Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22-02-2011) 07-03-2011, n. 8919

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di B.A. propone ricorso avverso la sentenza del 30/3/2010 della Corte d’Appello di Roma con la quale è stata confermata la sua condanna per falso giuramento riguardante la mancata assunzione in proprio di obbligazioni contrattuali, lamentando con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) poichè nel gravame respinto non è stata eccepita l’ininfluenza del falso giuramento sulla decisione del giudice civile, come erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado, ma è stata negata la presenza del falso giuramento poichè la parte, pur non disconoscendo la scrittura privata sulla base della quale si è giunti alla formulazione dell’accusa, ne ha contestato l’interpretazione in diritto, vertendo il giuramento prestato su tale elemento, mentre nell’interrogatorio formale l’odierna ricorrente ha confermato le circostanze di fatto emergenti dai documenti.

2. Si lamenta che la Corte di merito non abbia dato rilievo alla mancanza, nel documento prodotto, della firma dell’altro contraente, nonchè omessa motivazione in relazione alle circostanza di fatto secondo cui, a fronte dell’eseguito versamento di una somma di L. 4.450.000, si è ritenuta assunta un’obbligazione di garanzia relativa all’adempimento altrui, e si fornisce una diversa spiegazione alla causale del versamento eseguito, sottolineando che tale pagamento venne effettuato in proprio, poichè obbligata alla conclusione del contratto di locazione in contestazione era la costituenda società, di cui la B. sarebbe stata legale rappresentante.

3. Si lamenta violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) per inosservanza della legge civile, rilevando che il contratto di locazione in oggetto non è stato sottoscritto in calce, ma in margine, a dimostrazione dell’intervenuta approvazione del testo, non della stipula di un contratto, mentre l’altra parte non ha firmato affatto, il che esclude che questo possa essere considerato valido, in quanto prodotto in giudizio non dalla parte che non ha sottoscritto, ma dal suo erede.

Si richiama inoltre il testo dell’accordo, che esclude la presenza di un’obbligazione a concludere il contratto di locazione in capo all’odierna imputata, ma ad attivarsi per farlo concludere alla costituenda società, sicchè la somma versata a garanzia non poteva tendere ad ampliare le obbligazioni assunte, ma solo a garantire l’adempimento di quelle acquisite.

4. Per tali motivi si ritiene assente l’elemento oggettivo del reato contestato, o in subordine di quello soggettivo, sollecitando di conseguenza, l’assoluzione per insussistenza del fatto o perchè il fatto non costituisce reato, o in via gradata, l’accertamento di estinzione del reato per prescrizione, maturata il 20/5/2010, con le conseguenti pronunce sulla provvisionale e sulle spese.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile. Preliminarmente deve rilevarsi che l’esame dei motivi deve circoscriversi a quelli dedotti in atto d’appello, essendo tutte le deduzioni sulla violazione della legge civile contenute in ricorso, basate su elementi di fatto quali le modalità compilative delle scritture poste a base del deferito giuramento, contestati solo in questa fase e conseguentemente inammissibili ex art. 606 c.p.p., comma 3. 2. Inammissibile è altresì la deduzione relativa al preteso errore di diritto sulla legge penale nella quale sarebbe incorso il giudice del merito. Deve sul punto osservarsi che, al fine della sussistenza del reato, è rilevante l’accertamento della falsità della dichiarazione che ha costituito oggetto del giuramento, essendo del tutto indifferenti le questioni deducibili nel giudizio ove la prova è stata deferita. Sicchè, nel concreto non assume alcun rilievo la circostanza che la prova fosse irrilevante nel giudizio civile o che sia stata erroneamente ammessa (Sez. 6, n. 21730 del 12/02/2008, dep. 29/05/2008, imp. Marra, Rv. 240341) poichè il sistema giuridico demanda il controllo sulla ritualità della prova a tutti protagonisti del processo, sicchè il superamento della valutazione della parte che deferisce, del giudice che l’ammette e della parte che deve rendere giuramento, che accetta di prestarlo, risolve ogni successivo rilievo. Ciò per la semplice constatazione che, superati tali sbarramenti, al risultato della prova si demanda l’esito del procedimento, che anche nella specie si è risolto sulla base di quanto attestato dall’odierna ricorrente, conducendo al rigetto della domanda.

Nè risulta contraddittorio in questo procedimento trarre prova della falsità del giuramento dal documento in atti, a fronte dell’assunta decisività pacifica della prova dichiarativa, posto che l’esito del giuramento ha deciso la controversia, come fisiologicamente avviene per effetto delle sue caratteristiche.

3. Il testo dell’accordo sottoscritto dalle parti, la cui firma mai è stata disconosciuta dalla B., denota, contrariamente alla sua dichiarazione giurata, che ella assunse obbligazioni di garanzia, in proprio e per la costituenda società, come è possibile desume dal tenore letterale dell’atto, oltre che dalla sua stessa funzione.

Bisogna rilevare infatti che, con la sottoscrizione di tale accordo, l’odierna ricorrente prendeva in consegna dei locali, per i quali assumeva un impegno futuro di conclusione del contratto di locazione, versando una somma a garanzia della serietà dell’impegno.

L’assunzione di una obbligazione in proprio era fisiologica in un momento, quale quello in cui si sottoscrisse l’accordo, nel quale la società che formalmente avrebbe dovuto assumere la qualifica di conduttrice non era ancora costituita, sicchè in assenza di tale garanzia personale, la controparte si sarebbe trovata a consegnare un bene, in mancanza un interlocutore idoneo ad assumere l’obbligo di restituzione o di pagamento. L’assunzione dell’obbligo di garanzia, non solo emerge dal senso fatto proprio dalle parole, ma risulta del tutto logico nella vicenda contrattuale dedotta.

4. Si assume dalla difesa ricorrente la scarsa chiarezza della formula di giuramento che, richiedendo l’interpretazione, avrebbe indotto la B. a giurare una circostanza vera, diversa da quella ritenuta esistente nel testo. A parte il rilievo che l’equivocità del testo avrebbe dovuto essere eccepita nel corso del giudizio civile e, condurre la parte a non accettare il giuramento, resta il fatto che neppure in questa sede è adombrato il significato alternativo rispetto a quello fatto proprio dal senso del parole, ritenuto dal giudice civile, e dai giudici di merito del procedimento penale, sulla base del quale la B. avrebbe giurato una circostanza diversa e veritiera.

5. Analogamente è assente il lamentato vizio motivazionale, emergendo dalla coerente esposizione dei giudici di merito la valutazione della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato contestato, con esposizione esaustiva, coerente e non contraddittoria.

Per completezza si osserva, con riferimento alla contestata sussistenza del dolo, che a fronte della richiamata completezza di analisi, la ricorrente non deduce neppure in questa fase elementi di fatti idonei ad indubbiare l’esistenza di tale consapevolezza, poichè, come già esposto, evoca ipotetiche alternative interpretative della formula di giuramento contrastate dal senso delle parole espresse, per di più neppure individuate.

6. L’assenza dei vizi evidenziati fondanti il ricorso, conducendo ad un accertamento di inammissibilità originaria dell’impugnazione, per l’assoluta genericità dei motivi, che costituiscono riproposizione dei motivi di appello e non si confrontano con il testo della pronuncia impugnata, o sono espressi con circostanze nuove non evidenziate nei motivi di gravame proposti in precedenza, non consente l’accertamento della causa estintiva del reato (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, imp. De Luca, Rv. 217266).

7. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, processuali, di una somma in favore della cassa delle ammende, ed alla rifusione delle spese di rappresentanza della parte civile in questo grado, importi questi ultimi indicati in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Condanna inoltre la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida nella somma di Euro 2.456, di cui Euro 2.000 per onorari in favore della parte civile F.M..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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