Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 24-02-2011, n. 7207

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, rigettava l’appello proposto da B.E. avverso l’ordinanza che aveva rigettato la richiesta di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3. Osservava che, il reato associativo ed i reati fine contestati con ordinanza 7/6/2009, procedimento RESET, riguardava fatti avvenuti negli anni 2004 e 2005 e che il delitto associativo era stato contestato come sussistente fino al 2005; ne conseguiva che non potevano retrodatarsi gli effetti della misura cautelare per ricomprendervi anche un fatto avvenuto nel 2006 per il quale l’indagato aveva già subito una carcerazione preventiva di sei mesi. Tra il fatto del 2006 e quelli contestati con ordinanza nel 2009, ma riferiti agli anni 2004 e 2005, non poteva esserci alcuna connessione per la discrasia temporale e per l’estraneità del secondo al contesto associativo. Inoltre l’informativa di reato che riguardava i fatti del 2004-2005 era datata 14/1/2008 e quindi era successiva alla richiesta di rinvio a giudizio per i fatti del 2006 e quindi ai sensi dell’art. 297, comma 3, la retrodatazione non poteva operare per tutti i fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio.

Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato e deduceva violazione di legge e difetto di motivazione in quanto tra i fatti contestati con le due ordinanza vi era connessione qualificata trattandosi del medesimo reato, estorsione, commessi nel medesimo arco temporale e quindi commessi nell’ambito del medesimo progetto criminoso; infatti la connessione doveva essere valutata con riguardo al caso concreto e non in astratto, visto che questa associazione aveva come scopo proprio quello di commettere estorsioni e che nell’informativa per la seconda misura cautelare, era stato inserito anche l’episodio estorsivo del 2006, come un ulteriore elemento di prova della sussistenza dell’associazione. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte in questo caso doveva operare la retrodatazioni in quanto nel corpo della seconda richiesta si faceva esplicito riferimento alla prima ordinanza e sussisteva tra i fatti la connessione qualificata di cui all’art. 12 c.p.p., comma 1.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato.

La decisione n. 14535 emessa dalle Sezioni Unite della Corte in data 19 dicembre 2006, ric. Librato, dep. il 10 aprile 2007, ricostruisce l’intero stato della giurisprudenza di legittimità e costituzionale in merito all’art. 297 c.p.p., comma 3, partendo dalla decisione delle Sezioni Unite del 22 marzo 2005 n. 21957 che aveva disciplinato la fattispecie della decorrenza dei termini di custodia cautelare chiarendo che:

– nel caso di più ordinanze relative al medesimo procedimento, per lo stesso fatto o per fatti diversi, commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza e legati da connessione qualificata, la retrodatazione opera indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti quei fatti (rv. 231057);

– nel caso di procedimenti diversi, se i fatti diversi relativi alle due ordinanze sono legati da una connessione qualificata la retrodatazione opera se i secondi erano desumibili dagli atti del primo procedimento prima del rinvio a giudizio (rv. 231958);

– nel caso di più ordinanze emesse nello stesso procedimento per fatti non legati da connessione qualificata, la retrodatazione opera solo se al momento della emissione della prima ordinanza esistevano elementi idonei a giustificare la misura adottata con la seconda.

L’intervento della Corte Costituzionale, che con la decisione n. 408 del 2005 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 297 c.p.p., comma 3, nella parte in cui non si applica anche a fatti diversi non connessi, quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della prima, ha determinato il dubbio che tale principio potesse applicarsi, non solo a fatti diversi relativi allo stesso procedimento ma anche a fatti diversi relativi a diversi procedimenti. La decisione sul punto delle Sezioni Unite del 2007 distingue tra il caso in cui i diversi procedimenti pendono davanti ad autorità giudiziarie diverse, per il quale la retrodatazione non ha alcuna ragione di operare, da quello in cui i diversi procedimenti pendono davanti alla stessa autorità giudiziaria. In questo secondo caso se per i fatti oggetto del secondo provvedimento cautelare il procedimento aveva avuto inizio, o avrebbe dovuto averlo, al momento dell’emissione della prima ordinanza, può ritenersi che l’adozione della seconda misura sia stata il frutto di una scelta del P.M., pur essendo gli elementi già desumibili dagli atti. In tale seconda fattispecie la retrodatazione opera automaticamente se i fatti sono collegati da connessione qualificata, mentre in mancanza di connessione, non giustifica la retrodatazione il fatto che l’ordinanza emessa nel secondo procedimento si fondi su elementi già presenti nel primo visto che in molti casi gli elementi probatori non manifestano immediatamente il loro significato. Pertanto la circostanza che alcuni elementi siano stati in possesso degli organi delle indagini non dimostra che ne avessero individuato la portata probatoria, visto che l’elaborazione di alcuni atti di indagine, quali ad esempio le intercettazioni, danno ragione dell’intervallo di tempo trascorso tra l’acquisizione delle fonti prova e l’inizio del procedimento.

In conclusione ritengono le Sezioni Unite, che quando in differenti procedimenti, non legati da connessione qualificata, vengono emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi, e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della prima, opererà la retrodatazione se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione è frutto di una scelta del P.M..

Applicando tali principi al caso di specie deve rilevarsi che tra i fatti non si ravvisa una connessione qualificata in quanto l’estorsione del 2006 è stata commessa dopo la fine dell’operatività del rapporto associativo individuato nella contestazione fino al 2005. I due procedimenti pendono davanti alla stessa autorità giudiziaria ma sono distinti, e dagli atti relativi alla prima ordinanza non erano desumibili i fatti di cui alla seconda ordinanza, visto che la relazione di servizio che ha denunciato i reati della seconda ordinanza è successiva al rinvio a giudizio per il fatto della prima ordinanza. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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