Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-01-2011) 23-02-2011, n. 6927 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 26.3.2007, il G.U.P. del Tribunale di Cagliari dichiarò entrambi responsabili del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo 1), K. del reato di cui all’art. 416 c.p. (capo 3), nonchè ciascuno di vari reati fine in tema di stupefacenti, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse a T. le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti e con la diminuente per il rito per entrambi – condannò:

K. alla pena di anni 17 mesi 6 di reclusione; T. alla pena di anni 12 di reclusione.

Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame e la Corte d’appello di Cagliari, con sentenza in data 17.3.2010, in parziale riforma della decisione di primo grado, ritenuto l’assorbimento di alcuni capi in altri, determinò la pena per K. in anni 16 mesi 2 di reclusione e per T. in anni 8 mesi 4 di reclusione.

Ricorrono per cassazione i difensori degli imputati.

Il difensore di K.F. deduce:

1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74; non sarebbero stati osservati i parametri di cui all’art. 192 c.p.p.; nessuno dei fatti posti a base della ritenuta sussistenza del vincolo associativo sarebbe idoneo a provarlo; da un lato si afferma che K. avrebbe svolto un ruolo apicale nell’associazione e dall’altro si dimostra che egli si occupava di vendita al dettaglio; le intercettazioni telefoniche non sarebbero idonee a provare l’esistenza dell’associazione per la discrepanza fra le trascrizioni della polizia giudiziaria e quelle del perito e l’impossibilità di attribuire correttamente le voci ai singoli imputati; le frequenza e confidenza dei rapporti sarebbero comunque compatibili con una pluralità di operazioni;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 416 c.p. quale ramo autonomo dell’associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, finalizzata a commettere più delitti di riduzione in schiavitù, tratta di persone, acquisto ed alienazione di schiavi, induzione, favoreggiamento, sfruttamento della prostituzione; non vi sarebbero elementi idonei a provare l’adesione al pactum sceleris o un contributo causale apprezzabile alla realizzazione del programma criminoso; le intercettazioni non integrerebbero un quadro indiziario sufficiente. Il difensore di T.L. deduce:

1. violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 in quanto la valutazione del ruolo dell’imputato indurrebbe ad escludere che lo stesso fosse legato ad un’associazione ed avesse una posizione nella struttura organizzativa della stessa; la sentenza di primo grado era contraddittoria laddove attribuiva a T., pur ritenuto associato un ruolo limitato nel tempo e relativo solo ad incarichi specifici; le intercettazioni da cui emergeva la volontà dell’imputato di attivare traffici autonomi sono state interpretate come segno di livello di autonomia elevato anzichè insufficienza di elementi circa la consapevolezza dell’imputato di far parte dell’associazione; a fronte delle doglianze svolte la Corte territoriale si è limitata ad indicare una serie di intercettazioni, ma tali prove sarebbero equivoche stante al difformità fra trascrizioni della polizia giudiziaria e quelle effettuate dal perito; il nome dell’imputato L. è assonante con quello di un coindagato (tale " L.") ed il G.U.P. gli aveva attribuito anche conversazioni tenute da " G." e " L.", mentre il suo contributo sarebbe stato del tutto occasionale; la sua condotta avrebbe dovuto essere perciò ricondotta solo al concorso nei reati fine;

2. violazione di legge in relazione all’entità della pena inflitta, pur a fronte dello stato di incensurato e delle sue condizioni socio economiche.

Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di K. ed il primo motivo proposto nell’interesse di T. sono manifestamente infondati, generici e svolti al di fuori dei casi consentiti.

Anzitutto va ricordato che è possibile prospettare in sede di legittimità una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile. (Cass. Sez. 2 sent. n. 38915 del 17.10.2007 dep. 19.10.2007 rv 237994).

In secondo luogo le doglianze circa la incertezza degli elementi di prova derivanti dalle intercettazioni, dalle difformità fra le trascrizioni di polizia giudiziaria e quelle peritali e della errata attribuzione a T. delle conversazioni effettuate da altri soggetti sono generiche, non essendo le stesse indicate con precisione e non essendo indicato l’aspetto di decisività degli eventuali travisamenti dei fatti. Tale genericità era del resto già stata segnalata nella sentenza d’appello.

In terzo luogo la Corte territoriale ha elencato gli elementi da cui ha desunto l’esistenza di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, disponibilità di mezzi finanziari per l’acquisto di droga, per pagare i corrieri, autovetture, telefoni cellulari e schede per rendere più difficoltose le attività di contrasto, l’esistenza di una struttura di carattere gerarchico operante nella zona di Olbia, di cui K. era il capo come si evinceva da alcune conversazioni e dal fatto che procurava i difensori ai sodali arrestati. Quanto a T. è stato ritenuto il ruolo di partecipe sia pure con ampia autonomia, sulla scorta di conversazioni richiamate, dalle quali emergeva la esecuzione da parte sua di ordini di K..

Si tratta di apprezzamenti di merito, motivati in modo non manifestamente illogico e quindi insindacabili in questa sede.

Anche il secondo motivo proposto nell’interesse di K. è manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti.

La Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza di un’adeguata struttura con la predisposizione di un appartamento, ove le ragazze fatte immigrare clandestinamente e da avviare alla prostituzione ed il ruolo di K. nella stessa è stato desunto dalle intercettazioni.

Nuovamente si tratta di valutazioni di merito motivate in modo non manifestamente illogico e quindi non sindacabili in sede di legittimità.

Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di T. è manifestamente infondato.

Non vi è alcuna violazione di legge nell’entità della pena posto che la stessa rientra nei parametri edittali.

Neppure può ipotizzarsi un vizio di motivazione sul punto. La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicchè l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 c.p. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n. 117242).

I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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