Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-03-2011, n. 5717 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 15 ottobre 2003, B.G. e l’Europa Invest srl convenivano dinanzi al Tribunale di Arezzo, in funzione di Giudice del Lavoro, l’INPS e la D.P.L. di Arezzo per sentir escludere, in relazione ai rilievi di cui al verbale di accertamento degli ispettori del lavoro del 27.1.2003, la sussistenza verso l’INPS di obblighi contributivi, nonchè, nei riguardi della D.P.L., di Arezzo, dei presupposti per l’applicazione delle sanzioni amministrative. Deducevano, inoltre, che, contrariamente a quanto risultante da detto verbale, il sig. N. era un ragioniere che non era stato assunto alle dipendenze ma che prestava servizi di consulenza amministrativa e contabile a favore della cooperativa.

Costituendosi, l’INPS sosteneva l’infondatezza delle avverse domande atteso che le prestazioni in contestazione erano state rese in condizioni di subordinazione mentre la D.P.L. di Arezzo rilevava l’incompetenza funzionale del Giudice del Lavoro nonchè l’inammissibilità delle domande in quanto gli odierni resistenti non avevano interesse ad un accertamento che non poteva paralizzare il potere sanzionatorio dell’Amministrazione.

Con sentenza n. 509/2003 del 20.11. – 20.12.2003, il Tribunale di Arezzo, in funzione di Giudice del Lavoro, dichiarava, da un lato, inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso nei confronti della D.P.L. di Arezzo e, dall’altro, che, in relazione ai rilievi di cui al verbale di accertamento 27 gennaio 2003, la società ricorrente non aveva obblighi contributivi nei confronti del l’INPS. L’I.N.P.S. proponeva ricorso in appello avverso la predetta sentenza, mentre la D.P.L. di Arezzo, nel costituirsi in giudizio, proponeva appello incidentale in relazione alla dedotta incompetenza funzionale del Giudice del Lavoro (a favore del Giudice civile Ordinario) del Tribunale di Arezzo sulla domanda proposta, attinente a questioni di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 35, comma 7, mentre, nel merito, insisteva sulla natura subordinata del soggetto collaboratore della cooperativa, rispetto al quale erano state affermate le violazioni di cui al verbale ispettivo.

Con sentenza del 29.11 – 7.12.2005, l’adita Corte di Appello di Firenze, Sezione Lavoro, rigettava entrambi i gravami.

A sostegno della decisione osservava, quanto alla competenza, che essa era del giudice del lavoro concernendo la questione in oggetto anche omissioni contributive, sicchè per effetto della vis attractiva stabilita dall’art. 40 c.p.c., comma 3, la cognizione era del medesimo giudice anche in relazione violazioni riguardanti materia non contributiva.

Quanto al merito, riteneva infondate le dedotte violazioni mancando la prova circa la natura subordinata del rapporto di lavoro del sig. N. con la cooperativa Europa Invest.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la Direzione Provinciale del Lavoro di Arezzo con due motivi.

Resistono B.F., in qualità di erede legittimo di B.G., e la Europa Invest soc. Coop. r.l. in persona del suo legale rappresentante, B.F. con controricorso. L’INPS ha apposto procura in calce al ricorso notificato.
Motivi della decisione

Va preliminarmente osservato che parte controricorrente ha fatto presente che in data 27 giugno 2006 e, cioè, ancor prima della notifica del ricorso, era deceduto B.G., ritenuto responsabile delle violazioni amministrative, deducendo, in conseguenza di tale evento, l’estinzione dell’obbligazione e l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse anche nei confronti della società Europa invest, obbligata solidale alla sanzione. La deduzione è fondata, ponendosi in linea con il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, la morte dell’autore della violazione determina non solo l’intrasmissibilità ai suoi eredi dell’obbligo di pagare la somma dovuta per le sanzioni, ma altresì l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato solidale (Cass. n. 2501/2000, Cass. n. 2064/1994). Invero – come rilevato nella citata sentenza n. 2501/2000 – il disposto della L. n. 684 del 1981, art. 7, ("L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi") e quello dell’art. 6, u.c., (secondo cui l’obbligato solidale che ha pagato "ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione") sono espressione del principio della personalità della sanzione amministrativa, che pertanto viene meno (o si estingue) con la morte dell’autore dell’illecito. La L. n. 689 del 1981, art. 7, ripete l’uguale testo della L. 3 maggio 1967, n. 317, art. 4, che è stata la prima legge di depenalizzazione. Questa ultima legge, riferendosi ad illeciti in precedenza costituenti reato, aveva mantenuto il principio penalistico della estinzione del reato e della pena per morte del reo (vedi artt. 150 e 171 c.p.). La successiva L. n. 689 del 1981, ha confermato all’art. 7 la scelta della non trasmissibilità agli eredi della sanzione, aggiungendo all’art. 6, u.c., la previsione del regresso, per l’intero, a favore dell’obbligato solidale che ha pagato, ipotesi non prevista dalla precedente legge di depenalizzazione. Come ancora puntualizzato nella richiamata sentenza alla quale va prestata piena adesione, la previsione del regresso nei confronti del solo "autore" della violazione e non anche degli eredi (sui quali non si trasmette l’obbligazione sanzionatoria), rende evidente che la morte dell’autore incide non soltanto sulla sanzione (cioè sull’obbligazione esterna dell’autore verso l’amministrazione), ma anche nei rapporti interni tra i diversi obbligati, determinando il venir meno dell’obbligazione di rimborso verso l’obbligato solidale che ha pagato. Il disposto dell’ultimo comma dell’art. 6 cit. consente dunque di affermare che l’obbligato solidale per la sanzione amministrativa non è un obbligato sussidiario per l’ipotesi di insolvibilità del condannato, e men che mai per l’ipotesi di pratica difficoltà di identificare l’autore della violazione (come pure ritenuto da alcune sentenze del giudice di legittimità, vedi Cass. n. 4725/2004); nel caso di specie l’obbligato solidale realizza, invece, la figura dell’obbligazione solidale nell’interesse esclusivo di uno solo degli obbligati solidali, e cioè dell’autore della violazione, onde essa, a norma dell’art. 1298 c.c., non si ripartisce nei rapporti interni tra i vari obbligati, restando sempre a carico di debitore principale. Nella solidarietà prevista nell’interesse esclusivo di uno solo degli obbligati solidali, il fatto estintivo dell’obbligazione che attiene all’obbligato principale, produce effetti anche sull’obbligazione del debitore accessorio, che rimane anch’essa estinta. La norma della L. n. 689 del 1981, art. 6, peraltro, non consente neppure di configurare una responsabilità diretta dell’obbligato solidale per culpa in eligendo o in vigilando.

In definitiva, deve ritenersi che la morte dell’autore della violazione determina non solo la intrasmissibilità ai suoi eredi dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per sanzione, ma anche l’estinzione dell’obbligazione a carico dell’obbligato solidale (v. da ultimo, Cass. n. 193/08). Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, l’anno, tuttavia, compensate nei confronti dell’INPS che non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio, nei confronti dei controricorrenti, liquidate in Euro 10,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge. Compensa le spese nei confronti dell’INPS. Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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