Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-01-2011) 28-02-2011, n. 7601

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Genova in funzione di Giudice del Riesame, con ordinanza del 22 ottobre 2010, ha confermato l’ordinanza del 27 settembre 2010 del GIP del Tribunale di Sanremo con la quale, nell’ambito del procedimento penale a carico di O.S. per il delitto di cui all’art. 612 bis c.p., era stata applicata la misura cautelare personale di cui all’art. 282 ter c.p.p. del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa S. B..

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando quale unico motivo una violazione di legge, ex art. 606 c.p.p., lett. b), con particolare riferimento alla sussistenza del contestato delitto di cui all’art. 612 bis c.p..
Motivi della decisione

1. Il ricorso è, chiaramente, da rigettare.

2. In punto di diritto, giova premettere come questa Corte abbia ripetutamente affermato che, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 612 bis c.p., le condotte di minaccia o molestia debbano essere "reiterate", sì da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima ovvero un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone vicine o, infine, costringere la parte lesa a modificare le sue abitudini di vita (v. da ultimo, Cass. Sez. 5^ 22 giugno 2010 n. 34015).

Il termine "reiterare" denota, in sostanza, la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza.

Se ne deve evincere, dunque, che anche due condotte siano sufficienti a concretare quella reiterazione cui la norma subordina la configurazione della materialità del reato.

In fatto, questa volta, nel caso di specie dall’incontestata enunciazione dello svolgimento dei fatti contenuta nel provvedimento impugnato si evince come gli atti di molestia e minacce, benchè contenuti nell’arco di tempo di pochi giorni (20-22 luglio 2010), siano stati in ogni caso reiterati, a partire da telefonate e poi dall’appostamento sotto la casa del padre della parte lesa nonchè dall’ulteriore molestia attraverso il citofono dell’abitazione e ancora mediante conversazione telefonica.

La pretesa mancanza di contenuto molesto o minatorio, in quanto posto in essere dall’imputato, risulta, inoltre, smentita dal contenuto dell’annotazione di servizio della Polizia del 20 luglio 2010 nonchè dalla relazione dei Servizi Sociali del successivo 10 agosto 2010 dai quali esce rafforzata la considerazione in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato ascritto.

3. Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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