Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-12-2010) 31-01-2011, n. 3335 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso l’ordinanza indicata in epigrafe che, accogliendo l’appello del P.M., ha disposto la misura della custodia in carcere per A.P., ricorre la difesa dell’indagato chiedendo l’annullamento del provvedimento e deducendo il vizio di motivazione perchè, nella scelta della misura, non sono stati valutati correttamente gli elementi che depongono a favore dell’ A. quali l’incensuratezza, la giovane età, il comportamento collaborativo e di conseguenze non sarebbero state compiutamente ponderate le esigenze cautelari,che se adeguatamente individuate, avrebbero consentito di graduare la misura cautelare rendendola aderente alle effettive necessità del caso.

1.1 Il GIP aveva ritenuto che, la giovane età dell’indagato e la sua incensuratezza giustificavano solo la detenzione domiciliare; la motivazione del Tribunale appare,invece, più apparente che sostanziale perchè si basa sulla gravità del fatto e sul pericolo di reiterazione delle condotte illecite ed è inoltre carente riguardo alla necessità di indicare le specifiche e concrete ragioni che hanno fatto individuare nella custodia in carcere l’unico rimedio idoneo a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari.

MOTIVI DELLA DECISIONE 2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 La censura del ricorrente è incentrata, esclusivamente, sulla effettiva sussistenza dell’esigenza della custodia cautelare in carcere, ritenuta dal Tribunale del riesame in contrapposizione al giudizio in precedenza dato dal GIP, che aveva ritenuto sufficiente la misura degli arresti domiciliari.

2.2 Va rimarcato, comunque, che le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), – anche nella formulazione novellata dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, art. 3, – possono essere correttamente dedotte anche dalle sole specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’agente, sicchè nessun profilo di illegittimità può fondatamente ravvisarsi nell’ordinanza impugnata laddove i giudici del riesame, hanno ravvisato in concreto il pericolo di recidivanza, ad onta della formale incensuratezza dell’indagato, nel fatto ch’egli "risulta coinvolto in una rapina e tentata rapina realizzate (a distanza di soli quattro giorni l’una dall’altra) con le stesse modalità, caratterizzate dall’uso delle armi e di strumenti (passamontagna) finalizzati ad accrescere la propria carica intimidatoria, la cui realizzazione ha richiesto pervicacia nell’agire, continuità e diffusività di contatti con gli altri correi ed ha lasciato emergere assoluta indifferenza e spregio verso non solo il patrimonio ma anche l’incolumità fisica delle pp.oo. minacciate con una pistola Da quanto detto discende l’indispensabilità della misura di massimo rigore e l’inidoneità di forme meno afflittive di coercizione personale, in ragione della pessima indole dell’indagato in grado di mettere a segno, con sorprendente risolutezza, una rapina (ciò che è sicuro sintomo di irreprimibile spinta antigiuridica) ed una tentata rapina in danno di esercizi commerciali con l’uso di armi, dal che si inferisce l’assenza di capacità di autocontrollo del ristretto, dal quale cioè non si può in alcun modo attendersi un contegno di puntuale e spontanea osservanza delle prescrizioni connesse alla misura cautelare meno affittiva….". 2.3 Prevedendo infatti l’art. 275 c.p.p., comma 3, prima parte, che "la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata" va ribadito il principio, ripetutamele affermato da questa Corte, secondo il quale, in tema di misure cautelari, l’adeguatezza esclusiva della custodia cautelare in carcere, per quanto specificamente riguarda le esigenze di prevenzione di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) può essere ritenuta soltanto quando elementi specifici, inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità del soggetto indichino quest’ultimo come propenso all’inosservanza degli obblighi connessi di una diversa misura (in termini, ex multis, Sez. 2, sentenza 5699 del 21/10/1997 – 21/11/1997 rv. 209028) e che, sotto tale profilo, la motivazione dell’ordinanza impugnata, relativamente al giudizio di esclusiva adeguatezza della misura applicata della custodia cautelare in carcere, sia compiuta, congrua e logica.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti;

3.1 Inoltre, poichè dalla presente decisione consegue l’esecutività del provvedimento impugnato, manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 norme reg. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 (norme reg. c.p.p.).

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