ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 161 del 2008 proposto dal signor Bugoloni Beniamino, nella sua qualità di consigliere comunale e di capogruppo del Gruppo misto del Comune di Fiavè, rappresentato e difeso dall’avv. Sergio D’Amato ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Franco Busana in Trento, via Suffragio, 122
CONTRO
il Comune di Fiavè (Trento), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Santarelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Trento, via Dordi, 4
e nei confronti
– della signora Aloisi Nicoletta, Sindaco del Comune di Fiavè, non costituita in giudizio;
– del signor Azzolini Marcello, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– del signor Cherotti Fabrizio, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– del signor Filosi Denis, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– del signor Parisi Angelo, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– della signora Zanini Cinzia, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituita in giudizio;
– della signora Calza Claudia, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituita in giudizio;
– del signor Fruner Lucio, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– della signora Berti Manuela, consigliere comunale del Comune di Fiavè, non costituita in giudizio;
– del signor Sordo Firmino, componente della commissione edilizia comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– del signor Zambotti Michele, componente della commissione edilizia comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– del signor Parisi Angelo, componente della commissione edilizia comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– del signor De Bellis Luciano, componente della commissione edilizia comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– della signora Zanini Sonia, componente della commissione edilizia comunale del Comune di Fiavè, non costituita in giudizio;
– del signor Merli Giorgio, Segretario comunale del Comune di Fiavè, non costituito in giudizio;
– del Consorzio dei Comuni trentini, in persona del legale rappresentante, non costituito in giudizio;
– della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Lucia Bobbio e Maurizio Dalla Serra ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura della Provincia in Trento, piazza Dante, 15
per l’annullamento
1. del “verbale del Consiglio comunale di Fiavè assunto nella seduta consiliare di data 21.4.2008, nella parte in cui non è stata accolta la proposta di delibera del Gruppo misto, ex articolo 12 T.U.O.C., punto 17 dell’ordine del giorno, avente ad oggetto
2. della “nota a firma del Sindaco di data 30.4.2008, prot. n. 2349, successivamente pervenuta”;
3. della “deliberazione/atto di approvazione, non conosciuta, del Consiglio comunale di Fiavè di data 26.5.2008 in parte qua avente ad oggetto l’approvazione verbali di data 21.4.2008”;
4. dell’“attestazione del Sindaco di data 26.5.2008 con cui si dà atto dell’approvazione dei verbali di data 21.4.2008”;
5. di “ogni atto presupposto e/o conseguente, ivi compreso, per quanto possa occorrere, il parere non favorevole in ordine alla regolarità tecnico-amministrativa sulla predetta proposta di deliberazione da parte del Segretario comunale di data 7.4.2008, successivamente conosciuto”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 26 febbraio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avv. Sergio D’Amato per il ricorrente, l’avv. Luigi Santarelli per l’Amministrazione comunale e l’avv. Lucia Bobbio per l’Amministrazione provinciale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
F A T T O
1. Il ricorrente espone in fatto di essere stato eletto nella primavera dell’anno 2005 consigliere comunale del Comune di Fiavè con la lista che ha eletto il Sindaco e ottenuto la maggioranza dei seggi. Successivamente è stato nominato assessore comunale e presidente della Commissione edilizia.
Nel mese di dicembre dello stesso anno i cinque consiglieri comunali di minoranza hanno rassegnato le proprie dimissioni e gli aventi diritto alla surroga hanno rinunciato ad assumere l’incarico.
Nel mese di agosto 2007, a seguito di contrasti politici insorti con il Sindaco, il ricorrente ha presentato le dimissioni da tutti gli incarichi ricevuti dallo stesso. Conseguentemente, dopo aver dichiarato di non far più parte della maggioranza e di non aderire più al relativo gruppo consiliare, ha costituito il Gruppo misto unitamente ad un altro consigliere. Ha quindi chiesto che fosse integrata la composizione della Commissione edilizia comunale con il componente della minoranza individuato dal Gruppo misto. In tal senso ha presentato una proposta di deliberazione che il Consiglio comunale, nella seduta del 21.4.2008, non ha approvato sul presupposto che egli era stato eletto nella lista che aveva vinto le elezioni e pertanto non poteva spettargli l’incarico riservato ad un consigliere di minoranza.
2. Con ricorso notificato in data 11 giugno 2008 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 19, l’istante ha impugnato il citato diniego deducendo il seguente articolato motivo di diritto:
– “violazione, in ogni caso errata interpretazione dell’articolo 7 della legge regionale n. 1 del 1993, dell’articolo 12 del testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei comuni della Regione Trentino – Alto Adige, dell’articolo 14 del regolamento edilizio comunale di Fiavè, dell’articolo 5 del regolamento interno del Consiglio comunale di Fiavè; violazione in ogni caso errata interpretazione dell’articolo 4 della legge provinciale 30.11.1992, n. 23; assenza, in ogni caso carenza di motivazione, motivazione contraddittoria, manifesta illogicità e contraddittorietà e conseguente eccesso di potere; violazione del principio costituzionale di divieto di mandati imperativi previsto dagli articoli 67 e 68 della Costituzione”. Il ricorrente rileva innanzitutto che nella commissione edilizia comunale deve essere assicurata la presenza di un consigliere in rappresentanza delle minoranze consiliari. Aggiunge poi che le minoranze elette in consiglio comunale hanno rinunciato a parteciparvi, cosicché le uniche minoranze politiche presenti in Consiglio comunale sarebbero i due consiglieri del Gruppo misto, che ivi assolvebbero un effettivo ruolo di minoranza. In tal senso, assume che la norma invocata, in specie l’art. 12 del testo unico regionale, tornerebbe applicabile del tutto indipendentemente dal risultato delle elezioni, essendo politicamente fisiologico il costante evolversi delle posizioni dei singoli consiglieri e degli equilibri degli schieramenti consiliari.
In via cautelare, con l’atto introduttivo del giudizio il ricorrente ha chiesto la sospensione del provvedimento impugnato.
3. Nei termini di legge si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato.
4. Alla camera di consiglio del 10 luglio 2008, con ordinanza n. 69/08, la domanda incidentale di misura cautelare è stata accolta.
5. Nei termini di legge per l’udienza di merito si è costituita in giudizio anche l’Amministrazione provinciale, anch’essa argomentatamente chiedendo la reiezione del ricorso.
6. Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
D I R I T T O
1. Il signor Beniamino Bugoloni è consigliere comunale del Comune di Fiavè. Nella primavera dell’anno 2005 è stato eletto a tale carica con la lista del sindaco che aveva vinto le elezioni. In seguito, per “insanabili contrasti politici”, ha lasciato il gruppo consiliare di maggioranza che corrispondeva alla lista di elezione per aderire, unitamente ad un altro consigliere, al Gruppo misto, con il quale ha iniziato un’attività di controllo politico e di opposizione al governo del Comune. Ha quindi chiesto di ricoprire nella Commissione edilizia il posto che il relativo regolamento riserva ad un “consigliere nominato dalle minoranze”, ottenendo però dal Consiglio comunale un diniego fondato sul rilievo che egli non apparterebbe alla minoranza elettorale a cui sarebbe riservata la carica nella Commissione edilizia comunale.
2. In via preliminare devono essere affrontate le eccezioni proposte dai difensori delle parti.
2a. La difesa dell’Amministrazione comunale ha eccepito la carenza di interesse al ricorso in capo all’istante sul presupposto che egli aveva già fatto parte della Commissione edilizia su espressa delega del Sindaco, carica dalla quale ha poi presentato le dimissioni volontarie. Tale fatto si porrebbe in contrasto con la successiva, dedotta volontà di far nuovamente parte del nominato organismo consultivo.
L’eccezione non è fondata.
Il ricorrente si era a suo tempo dimesso irrevocabilmente “da ogni carica e/o incarico da lei conferitomi”, come aveva comunicato al Sindaco con la nota del 28.8.2007, a causa dei già menzionati “insanabili contrasti politici” insorti con il primo cittadino. Sicché il consigliere Bugoloni, con un corretto atto di coerenza politica, aveva reputato che fosse suo dovere non ricoprire più le cariche affidategli dal Sindaco e in primis quella ad assessore comunale con la delega fiduciaria di tutte le funzioni in materia urbanistica, cui era connessa la presidenza della Commissione edilizia.
Tutt’altra questione riguarda invece la partecipazione allo stesso organismo come consigliere in rappresentanza delle minoranze, che presuppone non solo un diverso mandato, ma che può se del caso indurre ad assumere un ruolo dissonante rispetto a colui che è chiamato a presiedere la Commissione. Deve quindi concludersi che sussiste l’interesse del ricorrente a dolersi del provvedimento impugnato, che lo ha privato dell’utilità concreta che può conseguire per effetto della pronuncia del Tribunale.
2b. La difesa del ricorrente ha invece chiesto che la costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento, alla quale il ricorso sarebbe stato notificato solo “per conoscenza”, sia dichiarata inammissibile, posto che detto Ente, nella vicenda dedotta, si è limitato ad esprimere un parere facoltativo e non vincolante per l’Amministrazione comunale.
A tal proposito ha richiamato un decisione del Consiglio di Stato (sez. V, 2.3.1999, n. 211) la quale ha affermato che nei confronti di una Regione, che aveva espresso un parere facoltativo sull’opportunità di seguire una certa procedura da parte di un’azienda sanitaria, non fosse configurabile alcun obbligo di notificazione del ricorso.
A parte la diversità delle due fattispecie, ove si consideri che nella vicenda in esame l’Amministrazione provinciale ha ricevuto la formale notifica dell’atto introduttivo, il Collegio ritiene che non si possa accedere alla tesi del ricorrente a causa del precipuo ruolo che la Provincia autonoma di Trento ricopre in base all’articolo 54, primo comma, n. 5), dello Statuto speciale d’autonomia, ove le è affidata “la vigilanza e la tutela sulle amministrazione comunali”.
In applicazione di tale disposizione statutaria, ed in base a comprensibili esigenze di omogeneizzazione dell’azione dell’Amministrazione provinciale in tale preminente funzione, la Provincia, anche se non patisce nella specie alcun pregiudizio concreto, diretto ed immediato con la rimozione dell’atto impugnato, deve comunque ritenersi portatrice di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento sub iudice, fondato sul parere espresso nella fase istruttoria del provvedimento stesso.
2c. Infine, nell’odierna discussione il difensore di parte ricorrente ha chiesto che sia dichiarata irricevibile l’ultima memoria depositata dalla difesa comunale in quanto non rispettosa del termine stabilito dall’art. 23, comma 4, della legge 6.12.1971, n. 1034, ove si legge che “le parti possono produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza e presentare memorie fino a dieci giorni”.
Per questo aspetto in rito occorre innanzitutto precisare che, per costante giurisprudenza, il termine prescritto deve intendersi composto da giorni “liberi”, in quanto la norma non può che essere interpretata alla luce del criterio generale di cui all’articolo 155 c.p.c., secondo il quale non vanno conteggiati il giorno e l’ora iniziali, computandosi, viceversa, quelli finali.
La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha anche espressamente rilevato che “la citata norma, tuttavia, non qualifica espressamente detti termini come perentori, né afferma che essi siano stabiliti a pena di decadenza, affidando all’interprete il compito di definire le conseguenze derivanti dalla loro inosservanza”. In tal senso ha rilevato che “la giurisprudenza ha seguito un indirizzo interpretativo articolato e complesso, volto ad individuare le conseguenze del mancato rispetto degli indicati termini, distinguendo, in tale prospettiva tra termini per le memorie e termini per le produzioni documentali” (cfr., C.d.S., sez. VI, 13.3.2008, n. 1080). Per queste ultime è stata posta l’attenzione sulla rilevanza del documento in relazione all’oggetto del giudizio e sulla circostanza che esso sia effettivamente collegato con gli atti del procedimento all’origine della controversia, ma anche sul dovere di produzione documentale che grava sull’Amministrazione che, oltretutto, può essere sollecitato d’ufficio dal giudice, il quale, di conseguenza, può dichiarare ammissibili documenti anche non prodotti tempestivamente. All’opposto, il termine per il deposito delle memorie può essere derogato solo in presenza di accordo fra le parti.
Nella specie, pertanto, in difetto di assenso alla produzione tardiva, la memoria depositata in data 16 febbraio 2009 deve ritenersi intempestiva rispetto all’odierna pubblica udienza e come tale inammissibile.
3. Ciò definito, possono essere affrontate le censure di merito.
Occorre premettere, in fatto, che le elezioni comunali si sono svolte in applicazione della normativa del testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali di cui al D.P.R. 1.2.2005, n. 1/L. Per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, fra i quali rientra il Comune di Fiavè, l’art. 1 dispone che il consiglio comunale sia composto da 15 membri e che in detto numero sia compreso il sindaco; l’art. 14 sancisce che l’elezione dei consiglieri comunali si effettui con il sistema maggioritario contestualmente con l’elezione del sindaco; infine l’art. 86 stabilisce che alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha ottenuto il maggior numero di voti siano assegnati i due terzi dei seggi, compreso quello del sindaco.
Nelle ultime elezioni comunali di Fiavè, svoltesi in data 8 maggio 2005, la lista civica “Rinnoviamo con voi” ha ottenuto il maggior numero di voti ed ha pertanto eletto il Sindaco ed altri nove consiglieri, fra i quali il ricorrente. I cinque consiglieri di minoranza sono stati espressi dalla lista “Insieme per Fiavè”.
Pochi mesi dopo l’insediamento della nuova Amministrazione, e precisamente il 27.12.2005, i cinque consiglieri di minoranza hanno rassegnato le loro dimissioni. I non eletti che avrebbero avuto diritto alla surroga dei seggi vacanti hanno peraltro contestualmente presentato la formale rinuncia ad assumere la carica di consigliere comunale. Di conseguenza, da quella data, il Consiglio comunale ha operato con i 10 consiglieri appartenenti al gruppo consiliare “Rinnoviamo con voi”.
Nell’estate dell’anno 2007 il consigliere Bugoloni si è dimesso dalla carica di assessore all’urbanistica, di presidente della Commissione edilizia comunale e dagli altri incarichi ricevuti dal Sindaco e, unitamente al consigliere Claudia Calza, già vicesindaco, ha costituito in data 29 novembre il Gruppo consiliare misto del quale è stato nominato capogruppo.
In questa nuova posizione egli assume di aver intrapreso un’attività di opposizione all’operato dell’Amministrazione in carica ed a supporto di ciò informa di aver presentato un consistente numero di interrogazioni e mozioni, di aver votato in modo contrario alla maggioranza, oltre ad aver impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato sia il provvedimento sullo storno dei fondi di bilancio 2007 che la deliberazione di approvazione del bilancio di previsione 2008 unitamente al bilancio pluriennale 2009-2010 (cfr. documenti n. 10 in atti di parte ricorrente).
4. Così riassunti i prolegomeni della vicenda, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato alla stregua delle plurime censure di violazione di legge dedotte e che vada accolto sulla base delle considerazioni di seguito svolte.
Va innanzitutto osservato che la riportata legislazione regionale in materia di elezione degli organi delle amministrazioni comunali ha introdotto l’elezione diretta del sindaco con il sistema maggioritario, il quale attribuisce un premio di maggioranza alla lista che ha ricevuto la maggioranza relativa dei voti; il che ha indubbiamente semplificato, soprattutto nelle realtà minori, il panorama delle formazioni politiche.
Infatti questa appare la finalità perseguita con il passaggio avvenuto in vari ordinamenti dal sistema elettorale proporzionale, imperniato sui partiti, al sistema maggioritario, imperniato sulle coalizioni.
Tale procedimento permette anche una chiara, iniziale individuazione dei consiglieri appartenenti alla maggioranza rispetto a quelli della minoranza: questi ultimi sono necessariamente coloro che sono stati eletti nelle liste che non hanno appoggiato il nuovo sindaco.
Il Collegio ritiene, tuttavia, che tale posizione dei consiglieri, ben definita alla conclusione delle elezioni, in un’assemblea elettiva avente compiti di indirizzo e di controllo politico, che rappresenta gli interessi generali della comunità, non si debba o si possa cristallizzare nel tempo restando insensibile alle sopravvenute vicende politiche all’interno di essa, in difetto di un’espressa disposizione che detto effetto imponga.
Nella specie la norma che il ricorrente ha invocato per la nomina nella Commissione edilizia comunale prevede espressamente che di detto organismo sia membro “un consigliere comunale nominato dalle minoranze” (cfr. art. 14 del regolamento edilizio del Comune). La stessa costituisce applicazione della norma di portata generale rinvenibile all’art. 12, comma 7, del testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei comuni della Regione, di cui al D.P.R. 1.2.2005, n. 3/L., ove è prescritto che ogni volta che il comune sia chiamato a nominare componenti di commissioni o organismi nell’amministrazione (ma anche propri rappresentanti in enti, commissioni e organismi esterni), e nella rappresentanza comunale siano chiamati a farvi parte anche membri della “minoranza politica”, i relativi rappresentanti debbano essere eletti con il sistema del voto limitato.
Appare allora intuitivo comprendere che, immediatamente a seguito dello svolgimento delle procedure elettorali, i concetti di
Occorre osservare, in proposito, che nello svolgersi dei compiti e delle deliberazioni di un’Assemblea elettiva vi sono plurime decisioni, di differente importanza, e per ciascuna di esse può formarsi una diversa maggioranza e minoranza. In tal senso, possono esservi anche decisioni prese all’unanimità, così come fluttuazioni fra gli schieramenti, come può pure accadere che, su singole questioni, si formi una maggioranza diversa rispetto a quella di governo, in quanto è riconosciuto il voto in dissenso da quello del gruppo politico di appartenenza.
Ma rispetto alle maggioranze e minoranze occasionali, che si possono di volta in volta costituire, deve essere ben distinta la maggioranza e la minoranza “politica” qualificata e stabilizzata.
A detta minoranza politica possono far stabilmente parte anche consiglieri che, sebbene eletti nello schieramento risultato vincitore dalle elezioni, lo abbiano in seguito abbandonato per aderire ad altre forze politiche, o per costituirne di nuove, e che abbiano quindi iniziato un’attività di opposizione rispetto alla maggioranza al governo. Infatti, il principio generale del divieto di mandato imperativo, sancito dall’articolo 67 della Costituzione (e, lo si ricorda, introdotto per eliminare la pratica utilizzata dai partiti politici di farsi rilasciare dai propri eletti, il giorno stesso dell’elezione, lettere di dimissioni non datate per poterle poi utilizzare in caso di dimissioni dal partito), pacificamente applicabile ad ogni assemblea elettiva, assicura ad ogni consigliere l’esercizio del mandato ricevuto dagli elettori – pur conservando verso gli stessi la responsabilità politica – con assoluta libertà, ivi compresa quella di far venir meno l’appartenenza dell’eletto alla lista o alla coalizione di originaria appartenenza.
La menzionata caratteristica della minoranza politica, rispetto a quella elettorale, fa sì che la stessa sia sicuramente più difficile da definire nelle diverse situazioni pratiche e che, come hanno messo in rilievo le difese delle Amministrazioni, possa anche essere usata strumentalmente da tutte le formazioni in gioco.
Le dinamiche politiche che necessariamente si ripercuotono sullo svolgersi dell’operato delle assemblee elettive comunali nel periodo di una consigliatura devono essere dunque esaminate con attenzione, per garantire ad ogni eletto l’effettivo esercizio del munus pubblico in rappresentanza dell’intera comunità e senza vincolo di mandato ed al contempo per evitare passaggi fra le coalizioni di governo e quella di opposizione, e viceversa, che possano essere strumentali rispetto alle finalità che non attengano al solo esplicarsi del libero mandato elettorale.
Di conseguenza, ogni caso di dissociazione da una lista o da una coalizione deve essere suffragato sia da conforme dichiarazione in tal senso, ma soprattutto da successivi e non episodici comportamenti coerenti rispetto alla dichiarazione resa come, ad esempio, il dissenso manifestato su atti di importanza strategica per l’amministrazione del Comune, quale è la votazione sulla delibera di approvazione del bilancio di previsione dell’Ente.
5. In ordine alla vicenda sottoposta all’esame del Tribunale, non si può dubitare che nel Comune di Fiavè il consigliere Bugoloni, anche se eletto nella lista che ha ottenuto la maggioranza dei seggi, sia successivamente transitato nella minoranza consiliare. Status, quest’ultimo, che nessun consigliere ricopriva (e tutt’ora ricopre) visto che la cosiddetta “minoranza elettorale” si era a suo tempo dimessa e gli aventi diritto alla surroga vi hanno rinunciato. Nella vicenda, quindi, non può nemmeno ipotizzarsi alcuna lesione rispetto alle prerogative di coloro che quello status avevano ricoperto sin dal momento dell’elezione.
Dagli atti depositati dalle parti in causa emerge che il ricorrente, successivamente alla presentazione delle dimissioni dal gruppo di maggioranza consiliare e dalle cariche assegnategli dal Sindaco, ha costituito il Gruppo misto unitamente ad un altro consigliere già appartenente alla maggioranza, ma soprattutto che, da allora, ha improntato la sua attività politico – amministrativa in modo coerente con le dichiarazioni rese nell’estate dell’anno 2007, come sopra ricordato al punto 3 e come si legge nell’atto introduttivo del ricorso straordinario contro il bilancio di previsione.
Sempre coerentemente con tale posizione l’istante ha dunque chiesto di ricoprire il posto assicurato nella Commissione edilizia comunale alle minoranze dal combinato disposto dell’art. 14 del regolamento comunale e dell’art. 12 del testo unico regionale sopra ricordati, presentando allo scopo, all’esame del Consiglio comunale, una proposta di deliberazione con la quale chiedeva che fosse sottoposta al voto la sua “elezione” in detta Commissione. Tale proposta è stata peraltro respinta con la delibera impugnata.
Va posto in luce che il Comune non aveva mancato di chiedere un parere alla Regione, alla Provincia e al Consorzio dei Comuni trentini, conseguendo risposte diverse ed opposte fra di loro; l’Amministrazione ha conseguentemente scelto di far proprio il parere della Provincia autonoma, la quale aveva ritenuto che la minoranza consiliare si identificasse sulla base di due requisiti: l’elezione in una lista sconfitta alle elezioni e la concreta ed attuale comunanza di linea politica con la compagine di minoranza.
Le stesse argomentazioni sono state poi ulteriormente sviluppate nella memoria difensiva presentata dalla Provincia nella quale, dopo aver ribadito che la posizione del signor Bugoloni non può essere definita di minoranza, perché non eletto nella relativa lista, aggiunge che la stessa può essere definita “semmai … di opposizione”.
Il Collegio rileva che tale ultima definizione è certamente corretta alla luce della argomentazioni sopra esposte.
Ad esse si deve aggiungere, in linea generale, che l’opposizione è sempre una minoranza, mentre una minoranza non è sempre opposizione. In tal senso, è principio generale del diritto applicabile a tutte le assemblee elettive che le norme e le procedure che l’ordinamento ha posto a garanzia della partecipazione e della tutela delle minoranze debbano ovviamente riguardare l’opposizione.
Con quest’ottica deve quindi essere letto il comma 7 dell’art. 12 del testo unico regionale menzionato, ove specifica che è la “minoranza politica” ad essere titolare del diritto di essere rappresentata nelle commissioni consiliari: è all’opposizione, infatti, che è riservata la funzione di controllo dell’operato della maggioranza nell’interesse oggettivo del buon funzionamento dell’Amministrazione pubblica.
Infine, è necessario aggiungere che alcun giuridico pregio hanno le argomentazioni opposte dalla difesa del Comune, la quale ha asserito che la proposta di deliberazione presentata dal ricorrente, che avrebbe inteso “eleggere” il rappresentate della minoranza, sarebbe stata contraria al regolamento il quale qualificherebbe il membro di minoranza come componente di diritto della Commissione edilizia e solo per gli altri componenti prevede la nomina da parte del Consiglio comunale.
Resta in disparte che tale tesi è stata pacificamente disattesa nei fatti dalla stessa Amministrazione comunale di Fiavè con l’adozione della deliberazione n. 24 del 6.6.2005 quando, ad inizio di consigliatura, aveva costituito la Commissione edilizia nella sua prima composizione. In quell’occasione, in pubblica seduta, l’allora capogruppo di minoranza aveva designato il relativo membro di diritto, così come aveva fatto il Sindaco per la designazione del proprio delegato, erano stati successivamente proposti i nominativi degli altri componenti sui quali l’Assemblea era stata chiamata ad esprimersi con votazione a voto limitato, e quindi il Consiglio comunale aveva deliberato di “nominare” sia i membri di diritto che i membri effettivi.
Ne consegue che non può presentare alcuna rilevanza l’uso aspecifico della terminologia utilizzata dal consigliere comunale Bugoloni nel testo della proposta di deliberazione che aveva sottoposto all’esame del Consiglio, ove a pagina 1 si parla della “nomina di un consigliere di minoranza” mentre a pagina 3 si propone di “eleggere” lo stesso.
Tenuto conto di ciò, occorre osservare che quel documento era stato presentato proprio come una “proposta”, la quale è sempre suscettibile di perfezionamento giuridico – terminologico da parte degli uffici comunali, anche su indicazione del Sindaco qualora sia intenzione dell’Amministrazione approvarla. Tale auspicato e collaborativo comportamento nei confronti dei consiglieri comunali (soprattutto di minoranza, i quali generalmente non dispongono dell’ausilio della struttura amministrativa per la predisposizione delle loro proposte) è stato successivamente posto in essere dallo stesso Consiglio comunale di Fiavè quando, in esecuzione dell’ordinanza cautelare di questo Tribunale, ha adottato la deliberazione n. 27 del 27.11.2008 con la quale, previa la nomina da parte del Gruppo consiliare misto del consigliere Bugoloni, ha preso atto della stessa ad integrazione della composizione della Commissione edilizia comunale, condizionandola però all’esito della pronuncia di merito.
6. In conclusione, per le motivazioni sopra esposte, il ricorso va accolto. Da ciò consegue che il consigliere Bugoloni, designato dal Gruppo misto consiliare quale componente della Commissione edilizia comunale, ha titolo a ricoprire detta carica in rappresentanza della minoranza politica consiliare.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata nel dispositivo.
P. Q. M.
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 161 del 2008, lo accoglie.
Condanna l’Amministrazione comunale di Fiavè al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 5.800,00 (cinquemilaottocento) di cui € 5.000 per onorari ed € 800 per diritti, oltre a I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari a titolo di spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 26 febbraio 2009, con l’intervento dei Magistrati:
dott. Francesco Mariuzzo – Presidente
dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere
dott.ssa Alma Chiettini – Consigliere estensore
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 9 marzo 2009
Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel
N. 75/2009 Reg. Sent.
N. 161/2008 Reg. Ric.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it