Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-02-2011) 16-03-2011, n. 10700 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20/1/2009, la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del Gup presso il Tribunale di Napoli, in data 28/3/2006, che aveva condannato L.G. alla pena di anni uno, mesi dieci di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa per i reati di falso e ricettazione di patenti di guida.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di nullità della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato personalmente per mezzo di due atti separati.

Con un primo atto deduce violazione di legge e vizio della motivazione dolendosi del mancato riconoscimento delle attenuanti prevalenti.

Con un secondo atto solleva due motivi di ricorso. Con il primo deduce violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità per inosservanza dell’art. 179 c.p.p., comma 1 riproponendo l’eccezione di nullità della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare già sollevata con i motivi d’appello e rigettata dalla Corte territoriale.

Con il secondo deduce manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova con riferimento alla patente di guida intestata a C.G..

Al riguardo si duole che la Corte, pur avendo preso atto delle deduzioni della Polizia scientifica che aveva accertato l’abrasione della lettera "E" della combinazione alfanumerica e la sovrapposizione della stessa lettera con un inchiostro normale, aveva confermato la provenienza del documento dal modulo sottratto presso la M.C.T.C. di Pisa il 12/12/1996, perviene ad una conclusione palesemente illogica fondando l’affermazione di responsabilità su un calcolo probabilistico.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Per quanto riguarda le doglianze circa la non riconosciuta prevalenza delle attenuanti generiche, le censure sono manifestamente infondate in quanto la richiesta è stata avanzata con i motivi d’appello in modo assolutamente generico, risultando, pertanto, inammissibile, ai sensi dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. C).

Per quanto riguarda l’eccezione di nullità della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, la stessa è manifestamente infondata. Al riguardo è opportuno ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, in caso di notifica effettuata a mani di persona convivente del destinatario, come tale indicata nella relazione dell’ufficiale giudiziario, l’eccezione di nullità fondata sull’asserita inesistenza del rapporto di convivenza può essere accolta solo quando il deducente fornisca una prova rigorosa in tal senso. Allo scopo è inidonea la produzione di certificati anagrafici con indicazioni difformi dall’attestazione contenuta nella relata di notifica, considerando che la convivenza rileva anche se temporanea, e che la relativa nozione è comunque diversa da quella di coabitazione (Cass. 1 febbraio 2005, Zaratin; Sez. 5, Sentenza n. 7399 del 06/11/2009 Ud.

(dep. 24/02/2010) Rv. 246092).

Per quanto riguarda le censure relative alla ricettazione della patente di guida, le stesse sono manifestamente infondate la Corte territoriale ha preso in considerazione le argomentazioni sollevate con l’appello e le ha respinte con motivazione congrua e priva di vizi logico-giuridici, come tale incensurabile in questa sede.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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