Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-02-2011) 07-03-2011, n. 8914 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 15 aprile 2009, la Corte di appello di Catania confermava la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città con la quale era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.S. per il reato di concorso in corruzione continuata, perchè estinto per prescrizione.

L’imputato era chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 110 c.p., art. 112 c.p., comma 1, n. 2, artt. 319 e 319 bis c.p., per aver, in qualità di consigliere ed assessore del Comune di (OMISSIS) ed in concorso con il Sindaco dello stesso Comune, B.N., ed altri, accettato la promessa e ricevuto, attraverso M.G., la somma di L. 25 milioni per favorire le società Honeywell Bull Italia e C.S.I. nella procedura di appalto-concorso per la informatizzazione degli uffici del Comune.

I giudici di appello avevano confermato la sentenza emessa in prime cure, non ravvisando i presupposti per il proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, alla luce delle dichiarazioni precise e dettagliate rese dai collaboranti L.M. e M. G. in ordine alle tangenti versate all’imputato.

2. Avverso la sentenza emessa in grado di appello, propone ricorso per Cassazione l’imputato, per il tramite dei suoi difensori, deducendo:

– la violazione della L. n. 63 del 2001, art. 26, comma 4, e della L. n. 35 del 2000, art. 1, in relazione all’art. 192 c.p.p., in quanto l’attendibilità delle dichiarazioni, rese dal collaborante M. nel corso delle indagini preliminari e dichiarate utilizzabili a norma del cit. art. 26, non risulterebbe confermata da altri elementi di prova;

– la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza di primo grado, richiamata per relationem dalla sentenza impugnata, per aver ritenuto intrinsecamente attendibili le dichiarazioni del collaborante M., definito stimato professionista, pur sostenendo per altro verso che si tratti di persona poco limpida, disposta ad accantonare qualsiasi scrupolo morale di fronte alla possibilità di guadagno;

– la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e la carenza di motivazione, in quanto la motivazione risulterebbe assolutamente insufficiente o comunque apparente, considerate le questioni sollevate nei motivi di appello;

– la violazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2, e il vizio della motivazione, in ordine al mancato proscioglimento nel merito dell’imputato.
Motivi della decisione

l. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Relativamente ai primi tre motivi di ricorso, è sufficiente qui ricordare che è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ribadito anche da un recente pronunciamento delle Sezioni unite, che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità carenze e vizi della motivazione della sentenza impugnata ovvero nullità processuali, anche assolute e insanabili, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244275).

3. Quanto al mancato proscioglimento nel merito, deve osservarsi che le Sezioni unite ora citate hanno anche affermato che, in base alla regola di giudizio di cui all’art. 129 c.p.p., una volta intervenuta una causa estintiva del reato, può essere pronunciata sentenza di proscioglimento nel merito solo qualora emerga dagli atti processuali "positivamente", senza necessità di ulteriore approfondimento, l’estraneità dell’imputato a quanto contestatogli, con esclusione pertanto del caso di ambiguità probatoria, ex art. 530 c.p.p., comma 2.

Esaminata in quest’ottica la doglianza difensiva, risulta dalla sentenza di primo grado, richiamata per relationem dalla sentenza impugnata, che M.G. aveva reso dichiarazioni auto ed etero-accusatorie in ordine all’episodio delittuoso contestato all’imputato. In particolare, costui aveva dichiarato, nel corso delle indagini preliminari e poi avvalendosi in dibattimento della facoltà di non rispondere, di aver raggiunto un accordo con l’imputato e B.N., Sindaco di (OMISSIS), per l’aggiudicazione dell’appalto per l’informatizzazione degli uffici comunali, versando loro tangenti nella misura del 10% sulla somma di L. 70 milioni relativa alla fornitura dei macchinari e dell’11,5% su ogni mandato di pagamento per i servizi di addestramento e assistenza; e di aver versato le somme in contanti presso l’abitazione del B. e in sua assenza al G.. Quale riscontro a tali propalazioni, i giudici di merito indicavano le dichiarazioni del collaborante L.M., noto imprenditore e uomo politico catanese, rese all’udienza del 19 novembre 1999, che aveva confermato sia l’accordo criminoso e il pagamento delle tangenti sia i nominativi dei percettori dell’illecito compenso.

Parziali ammissioni erano inoltre state fatte dal correo B., limitate tuttavia a confermare l’episodio se non nei termini di una mera offerta di danaro fatta ad alcuni consiglieri comunali per far approvare la delibera di aggiudicazione ed a giustificare le somme ricevute dal M., nella misura però di pochi milioni di Lire, quale pagamento di prestazioni in favore della società di informatica, delle quali peraltro non sapeva specificare nè la natura esatta nè fornire documentazione.

Così ricostruita la vicenda e dovendosi il controllo di legittimità limitare ad un esame prima facie, non si evincono elementi per farsi luogo all’applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2, non sussistendo nel caso in esame la prova evidente (nel senso della sua "constatazione" e non del suo "apprezzamento") dell’innocenza dell’imputato.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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