SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – Con sentenza del 27.2.2007 il tribunale monocratico di Cosenza, in seguito a opposizione a decreto penale del 4.10.2005, ha condannato … … alla pena di 600 euro di ammenda, siccome colpevole dei seguenti reati:
a) artt. 93 e 95 D.P.R. 380/2001 per aver costruito in zona sismica tre muri di contenimento a gradoni senza darne il prescritto preavviso scritto al competente sportello unico per l’edilizia;
b) artt. 94 e 95 D.P.R. 380/2001 per aver costruito i muri predetti senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione;
(accertati in Colosimi il 26.4.2005).
In particolare, il tribunale ha osservato che il … aveva ottenuto in data 28.9.2005 permesso di costruzione in sanatoria; che dalle risultanze fotografiche e dal compendio testimoniale doveva desumersi che le contravvenzioni contestate erano state commesse in epoca anteriore e prossima a quella del sopralluogo (avvenuto il 26.4.2005); che pertanto non era ancora maturata la prescrizione.
2 – Il difensore del … ha proposto ricorso per cassazione, deducendo in sostanza quattro motivi.
In particolare, lamenta:
2.1 – violazione delle norme processuali che disciplinano la capacità del giudice (art. 33 c.p.p.), laddove il tribunale monocratico, alla udienza dell’8.6.2006, nel provvedere su apposita eccezione del difensore, dopo aver dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio immediato, per inosservanza del termine a comparire, aveva dato mandato alla cancelleria per nuova notificazione del decreto, e aveva inoltre disposto che questo fosse completo di tutte le imputazioni, avendo rilevato che nella copia già notificata mancava il capo b) delle imputazioni contestate nel decreto penale;
2.2 – violazione degli artt. 157, 158 e 160 c.p., nonché dell’art. 192 c.p.p.. Sostiene al riguardo che i reati contestati hanno natura istantanea e si consumano all’inizio dei lavori eseguiti in zona sismica, sicché a nulla rilevava l’accertamento della ultimazione o della permanenza dei lavori stessi. Aggiunge che illegittimamente il giudice di merito ha svalutato come inattendibili e compiacenti le deposizioni dei testi a difesa Colosimo e Muraca, in ordine al tempo di esecuzione dei lavori;
2.3 – ancora violazione dell’art. 192 c.p.p., laddove il tribunale ha soggettivamente interpretatato la deposizione testimoniale resa 1’11.1.2007 dal vicino di casa Mazzei, laddove questi aveva precisato che la costruzione risaliva allo scorso anno (inteso dal giudice come anno 2005);
2.4 – contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione laddove la sentenza impugnata ha valutato il compendio probatorio in ordine al tempus commissi delitti.
Motivi della decisione
3 – Va anzitutto disattesa l’eccezione processuale sollevata col primo motivo di ricorso (n. 2.1).
Con essa, in sostanza, il difensore sostiene che il giudice dibattimentale investito dell’opposizione al decreto penale, una volta rilevata la nullità del decreto dispositivo del giudizio per inosservanza del termine a comparire, doveva rimettere gli atti al g.i.p. per la rinnovazione del decreto, ma non poteva disporre direttamente la rinnovazione della notifica e tanto meno la integrazione del decreto con l’indicazione del capo b) dell’imputazione: non aveva questa capacità ai sensi dell’art. 33 c.p.p.
La doglianza è del tutto infondata.
In caso di nullità della notificazione del decreto dispositivo del giudizio o di inosservanza del termine per comparire, infatti, spetta al giudice del dibattimento disporre la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 143 disp. att. c.p.p., che trova applicazione anche nel processo davanti al giudice monocratico (v. per la stessa ratio decidendi Cass. Sez. Un. n. 28807 del 26.7.2002, Manca, rv. 221999, Cass. Sez. Un. n. 8 del 5.7.1995, P.M. in proc. Cirulli, rv. 201544).
Diverso sarebbe il caso in cui il decreto dispositivo del giudizio o il decreto di citazione diretta a giudizio fosse nullo per un vizio attinente alla formulazione dell’imputazione, come una difettosa enunciazione del fatto contestato e delle norme di legge violate, giacché in tal caso gli atti devono essere restituiti al pubblico ministero, affinché, quale organo dell’azione penale e dominus dell’imputazione, provveda a una corretta enunciazione del fatto reato e delle norme di legge relative.
Questa diversità di cadenze e competenze processuali dipende dalla diverse conseguenze che nei due casi ha l’applicazione del principio stabilito nell’art. 185, comma 3, c.p.p., secondo cui la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato e al grado in cui è stato compiuto l’atto nullo.
E’ chiaro che nel secondo caso ad essere dichiarato nullo è rispettivamente il decreto dispositivo del giudizio (con conseguente regressione degli atti alla udienza preliminare, dove il pubblico ministero può correggere il capo di imputazione ex art. 423 c.p.p. e il giudice può emettere un nuovo decreto dispositivo del giudizio ex art. 429 c.p.p., contenente l’imputazione corretta); ovvero il decreto di citazione a diretta a giudizio (con conseguente regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari, nella quale il pubblico ministero potrà rinnovare e correggere il decreto di citazione diretta). In altri termini, qui la nullità investe l’esercizio dell’azione penale e impedisce un valido passaggio dalla fase delle indagini preliminari o della udienza preliminare alla fase del giudizio (v. Cass. Sez. Un. n. 17 del 10.12.1997, Di Battista).
Nel primo caso invece la nullità colpisce propriamente, non il contenuto del decreto, ma la notificazione del decreto stesso, o per violazione delle norme dettate nella soggetta materia (v. art. 171 c.p.p.), o perché tra la data della notifica e quella fissata per la udienza di trattazione del giudizio non intercorre quel tempo minimo di comparizione stabilito dalla legge a tutela dell’imputato: con la conseguenza che la rinnovazione della notificazione può essere disposta dal giudice del dibattimento, senza regressione alla fase procedimentale precedente. In altri termini, qui la nullità, investendo solo la notificazione della vocatio in jus, non impedisce il valido passaggio del procedimento alla fase del giudizio.
3.1 – Così chiarito che nel caso di specie spettava al giudice del dibattimento disporre la rinnovazione della notificazione, va in secondo luogo precisato che lo stesso giudice non ha provveduto ad alcuna abnorme integrazione della imputazione. Sembra infatti (per quanto risulta dagli atti a disposizione di questa corte) che il capo b) della imputazione mancasse soltanto nella copia del decreto dispositivo del giudizio notificata all’imputato. Sicché, disponendo l’integrazione della imputazione, il giudice non si è indebitamente arrogato il poteri del pubblico ministero, ma è rimasto nei limiti del suo potere-dovere di intervenire nell’ambito delle notificazioni, correggendone i vizi e rimediando alle loro irregolarità e disfunzioni.
Ma se anche si volesse ipotizzare che la mancanza del capo b) della imputazione inficiasse non solo la copia notificata, ma anche l’originale del decreto dispositivo del giudizio (circostanza il cui onere probatorio incomberebbe peraltro sul difensore ricorrente), potrebbe agevolmente replicarsi che nel rito monitorio il decreto dispositivo del giudizio ha carattere totalmente