Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza della sez. 1^ della CTP di Vercelli n. 189 in data 2.2.2004 – in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla Autoriparazioni di Dondoglio Renzo & C s.a.s. avverso l’atto di classamento con attribuzione di rendita catastale per L. 2.405.000 emesso dall’Ufficio di Vercelli della Agenzia del Territorio -, veniva rideterminata in L. 1.695.000 la rendita catastale di un immobile di proprietà di detta società sito in Comune di (OMISSIS).
Avverso tale sentenza proponeva appello la società denunciando vizi di motivazione, la nullità della notificazione dell’atto amministrativo di classamento, la illegittimità ed infondatezza dell’atto amministrativo emanato dall’UTE di Vercelli e rilevando l’errore materiale nella indicazione della data della sentenza impugnata.
Nel contraddittorio delle parti la sez. 26 della CTR di Torino, con sentenza 19.1.2005 n. 34, dichiarava inammissibile il ricorso in primo grado – avendone rilevato ex officio la tardività ai sensi del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 2, comma 1 -, annullando la sentenza di primo grado e dichiarando assorbite la domanda dell’appellante di correzione di tale sentenza nonchè l’appello incidentale dell’Ufficio.
La sentenza n. 34/2005 della CTR di Torino è stata impugnata per cassazione dalla società che ha affidato il ricorso a quattro mezzi di censura.
Ha resistito l’Agenzia del Territorio con controricorso.
Motivi della decisione
La sentenza della sez. 26A CTR di Torino in data 19.1.2005 n. 34, rilevando ex officio la tardività del ricorso proposto in primo grado, ha ritenuto di non esaminare la questione – dedotta con i motivi di appello – della invalidità della notifica dell’atto di classamento ed attribuzione della rendita catastale eseguito "a mezzo di pubblicazione all’albo pretorio", in quanto estranea al "thema decidendum" come definito in primo grado, non essendo stata "sollevata tempestivamente e ritualmente l’eccezione di illegittimità della notifica……riportata dalla parte ricorrente per la prima volta nella memoria depositata in data 18.1.2002 senza che fosse però rispettato il disposto di cui al D.Lgs n. 546 del 192, art. 24, comma 4 ed ha inoltre ritenuto inapplicabile al caso di specie la L. 21 gennaio 2000, n. 342, art. 74.
Conseguentemente, sul rilievo dell’avvenuto perfezionamento alla data 1.9.1999 della pubblicazione all’albo pretorio del Comune di (OMISSIS) dell’atto di classamento ed attribuzione rendita, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla società in primo grado con atto notificato il 15.11.1999 in quanto tardivo ai sensi del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 21, comma 1. 1. I motivi del ricorso principale La società ha proposto ricorso per cassazione della sentenza del Giudice territoriale deducendo i seguenti motivi:
1-) violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, L. n. 342 del 2000, art. 74, L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 1;
2-) violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 7 avendo omesso i giudici di merito di pronunciarsi sulla validità della notifica;
3-) e 4-) omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su un punto deciso della controversia ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Nelle nove sub-articolazioni del primo motivo (dalla lettera "a" alla lettera "i") la parte ricorrente sostiene che i giudici di secondo grado erroneamente avevano ritenuto intempestivo il ricorso proposto in primo grado: avendo omesso di valutare che nella fattispecie non era intervenuta alcuna valida notificazione dell’atto di classamento (lett. a-b), non essendo stata autorizzata ai sensi dell’art. 150 c.p.c. la notifica per pubblici proclami, e dunque non potendo decorrere da tale pubblicazione il termine di cui al D.Lgs n. 546 del 1992, art. 21, comma 1 (non appare conferente al riguardo la invocazione del disposto del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 21, comma 2 che concerne i termini di impugnazione del silenzio – rifiuto dell’Amministrazione su istanze di rimborso di imposta); avendo omesso di applicare il D.Lgs n. 46 del 1992, artt. 16 e 17 che per le comunicazioni e notificazioni del processo tributario rinviano alla disciplina del codice di procedura civile, con la conseguenza che "l’atto depositato presso l’albo pretorio è da ritenersi imperfetto ed invalido. Quindi inefficace ai fini processuali" (lett. e); avendo omesso di considerare che la notifica dell’atto di classamento nelle forme predette violava il disposto dell’art. 6, comma 1 dello Statuto del contribuente approvato con L. 27 luglio 2000 (lett. d) nonchè il diritto difesa ex art. 24 Cost., essendo stata limitata la consultazione dei dati catastali presso la Casa comunale di (OMISSIS) per un periodo di gg. 30 (lett. e, g), ed altresì il principio di tutela della buona fede e del legittimo affidamento del contribuente (lett. f) ed i principi costituzionali del giusto processo ex artt. 111 e 113 Cost. (lett. i).
Il secondo motivo concerne la censura di attività processuale, per omesso esercizio da parte della CTR dei poteri istruttori officiosi (così almeno sembra doversi interpretare il riferimento normativo al D.Lgs n. 546 del 1992, art. 7) in ordine alla verifica della nullità della notifica dell’atto amministrativo di classamento.
Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia che i Giudici di merito avevano dichiarato tardivo il ricorso introduttivo in primo grado, ritenendo che la relativa notifica si fosse perfezionata il 15.11.199, nonostante "come risulta dalla allegata documentazione…l’UTE di Vercelli ha rilasciato alla ricorrente ricevuta di presentazione del ricorso in data 14.11.1999" e dunque entro il termine perentorio di cui al D.Lgs n. 546 del 1992, art. 21, comma 1.
Con il quarto motivo la società denuncia il vizio motivazionale:
– avendo il Giudice del secondo grado pronunciato l’annullamento della sentenza di primo grado, rilevando invece in motivazione "la nullità della stessa sentenza conseguente alla inammissibilità del ricorso di primo grado";
– essendo stato omesso dalla CTR l’esame di prove documentali determinanti attinenti il deposito del ricorso introduttivo di primo grado.
2. Il controricorso.
La Agenzia del Territorio ha controdedotto rilevando la infondatezza del ricorso in quanto la rimessione in termini prevista dalla L. n. 342 del 2000, art. 74 per la proposizione delle impugnazioni avverso gli atti di classamento ed attribuzione rendita anteriori all’1.1.2000 decorreva dalla data di entrata in vigore della legge (10.12.2000) e pertanto doveva ritenersi tardiva la "integrazione" della impugnazione dell’atto di classamento effettuata con la memoria depositata il 18.1.2002 dalla società nel corso del giudizio di primo grado, con la quale per la prima volta veniva contestata la invalidità della notifica dell’atto impugnato.
3. Valutazione dei motivi.
Il primo motivo è fondato.
La "ratio decidendi" della sentenza impugnata deve essere rinvenuta nella esplicita motivazione in ordine alla omessa pronuncia sulla questione della validità della notifica dell’atto di classamento, avendo ritenuto i Giudici territoriali che la stessa fosse da considerarsi estranea al thema decidendum definito in primo grado in quanto "non sollevata tempestivamente e ritualmente" dalla parte, essendo stata introdotta "per la prima volta nella memoria depositata in data 18.1.2002, senza che fosse però rispettato il disposto di cui all’art. 24, comma 4 della predetta norma", con la conseguenza che appare quindi inapplicabile al caso di specie la normativa introdotta dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74 in tema di notifica di atti attributivi o modificativi delle rendite catastali".
Il Giudice di appello non ha fatto corretta applicazione delle norme contenute nella L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74.
Ai sensi del comma 1 del predetto articolo, a decorrere dall’1 gennaio 2000, gli atti di attribuzione o di modifica della rendita catastale sono efficaci -anche ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la impugnazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1 – soltanto dal giorno della loro notificazione al contribuente. Per gli atti adottati in data anteriore all’1 gennaio 2000, il comma 2 distingue, nel caso in cui la attribuzione o modificazione della rendita sia stata recepita in atti impositivi, gli atti "non divenuti definitivi" (per i quali viene esclusa la applicazione di sanzioni ed interessi relativamente al periodo intercorrente tra la data dell’atto e quella di scadenza del termine di impugnazione come prorogato dallo stesso comma 2) dagli atti "resi definitivi per mancata di impugnazione" (per i quali dispone la rimessione in termine del contribuente legittimalo a proporre ricorso "entro il termine di giorni sessanta dalla data di entrata in vigore della presente legge"); l’art. 74, comma 3 invece, dispone in ordine alla ipotesi in cui gli atti attributivi o modificativi della rendita non siano stati ancora recepiti in atti impositivi, prescrivendo che la notifica degli emanandi avvisi di accertamento o liquidazione recettivi dei valori di rendila costituisce "a tutti gli effetti" anche notifica dell’atto di rendita e che pertanto da essa decorre il termine per la proposizione del ricorso D.Lgs n. 546 del 1992, ex art. 21.
Risulta dalla lettura dello svolgimento del processo della sentenza impugnata che:
l’atto di classamento con il quale l’immobile veniva collocato in categoria D/7 con una rendita catastale di L. 2.405.000, è stato adottato in data anteriore all’1 gennaio 2000 (ed infatti l’atto amministrativo era stato notificato "a mezzo pubblicazione all’Albo pretorio comunale dal 12.7.1999 al 1.9.1999") il ricorso avverso tale atto è stato notificato in data 15.1 1.1999 e nelle more del giudizio è entrata in vigore la L. n. 342 del 2000, pertanto a tale data la rendita – non recepita in atto impositivo – non era ancora divenuta definitiva (l’atto è divenuto definitivo con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado, retroagendo la pronuncia della CTR al momento della introduzione del giudizio di primo grado, e dunque accertando che l’atto di classamento era divento definitivo – anteriormente alla entrata in vigore della L. n. 342 del 2000 – in quanto non impugnato nel termine perentorio D.Lgs n. 546 del 1992, ex art. 21 decorrente dalla pubblicazione all’albo pretorio) la questione relativa alla nullità della notifica dell’atto di classamento ed attribuzione rendita catastale, eseguita, anzichè nelle forme del codice di procedura civile, mediante pubblicazione all’albo pretorio comunale dal mese di luglio al mese di settembre dell’anno 1999, stata introdotta dalla parte ricorrente in primo grado con memoria depositata il 18.1.2002 (ritenuta intempestiva ed irrituale, come si desume dalla criptica affermazione contenuta nella sentenza della CTR di Torino secondo cui non sarebbe stato osservato il disposto del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 24, comma 4).
Tanto premesso la questione in diritto devoluta all’esame della Corte va individuata in relazione:
a) alla applicabilità delle disposizioni della L. n. 342 del 2000, art. 74 anche ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge; b) al coordinamento di tali disposizioni con la pronuncia, in grado appello, della inammissibilità del ricorso in primo grado; c) alla "ricuperabilità" degli ulteriori motivi di impugnazione dell’atto catastale, introdotti in primo grado con memoria integrativa e riproposti con i motivi di appello, come ampliamento del "thema decidendi" consentito dal jus superveniens.
La L. n. 342 del 2000, art. 74 non pone restrizioni alla estensione delle relative disposizioni anche agli atti della Amministrazione finanziaria "non divenuti definitivi" in quanto oggetto di giudizio pendenti alla data di entrata in vigore della legge.
La impugnazione tardiva avverso l’atto di classamento, legittimava pertanto la società a "riproporre" il ricorso avverso tale atto ai sensi del comma 2 prima parte nel caso in cui la rendita attribuita o modificata fosse stata recepita in un atto impositivo non definitivo:
nella specie, tuttavia, tale presupposto difetta in quanto la impugnazione e stata proposta direttamente avverso l’atto di classamento ed attribuzione di rendita.
Esclusa la applicabilità della disposizione del comma 2 relativa agli atti impositivi non definitivi, deve altresì escludersi la applicabilità della medesima disposizione che legittima il contribuente alla proposizione del ricorso, nel termine perentorio decorrente dalla data di entrata in vigore della legge, avverso gli atti di attribuzione o di modificazione delle rendite adottati anteriormente all’1 gennaio 2000 e "divenuti definitivi per mancata impugnazione", non essendo equiparabile, a tali effetti, l’ipotesi di omessa impugnazione a quella di impugnazione proposta oltre il termine perentorio previsto dalla legge, tenuto conto che in quest’ultimo caso la incontestabilità dell’atto amministrativo consegue soltanto alla pronuncia di inammissibilità e che nella specie questa è intervenuta il 10.1.2005 ben oltre la scadenza del termine di impugnazione prorogato dalla legge.
Deve invece ritenersi applicabile alla fattispecie la disposizione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3 in quanto l’elemento presupposto del mancalo recepimento in un atto impositivo dell’atto di attribuzione della rendita catastale (ipotesi che ricorre nel caso di specie), e dunque della non definitività dell’atto, è strettamente correlato alla prescrizione normativa che tali atti catastali dovranno essere portati a conoscenza del contribuente attraverso la notifica dell’atto impositivo, come previsto dall’ultima parte del comma 3 che legittima il contribuente a proporre il ricorso di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3 – id est ad impugnare l’atto di attribuzione della rendita – nel termine perentorio D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 1 decorrente dalla notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione di imposta.
E’ stato precisato da questa Corte, infatti, che "la L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 3 va interpretato nel senso che, qualora la rendita catastale sia stata attribuita entro il 31 dicembre 1999 e l’atto impositivo che la recepisce venga notificato successivamente alla data di entrata in vigore della L. n. 342 cit. (10 dicembre 2000), soltanto con tale notificazione il contribuente acquisisce piena conoscenza di detta attribuzione (laddove, fino al 31 dicembre 1999, era sufficiente l’affissione all’albo pretorio), con la conseguenza che dalla data della notificazione il contribuente è legittimato ad impugnare non solo la determinazione del tributo, ma anche quella della rendita" (Corte cass. 5^ sez. 5.5.2010 n. 10801).
L’intervento legislativo in questione -con specifico riferimento agli atti attributivi o modificativi del valore della rendita, non recepiti, alla data dell’1 gennaio 2000, in atti impositivi – è venuto, quindi, a destituire di rilevanza a fini processuali, la forma di pubblicità – mediante affissione all’albo pretorio – disciplinata dal R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 conv. in L. 11 agosto 1939, n. 1249, come modificata dal D.L. 8 aprile 1948, n. 514, e dal regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, con la conseguenza che, nel caso in cui l’atto di classamento ed attribuzione della rendita catastale sia stato – come nella fattispecie in esame – pubblicato all’albo pretorio anteriormente al 31.12.1999, il termine perentorio per la proposizione del ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3 potrà iniziare a decorrere soltanto dalla data di notifica del primo atto impositivo che tali valori catastali abbia recepito ai fini dell’accertamento o della liquidazione della singola imposta.
Pertanto la CTR di Torino, dall’intempestivo ed irrituale deposito in data 18.1.2002 della memoria difensiva del contribuente nel giudizio di primo grado, ha tratto erroneamente la conseguenza che rimanesse preclusa alla società la possibilità di avvalersi della rimessione in termini ex L. n. 342 del 2000, non considerando, da un lato, che tale memoria difensiva non poteva ritenersi intempestiva rispetto al termine di impugnazione degli atti attributivi o modificativi della rendita – non recepiti in atti impositivi – previsto dalla L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3; dall’altro che la proposizione dell’atto di appello, nella specie, rendeva del tutto superflua la proposizione di un nuovo identico ricorso avverso l’atto catastale già impugnato in giudizio – tanto più che nelle more del giudizio non risultava notificato alcun atto impositivo che assumesse a base dell’accertamento o della liquidazione del tributo i valori della rendita -, avuto riguardo al generale principio di economia dei mezzi processuali che trova espressione costituzionale nella ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2.
Il Giudice territoriale, pertanto, ha errato nel ritenere inapplicabile alla fattispecie concreta la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3 e ad assumere la data di perfezionamento della pubblicazione all’albo pretorio come "dies a qua" di decorrenza del termine perentorio previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1 per la impugnazione dell’alto di classamento e di attribuzione della rendita, pervenendo ad una pronuncia di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado che deve ritenersi violativa della norma di legge indicata.
Una diversa interpretazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3 volta ad escludere dalla rimessione in termini i ricorsi -che in difetto di tale norma sarebbero stati dichiarati inammissibili D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 1 – proposti avverso atti catastali – non recepiti in atti impositivi- adottati anteriormente all’1 gennaio 2000 ed oggetto di giudizi ancora pendenti alla data di entrata in vigore della legge, risulterebbe lesiva del principio costituzionale di eguale trattamento di identiche situazioni, in quanto la statuizione normativa della inefficacia della pubblicazione all’albo pretorio, ai fini della decorrenza del termine perentorio di impugnazione, opera indifferentemente per tutti gli atti attributivi o modificativi di rendita non recepiti in un atto impositivo notificato al contribuente, indipendentemente dalla attuale pendenza di un giudizio. La proposizione del ricorso, con il quale vengono dedotti vizi attinenti al merito del provvedimento, evidenzia, infatti, che la società ricorrente ha avuto piena conoscenza dell’atto impugnato, ma tale circostanza di fatto è rimasta del tutto estranea all’accertamento svolto dal Giudice di appello che ha dichiarato la inammissibilità del ricorso proposto in primo grado riconoscendo, in violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3 la efficacia di "conoscenza legale" dell’atto attributivo di rendita alla pubblicazione del provvedimento presso l’albo pretorio del Comune di (OMISSIS) e ritenendo tardiva la notifica del ricorso effettuata oltre il termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1 calcolato a far data dall’ultimo giorno di pubblicazione.
Può dunque affermarsi il seguente principio di diritto al quale dovrà attenersi il Giudice del rinvio:
"la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3 prevedendo, relativamente agli atti che abbiano comportato attribuzione o modificazione della rendita, adottati entro il 3 dicembre 1999 e non ancora recepiti in atti impositivi dell’Amministrazione finanziaria o degli enti locali, che solo dalla avvenuta notificazione dell’avviso di liquidazione o di accertamento dell’eventuale imposta dovuta sulla base della rendita catastale attribuita, possa iniziare a decorrere il termine per proporre il ricorso di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3 e succ. mod., priva di rilevanza ai fini processuali indicati, la forma di pubblicità degli atti attributivi o modificativi di rendita -mediante affissione all’albo pretorio- come disciplinata dal R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 conv. in L. 11 agosto 1939, n. 1249, come modificata dal D.L. 8 aprile 1948, n. 514, e dal regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, con la conseguenza che, nel caso in cui l’atto di classamento ed attribuzione della rendita catastale -come nella fattispecie in esame- sia stato pubblicato all’albo pretorio anteriormente al 31.12.1999, il termine perentorio per la proposizione del ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3 potrà iniziare a decorrere soltanto dalla data di notifica del primo atto impositivo che tali valori catastali abbia recepito ai fini dell’accertamento o della liquidazione della singola imposta. Pertanto nel caso in cui anteriormente alla data di entrata in vigore della L. n. 342 del 2000 sia stato proposto ricorso avverso l’atto attributivo o modificativo della rendita, non recepito in un atto impositivo, ed il giudizio sia ancora pendente a tale data, non può farsi luogo a pronuncia di inammissibilità del ricorso per essere stato lo stesso notificato oltre il termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1 decorrente dall’ultimo giorno della pubblicazione dell’atto presso l’albo pretorio comunale.
4 Decisione sul ricorso e sulle spese di lite.
Il ricorso, relativamente al primo motivo, trova pertanto accoglimento rimanendo assorbiti gli altri motivi.
La sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR di Torino che, attenendosi all’enunciato principio di diritto, procederà all’esame dei motivi di appello, liquidando, all’esito, anche le spese del presente grado.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, quanto al primo motivo, assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Torino, che attenendosi al principio enunciato in motivazione procederà all’esame del ricorso in appello e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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