egli ha o potrebbe avere di mettere in atto tale ipotizzato proposito. A tal fine, ancora una volta, non può bastare un generico riferimento alla sua posizione sociale nel paese di origine, ma va chiarito se esistano elementi che rendano credibile che tale proposito potrebbe essere portato a esecuzione sul territorio (OMISSIS).

A tal proposito, certamente possono rilevare la eventuale disponibilità di fondi, la possibilità di procurarsi falsi documenti di espatrio, le simpatie di cui potrebbe godere, anche in (OMISSIS), l’imputato presso ambienti politici affini a quello dei quali egli fu espressione e così via.

Da ultimo, va osservato che completamente "fuori quadro" sono le considerazioni sviluppate per negare che la misura carceraria possa essere, in considerazione dell’età e delle condizioni di salute del P., attenuata con la concessione degli AADD. Tale istituto, invero, presuppone, appunto, la fuoriuscita dall’ambiente carcerario e dunque l’impegno del soggetto a rispettare "spontaneamente" i limiti alla sua libertà di movimento, imposti col provvedimento concessivo.

Di conseguenza, motivare il diniego di AA.DD. con considerazioni sulla scarsa capacità "custodiate" della struttura in cui tale misura dovrebbe essere attuata costituisce un controsenso logico, ancor prima che giuridico.

La Cancelleria provvederà alle comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame; manda alla Cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..

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