Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-12-2010) 23-03-2011, n. 11701 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il provvedimento impugnato di cui all’epigrafe, il Tribunale della libertà di Reggio Calabria ha annullato parzialmente l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa da quel Gip nei confronti di P.N. e P.C., indagati di numerose fattispecie di spaccio di sostanze stupefacenti e di partecipazione ad una associazione a delinquere dedita al narcotraffico, limitatamente per il primo ai delitti sub 3 U e 6 Q e per il secondo per i delitti sub 2 SS, 4 U, escludendo l’aggravante della ingente quantità per i capi F e 3 U. Il tribunale ricostruiva la esistenza della compagine associativa, desumendola dagli atti investigativi enunciati nell’ordinanza del Gip, che richiamava; si trattava di una vasta articolazione che rivendeva la droga, acquistata dai fratelli A. e B.D. dal fornitore, certo F., tramite C.N., suocero del D.. sia a Gioia Tauro, luogo di residenza dei due indagati, sia in altre località, mediante una organizzazione articolata in sotto gruppo che diffondeva le sostanze anche in Catanzaro e Crotone, avvalendosi in tali ambiti territoriali di una rete di soggetti, cui lo stupefacente venduto veniva recapitato con corrieri. Le frequentazioni fra gli indagati, attestate dalle indagini, venivano riscontrate dal contenuto di intercettazioni telefoniche e dal linguaggio criptico, non riferibile ad altro se non i suddetti traffici illeciti, e dai sequestri di sostanza. La sistematicità delle condotte dimostravano che nel gruppo vi era una struttura organizzata con divisione di ruoli e mansioni. La riferibiltà delle conversazioni intercettate ai singoli indagati era assicurata o dalla identificazione delle utenze, appunto intestate a costoro o da loro abitualmente utilizzate, dai riferimenti personali rintracciati nelle conversazioni, e dai riscontri effettuati dalla PG mediante servizi di osservazione e controllo.

In relazione alle imputazioni ulteriori, il giudice distrettuale rilevava che nel corso dei colloqui intercettati gli interlocutori facevano uso di un linguaggio incongruo riferendosi alla droga, indicata con termini di uso quali vino auto, camion, da tarare o provare con riferimento a transazioni con scambio di denaro e sussistenza di partite di debito, non giustificate da effettivi commerci aventi ad oggetto i beni menzionati; emergeva dalle conversazioni che gli indagati erano direttamente interessati o erano uno dei soggetti cui gli altri interlocutori facevano riferimento per il reperimento di droga; in particolare i ricorrenti erano persone che collaboravano con i figli B. da cui acquistavano le sostanze da commercializzare nel territorio crotonese. Inoltre il C. era stato adibito per conto dei cognati B. a recuperare i crediti nascenti dal traffico. Tale attività continuativa era sintomo dell’inserimento nella associazione dedita al narcotraffico, in cui rivestivano un ruolo stabile, idoneo al rafforzamento della stessa. Confermava la massima misura custodiale sul presupposto del mancato superamento della presunzione ex art. 274 c.p.p., comma 3.

Con il ricorso, il difensore degli indagati denuncia difetto di motivazione e violazione di legge, poichè il tribunale aveva ritenuto sussistente un grave quadro indiziario riportando pedissequamente quanto esposto nell’ordinanza genetica senza alcuna revisione critica; sottolinea che in relazione ai capi di imputazione non è stato svolto alcun approfondimento ma sono state semplicemente riportate le emergenze investigative senza alcuna riflessione.
Motivi della decisione

Le censure di merito, peraltro non specificate in relazione alle estese motivazioni offerte dal procedimento impugnato, sono inammissibili.

In realtà, i due P. sotto la veste del difetto di motivazione, definita ora mancante ora illogica, introducono censure tendenti ad una rivalutazione del materiale indiziario raccolto, in chiave a sè favorevole.

Va precisato al riguardo che, contrariamente a quanto sostenuto in linea generale nel ricorso, il giudice distrettuale non si è affatto limitato ad un rimando alla ordinanza genetica della misura, ma richiamate per relationem le principali acquisizioni indiziarie relative a ciascuno dei singoli episodi di spaccio contestati ai P., ha indicato, in risposta ai motivi di riesame, le ragioni di merito che rendevano sicura la attribuzione della condotta ai ricorrenti, intercettati nelle conversazioni, sia gli elementi significativi del loro rispettivo coinvolgimento. In particolare, ha precisato che ciascuno dei capi provvisori della imputazione si individua una capacità operativa dei P. e la loro intromissione nei passaggi di stupefacente ed i suoi frequenti contatti con gli altri soggetti interessati alla trattativa ed al rifornimento, di cui erano destinatari finali. Così motivando, con argomentazioni che non presentano manifeste aporie, salti logici o incompletezze, il Tribunale ha esplicato adeguatamente le ragioni della decisione, che in tanto sono soggette al controllo in questa sede di legittimità in quanto attinenti a vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione (Sez. 1, 14-3-1998, n. 1083, riv. 210019).

Il controllo della Corte di legittimità non concerne cioè nè la ricostruzione dei fatti nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e/o la concludenza dei dati probatori (essendo inammissibile in sede di legittimità la prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito), ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6, 1.2.1999, n. 3529, riv.

212565; Sez. 6, 24.10.1996, n. 2050, riv. 206104).

In particolare, il vizio di mancanza o contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato da questa Corte, quando non risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 1, 4.5.1998, n. 1700, riv. 210566).

Per come già detto, detto difetto assoluto di motivazione non è affatto ravvisabile; nè il ricorrente difensore ha apportato censure specifiche sull’invocato vizio, poichè si è limitato a contestare non la mancanza o illogicità del ragionamento, ma invece una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.

Non ha poi alcun rilievo, quanto al reato associativo, che per altri coindagati non sia stata ritenuta soddisfacente la motivazione in punto di partecipazione, con conseguente annullamento con rinvio, poichè in relazione alle posizioni dei due odierni indagati gli elementi rassegnati dal giudice distrettuale mettono in evidenza la loro adesione al contesto sociale, con attività specifiche dirette al consolidamento dello stesso, quale per il C. la condotta di recupero dei crediti e per il N., l’avere assunto un ruolo stabile negli acquisti, avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione, con la coscienza e volontà di farne parte e di contribuire al suo mantenimento.

In conseguenza della ritenuta inammissibilità, i ricorrenti sono da condannare al pagamento delle spese processuali ed alla somma equitativamente determinata in Euro mille da versare alla Cassa delle ammende.

A norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, copia del presente provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è ristretto.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1/ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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