Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-11-2010) 03-03-2011, n. 8446 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 20 ottobre 2009 la Corte di appello di Catania confermava la sentenza emessa in data 26 maggio 2003 dal Tribunale di Catania con la quale G.S.A. era stato dichiarato colpevole del reato di ricettazione di un ciclomotore, reato accertato in Catania il 26 maggio 2000, ed era stato condannato, ritenuta l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 648 c.p., comma 2, alla pena di mesi sette di reclusione ed Euro 350,00 di multa.

Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce la carenza assoluta di motivazione e il travisamento del fatto avendo il giudice di appello omesso di indicare le ragioni per le quali la versione difensiva era stata ritenuta inattendibile e gli elementi dai quali era stata desunta la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione.

Il ricorso è inammissibile perchè generico e, comunque, manifestamente infondato.

Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che la versione difensiva dell’imputato, il quale aveva sostenuto di aver avuto solo occasionalmente la disponibilità del ciclomotore di provenienza delittuosa che era di proprietà del suocero, è stata dalla Corte territoriale presa in considerazione e ritenuta inattendibile sulla base di argomentazioni specifiche, razionali e immuni da vizi logici.

Infatti il giudice di appello ha osservato che "la tesi della detenzione occasionale da parte del G., non verificabile essendo il suocero, asseritamente proprietario del ciclomotore, deceduto, non appare verosimile. Non è credibile invero che il G., meccanico, dovesse far visionare il veicolo da altro meccanico specializzato in ciclomotori, nè è credibile che il suocero, a dire del G., avesse versato L. 500.000 di acconto prima di conoscere le condizioni del veicolo e non fosse in grado di rintracciare il venditore. Il dato oggettivo è che il ciclomotore era in possesso del G., mentre il fatto che egli avesse visto il ciclomotore per la prima volta solo quella mattina è solo una sua labiale asserzione…". Questa Corte ha più volte, del resto, affermato che la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. sez. 2^ 11 giugno 2008 n. 25756, Nardino; sez. 2^ 27 febbraio 1997 n. 2436, Savie). Nella sentenza impugnata l’assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla legittima acquisizione del ciclomotore si pone, pertanto, come coerente e necessaria conseguenza di un acquisto illecito. Nel ricorso, peraltro, la dettagliata motivazione della sentenza impugnata non viene nemmeno presa in considerazione, limitandosi il ricorrente a ribadire la tesi già esposta nei motivi di appello e confutata, con diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella sentenza impugnata.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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