Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-05-2011, n. 10598 rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La CAN. BI. AS. Laboratorio analisi cliniche Caravaggio s.r.l., esercente attività di prestazione di servizi sanitari, propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, è stato negato alla contribuente il diritto al rimborso di somme versate, per gli anni 1996, 1997, 1998 e 1999, a titolo di IVA assolta su acquisti relativi a beni destinati in modo esclusivo ad attività esente, rimborso richiesto a norma dell’art. 13, parte B, lett. c), della 6^ Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE. Il giudice a quo, premesso che per gli anni 1996 e 1997 la contribuente era decaduta dal diritto al rimborso per tardività della relativa istanza, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, ha ritenuto, per il resto, che la citata norma comunitaria "si riferisce alla successiva cessione dei beni usati nell’attività esente, e non pure agli acquisti, nel senso che, in caso di cessione di un bene, per il quale all’atto di acquisto non era stato possibile detrarre l’IVA, la successiva rivendita deve essere effettuata in esenzione d’imposta". 2. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate resistono con controricorso e propongono anche ricorso incidentale condizionato, al quale a sua volta resiste la CAN. BI. AS. s.r.l..

3. Il Collegio delibera di adottare una motivazione semplificata.
Motivi della decisione

1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, deducendo la novità dell’eccezione, sollevata dall’Ufficio per la prima volta in appello, relativa alla interpretazione della sopra citata norma comunitaria.

Il motivo è infondato, in applicazione del principio secondo il quale nel processo tributario, quando il contribuente impugni il silenzio rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, deve dimostrare che, in punto di fatto, non sussiste nessuna delle ipotesi che legittimano il rifiuto, e l’amministrazione finanziaria può, dal canto suo, difendersi "a tutto campo", non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto: ne consegue che le eventuali "falle" del ricorso introduttivo possono essere eccepite in appello dall’amministrazione a prescindere dalla preclusione posta dal menzionato art. 57, in quanto, comunque, attengono all’originario thema decidendum, fatto salvo il limite del giudicato (Cass. nn. 11682 del 2007, 1133 del 2009, 21314 del 2010). Peraltro, il giudice ha il potere-dovere di applicare, anche d’ufficio, il diritto comunitario (Cass., Sez. un., n. 26948 del 2006).

3. Con il terzo motivo – da esaminare con priorità, attenendo al merito della spettanza del diritto al rimborso -, viene riproposta all’esame di questa Corte la questione della interpretazione dell’art. 13, parte B, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, contestando la conclusione cui è giunto il giudice d’appello.

Il motivo è infondato.

Costituisce, infatti, principio consolidato quello in virtù del quale, in tema di IVA, l’esenzione prevista dall’art. 13, parte B, lett. c), della sesta direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia con ordinanza del 6 luglio 2006, in cause C-18/05 e C-l 55/05, si applica esclusivamente alla rivendita di beni preliminarmente acquistati per l’esercizio di un’attività esentata in forza di detto articolo, in quanto l’IVA versata in occasione dell’acquisto iniziale dei detti beni non abbia formato oggetto di un diritto a detrazione, e non giustifica pertanto il rimborso dell’imposta versata per l’acquisto di beni o servizi destinati in modo esclusivo all’esercizio di un’attività esentata, ancorchè esclusi dal diritto a detrazione, non essendo il diritto al rimborso desumibile neppure dalla sentenza 25 giugno 1997, in causa C-45/95, con cui la Corte si è limitata ad accertare l’inadempimento della Repubblica Italiana agli obblighi derivanti dalla medesima disposizione, senza avallare un’interpretazione diversa da quella successivamente fornita con la predetta ordinanza (Cass., Sez. un., nn. 20752 del 2008, 27207 del 2009 e 355 del 2010, nonchè Cass. nn. 9107 del 2009 e 4629 del 2011).

4. Il rigetto del primo e del terzo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento del secondo motivo (relativo alla tempestività dell’istanza di rimborso), nonchè del ricorso incidentale condizionato.

5. Sussistono giusti motivi, in considerazione del fatto che la questione è stata definita solo con l’intervento della Corte di Giustizia e delle conseguenti pronunce di questa Corte, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi.

Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale.

Compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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