T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 18-01-2011, n. 369 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espongono gli odierni ricorrenti di essere dipendenti dell’intimata Amministrazione ove sono stati inquadrati nella VI qualifica funzionale a seguito di procedura di mobilità ai sensi dell’art. 199 del d.P.R. 3/1957 esperita per soppressione dell’A.S.S.T., azienda di provenienza.

Riferiscono, ancora, che nell’amministrazione di provenienza percepivano, oltre alle normali voci stipendiali, anche il c.d. "premio industriale", di cui al d.i. del 6.8.1992, e il c.d. "premio di incentivazione" istituito con legge 22.12.1980, n. 873.

Lamentano che all’atto del passaggio nella nuova Amministrazione hanno richiesto, a mezzo diffida e messa in mora notificata il 10.04.1997, la corresponsione delle indennità di cui sopra senza cha a tale domanda sia stato dato alcun seguito.

Deducono, con i motivi di ricorso:

1) Mancata applicazione dell’art. 72, d.lgs. 3.2.1993, n. 29.

Il diritto dei ricorrenti a mantenere la corresponsione di tutti gli elementi componenti la retribuzione all’atto del trasferimento discende dalla la normativa vigente, secondo cui debbono essere fatti salvi i trattamenti economici già percepiti dal pubblico dipendente alla stregua dei contratti collettivi che regolavano il relativo rapporto di lavoro.

2) Divieto di reformatio in pejus.

Il mancato riconoscimento del diritto a percepire una retribuzione non inferiore a quella corrisposta dalla disciolta amministrazione di provenienza si pone in contrasto con il principio generale del divieto di reformatio in pejus della posizione economica dei pubblici dipendenti nel caso di passaggio del dipendente da un" amministrazione all’altra.

3) Orientamento giurisprudenziale – sentenza del TAR Toscana n. 10 del 23.1.1992 e Consiglio di Stato del 23.1.1996.

La giurisprudenza del giudice amministrativo sviluppatasi in occasione di analoghi contenziosi si è espressa nel senso di riconoscere il diritto alla corresponsione delle indennità in parola in ragione del carattere retributivo e pensionabilità delle stesse.

4) Errata e falsa applicazione della legge 24.12.1993, n. 537.

Nel caso in esame non trova applicazione il divieto di cumulo tra assegno personale con l’indennità di amministrazione ora percepita di cui all’art. 58, legge n. 537/1993, che invece riguarda i casi di passaggio di carriera effettuato ai sensi dell’art. 202 del d.P.R. 3/57 e non per i casi di mobilità ex art. 199, quale quello che riguarda i deducenti.

Concludono i ricorrenti chiedendo la declaratoria del diritto alla corresponsione, in aggiunta alle indennità percepite presso l’attuale amministrazione di appartenenza, del "premio industriale" e del "premio di incentivazione", già corrisposti dall’A.S.S.T. prima della mobilità, nella misura e modalità all’epoca vigenti a decorrere dalla data del passaggio alla nuova amministrazione.

Si è costituita l’Avvocatura Generale dello Stato in difesa dell’intimato Ministero, senza spiegare scritti difensivi.

In vista della trattazione nel merito della causa la parte ricorrente ha depositato memoria conclusionale.

Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2010 il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame gli odierni istanti introducono azione di accertamento del diritto a conservare il premio industriale ed il premio di incentivazione in godimento presso l’Azienda Speciale Servizi Telefonici dove prestavano servizio fino al momento in cui sono transitati nei ruoli del resistente Ministero.

Il gravame è infondato alla stregua di consolidati precedenti assunti dalla giurisprudenza amministrativa in materia da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi con riguardo all’odierno contenzioso (cfr., ex multis, Cons. di Stato, Sez. VI, 30 ottobre 2001, n. 5672; 17 febbraio 2004, n. 648; TAR Lazio sezione II bis, 15 marzo 2000, n. 1818; Tar Lazio, sez.III, 6 maggio 2010, n.9948).

È stato, invero condivisibilmente, osservato che il "premio industriale", previsto dall’art. 28 della legge n. 29/70, è un emolumento "commisurato alle responsabilità, ai rischi e ai disagi che derivano dalle funzioni effettivamente espletate" (giusta comma 1, citato art. 28) ed erogabile solo in caso di effettivo svolgimento del servizio. A decorrere dal 1° aprile 1992 nel premio industriale è stato inglobato anche il premio di produzione, già istituito dalla legge 9 febbraio 1979, n. 49 ed è stato attribuito al solo personale inquadrato nelle categorie professionali. Originariamente anche il premio di produzione ex L. n. 49 del 1979 era corrisposto per le giornate di presenza in servizio e non lo era in tutti i casi in cui dai documenti d’ufficio risultasse che la produzione individuale o di gruppo prevista non è stata conseguita per negligenza dell’impiegato o degli impiegati. Pertanto il premio industriale – anche quando ha incorporato il premio di produzione – non ha mai costituito una misura fissa, continuativa da poter includere nel trattamento economico in godimento al momento del trasferimento ad altra amministrazione, ma rappresenta somme, la cui erogazione e la cui quantificazione dipende dalla specifica posizione di ciascun dipendente e dalle contingenti modalità della prestazione. (C. Stato, sezione VI, n. 5672/2001).

Peraltro, anche il "compenso annuale di incentivazione" di cui all’art. 4 della L. n. 873 del 1980, è corrisposto per le giornate di presenza in servizio ed al personale cessato per collocamento in quiescenza, per dispensa o licenziamento a causa di malattia o dimissioni volontarie è corrisposto in relazione al periodo di servizio effettivamente prestato. Il compenso era poi legato, sin dalla data della sua istituzione al premio di produzione, confluito nel premio industriale, ed era legato alla effettività delle prestazioni svolte dai dipendenti durante il servizio, di conseguenza era previsto un meccanismo di riduzione in relazione alla ridotta "produzione".

La delineata natura del premio industriale e del compenso annuale di incentivazione, strettamente connessa alla peculiarità del servizio svolto non consente di ritenere che la corresponsione di detti emolumenti spetti anche nella nuova posizione.

Né a diverse conclusioni si giunge in considerazione della trasformazione del rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni effettuata con il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, come invece sembra asserire la ricorrente.

Come esposto brevemente in fatto, la tesi attorea è incentrata sulla considerazione che l’essere transitati nei ruoli ministeriali in base all’art. 199 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 – a mente del quale era consentito il trasferimento nei ruoli dell’amministrazione richiedente dell’impiegato già appartenente alla carriera direttiva in quanto dotato di particolare competenza in certi servizi – comporta la conservazione oltre che della qualifica di appartenenza, anche del migliore trattamento economico in godimento.

L’assunto sarebbe confortato dalla considerazione che, antecedentemente alla abrogazione dell’art. 12, comma 3, d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 ad opera dell’art. 3, comma 59, L. 24 dicembre 1993, n. 537, vigeva nell’ordinamento un principio generale che salvaguardava il trattamento economico in godimento del pubblico dipendente nei casi di passaggio di carriera di cui all’art. 202 del testo unico degli impiegati civili dello Stato, in quanto: "al personale con stipendio, paga o retribuzione superiore a quello spettante nella nuova qualifica, grado o categoria fossero attribuiti tanti aumenti periodici quanti erano necessari ad assicurare lo stipendio, paga o retribuzione di importo pari o immediatamente superiore a quello in godimento all’atto del passaggio." Secondo la giurisprudenza, tranne sporadiche affermazioni, il principio è sempre stato considerato come avente carattere generale, applicabile non solo nell’ipotesi di cui all’art. 202 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 T.U.I.C.S., ma anche in tutti i casi in cui si verificasse il passaggio del dipendente da una qualifica ad un’altra meno favorevole o da una carriera ad un’altra, sancendone l’applicabilità a tutto il pubblico impiego. (Consiglio di Stato, sez. V, 7 settembre 2001, n. 4681).

I ricorrenti assumono, peraltro, che il principio di cui sopra è rimasto valido anche successivamente all’abrogazione dell’art. 12, d.P.R. n. 1079/1970, sopra richiamato, essendo stato, in sostanza, sostituito dallo speciale assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, nel quale sono destinate a confluire le differenze stipendiali qualora lo stipendio o la retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio fosse superiore a quello spettante nella nuova posizione.

Pertanto, in presenza di tale norma e della conservazione delle più favorevoli disposizioni di legge o dei contratti collettivi ad opera dell’art. 72 del menzionato D.Lgs. n. 29 del 1993, che ha sancito la disapplicazione di tali norme non appena entrino in vigore i nuovi contratti collettivi, stipulati secondo le nuove regole ordinamentali, sarebbe consentito di conservare anche i due emolumenti, in quanto in godimento al momento del passaggio in altra amministrazione, a seguito della soppressione dell’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici con legge 29 gennaio 1992, n. 58.

La tesi non può essere condivisa ad una attenta e compiuta lettura delle disposizioni recate dalla Legge finanziaria per il 1994.

L’art. 3, comma 57, Legge Finanziaria per l’anno 1994 fa riferimento "allo stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione", laddove con il termine "stipendio" deve intendersi il compenso annuo lordo attribuito al dipendente pubblico, mentre con l’espressione "retribuzione" si intende tutti gli emolumenti o indennità corrisposti in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale, e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese (cfr. tra le tante: Corte Cass., Sez. Lavoro, 5 settembre 2003, n. 13010).

L’elemento differenziatore stabilito dalla legge che dà titolo all’assegno personale pensionabile e non riassorbibile è costituito, dunque, dalla pensionabilità dell’emolumento di cui il dipendente è in godimento al momento del passaggio ad altro ruolo o ad altra Amministrazione, caratteristica non ricavabile, come sostiene la deducente, dalla continuatività o dalla fissità dell’emolumento, ma deve essere stabilita dalla legge o da una disposizione contrattuale: occorre, cioè, una qualificazione normativa dell’emolumento come pensionabile.

Nel caso in esame le disposizioni istitutive del premio industriale (L. 9 febbraio 1979, n. 49)e del compenso annuale di incentivazione (L. 22 dicembre 1980, n. 873) non qualificano come pensionabili i due emolumenti, con la conseguenza che, seppure se ne volesse riconoscere il carattere retributivo, non possono essere conglobati nello speciale assegno che consente la conservazione del trattamento economico superiore in godimento al momento del passaggio presso l’Amministrazione ricevente, avvenuto a seguito della soppressione dell’ASST.

Infine, non è invocabile, nel caso che ne occupa, il divieto di reformatio in pejus.

Come noto, il divieto di "reformatio in peius", espressione di un principio generale valido per tutti i dipendenti pubblici, risponde al duplice scopo di non ostacolare la mobilità del personale impiegatizio (art. 202 del D.P.R. n. 3 del 1957, modificato dall’art. 12, terzo comma, del D.P.R. 28 dicembre 1970 n. 1079) e di eliminare gli ostacoli di ordine economico ai fini della progressione in carriera dei dipendenti (art. 1, sesto comma, del D.P.R. 11 gennaio 1956 n. 19; art. 30 del D.P.R. 5 giugno 1965 n. 749; art. 1, quinto comma, del D.P.R. n. 1079 del 1970). Pertanto, in caso di promozione o di passaggio a una superiore qualifica, il raffronto va fatto tra le componenti fisse e continuative delle due retribuzioni complessive fruite dal dipendente prima e dopo la promozione o il passaggio, con esclusione degli emolumenti variabili e/o provvisori, sui quali, per il loro essenziale carattere di precarietà e accidentalità, il dipendente non abbia ragione di riporre affidamento quali fonti di sostentamento stabili e durature per i bisogni usuali della vita (Cons. Stato, Sez. IV, n. 861 del 18 dic. 1986)

Tale beneficio, che mira a salvaguardare il livello della retribuzione conseguita da chi abbia ottenuto un passaggio di carriera, senza alcun ulteriore beneficio, ed è soggetto a riassorbimento con la progressione economica successiva, deve considerarsi esclusivamente circoscritto all’interno del rapporto d’impiego presso le Amministrazioni dello Stato e delle aziende autonome tradizionali, non estendendosi a quei casi in cui l’organismo di provenienza degli interessati sia dotato di una distinta personalità giuridica con autonomia amministrativa, patrimoniale, contabile e finanziaria, poste su di un piano del tutto distinto (cfr. C.Conti, Sez. Contr., n. 55 del 2 ott. 1990).

Pertanto, il divieto di "reformatio in peius" deve ritenersi inapplicabile al personale proveniente dall’Azienda di Stato per i Servizi telefonici (A.S.S.T., azienda statale costituita con r.d.l. 1161925, n. 884, soppressa con L. 2911992, n. 58), avente distinta soggettività giuridica (cfr. gli artt. 6, 23 e 35 del R.D.L. ult. cit.) e non assimilabile quindi ad alcuna delle Amministrazioni dello Stato (cfr., per un caso analogo, C. Conti, Sez. Contr., n. 2029 del 24 nov. 1988).

La circostanza che l’A.S.S.T. avesse personalità giuridica distinta e separata da quella dello Stato nonché autonomia finanziaria (art. 27 R.D.L. 1161925, n. 884 cit.), comporta, pertanto, che i suoi ex dipendenti non possano invocare i benefici economici previsti dall’art. 202 del T.U. D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, che si riferiscono soltanto agli impiegati civili dello Stato ed ai passaggi ad altra qualifica di personale statale già in ruolo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2000, n. 49; 17 febbraio 2004, n. 648).

In conclusione, alla infondatezza delle pretese introdotte con il ricorso in esame consegue la reiezione del ricorso.

Le spese possono essere compensate, atteso che la resistente Amministrazione non ha spiegato attività difensiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n.10394 del 1997, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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