Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La parte ricorrente si duole che il Comune di Orta di Atella abbia disposto, in autotutela, l’annullamento della concessione edilizia n. 274 del 18.9.2000 e le successive varianti n. 1 del 24.9.2004 e n. 2 del 21.9.2005.
Ha pertanto articolato tre motivi con cui deduce la violazione di legge ( L. 241/1990; T.U. 380/2001) e l’eccesso di potere sotto molteplici profili. Conclude per l’accoglimento.
2.- Resiste l’amministrazione. Conclude per la reiezione del gravame.
3.- All’udienza indicata la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
4.- Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
4.1.- L’Ufficio urbanistico del Comune di Orta di Atella ha adottato il provvedimento impugnato sulla base di una articolata motivazione che qui può sintetizzarsi come segue.
L’attività edilizia dei ricorrenti si è sviluppata nel tempo: ad una prima concessione dell’anno 2000 per la edificazione di un fabbricato per uso commerciale (costituito da un piano cantinato, un piano terra, un primo piano ed un piano rialzato), si sono succeduti due varianti.
Con la prima, è stata autorizzata l’edificazione di tre corpi di fabbrica ("ognuno di altezza pari a metri 10 per un volumetria complessiva di mc. 7315,16"); con la seconda, rilasciata il 21.09.2005, "le altezze del fabbricato sono aumentate", così raggiungendo una "volumetria complessiva pari a mc. 11.266,67".
In data 3.11.2008 l’amministrazione comunale ha poi adottato un provvedimento di demolizione di alcune opere.
Quanto alla motivazione dell’atto di annullamento, il provvedimento gravato evidenzia:
nella zona de qua ("produttiva di tipo D3") gli interventi sono subordinati alla preventiva (ex art. 28 NTA) predisposizione di Piani di insediamento produttivo ad iniziativa pubblica, ovvero mediante piani di lottizzazione ad iniziativa privata: pianificazione di dettaglio nella specie mancante e che per le condizioni dei luoghi non può ritenersi "superflua";
– gli indici planovolumetrici prescritti sono risultati "stravolti" dai provvedimenti assentiti;
Ha quindi concluso rilevando una effettiva necessità del ripristino della violata legalità ediliziourbanistica, esigenza resa ancora più viva dal disposto scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche.
4.2.- Con il primo motivo, la parte ricorrente lamenta di aver presentato delle osservazioni, dopo l’avviso dell’avvio del procedimento autocaducatorio, che non sarebbero state recepite nell’atto gravato.
Il mezzo non ha pregio giuridico. L’analitica e puntuale esposizione di tutte le emergenze fattuali e giuridiche contenute nel provvedimento impugnato, lo rende insuscettibile della critica espressa, atteso che la completa disamina amministrativa (tale certamente anche in risposta alle sollecitazioni di parte) esime la p.A. da qualsivoglia necessità di ulteriore indicazione confutativa di elementi apportati dagli interessati.
Con il secondo motivo gli istanti censurano la disfunzione del potere di autotutela in relazione all’interesse pubblico concreto ed attuale, fondativo dell’autoannullamento.
Il rilievo -sviluppato dalla difesa attorea anche nelle successive fasi e da ultimo, all’udienza pubblica- non resiste ad un approfondito esame.
Invero, è dirimente:
La accuratezza evidenziata dalla amministrazione nell’enucleare le gravi illegittimità di una attività edificatoria assentita nel corso del tempo (fra l’anno 2000 e il 2005);
Il conseguente sconvolgimento degli indici edificatori;
L’assenza della previa pianificazione che, va sottolineato, nel caso in esame, si connette al governo di una zona a vocazione produttiva: zona "D3" di "insediamenti produttivi di tipo commerciale e direzionale e servizi";
La sussistenza di un allarmante quadro amministrativo in cui – come si evince dal provvedimento- si è giunti allo scioglimento per infiltrazioni camorristiche del Consiglio Comunale anche per la "commistione dell’attività di indirizzo politico con quella di gestione": il Tribunale, al di là del carattere oggettivamente preoccupante del dato, ritiene che lo stesso concreti, in via immediata, proprio una esemplificazione tipica circa la sussistenza dell’interesse pubblico attuale e concreto che legittima un autoannullamento.
In altri termini, a fronte di un attività edilizia palesemente illegittima, assentita con varianti che la stessa amministrazione non esita, con affermazione vibrata, a definire "di pura urbanistica creativa", la concomitanza di una sana e specifica esigenza di ripristino della legalità non lascia adito a dubbi sul rispetto delle condizioni basiche per l’adozione dell’atto autoannullativo.
La motivazione è quindi completa e convincente, non intaccata, contrariamente a quanto si sostiene con l’ultimo mezzo, dall’inciso che il provvedimento "non avrebbe avuto ancora esecuzione", in quanto è chiaro, dal complessivo asserto motivazionale, che le opere sono state realizzate e su tale dato di fatto si è sviluppata la ponderata scelta della amministrazione di autocaducare, sicchè quell’ultima espressione virgolettata, è solo un refuso, anche visivamente estraneo alla esternazione delle ragioni caducanti.
L’altro aspetto del motivo che preme confutare, è quello relativo alla mancata ponderazione dell’interesse delle attuali parti istanti.
Il Tribunale ritiene infatti che -richiamati i descritti presupposti- alcun affidamento apprezzabile spetti alle stesse.
Innanzitutto, sul piano temporale: posto che, se effettivamente la iniziale concessione edilizia è datata all’anno 2000, le due varianti, fortemente implementative della costruzione, sono ben posteriori giungendo, come sopra ricordato, al settembre 2005, nel mentre già nel 2007 fu adottata una ordinanza di contestazione circa le opere realizzate in difformità dal titolo concessorio.
Ma, soprattutto, è sul piano delle regole operative dell’affidamento che la tutela dei ricorrenti non appare condivisibile.
E’ pur vero che il rilascio di provvedimenti concessori tutela il destinatario degli stessi circa la presumibile legalità del suo agire, ma non può obliterarsi che residua pur sempre un vasto margine accertativo, presidiato dallo statuto della autoresponsabilità: canone di diretta proiezione sia dei principi della solidarietà sociale che dell’art. 27 Cost., posto che tale ultima norma (trascendendo la materia penalistica) affianca al rilievo della colpevolezza quale presidio di garanzia da addebiti incolpevoli, anche quello di stimolo a condotte comunque non intrinsecamente connotate da colpevoli illegalità.
Nel caso in esame, l’ordinaria diligenza, allertata anche dal(l’evidentemente) notorio degrado delle istituzioni burocratiche locali, avrebbe dovuto comportare una attenta vigilanza circa la supina adesione all’accoglimento di una richiesta palesemente eccedentaria dai limiti legali.
Circostanza la cui presenza -si ribadisce- rende l’intera fattispecie inidonea a generale legittimi affidamenti. (Per completezza espositiva si richiamano le responsabilizzanti formule notarili degli atti di compravendita depositati, afferenti ai luoghi di causa, ove puntualmente si attesta che "La parte… dichiara di essere a conoscenza della situazione urbanistica dei cespiti acquistati").
Nel delineato contesto non può quindi certo assumere ad una sorta di scriminante, la presenza di una intensa edificazione che, peraltro, si ignora se legittima o meno e che, come si dovrebbe ritenere sulla base dello stesso ricorso, forse è oggetto di molteplici, necessitati atti di autoannullamento.
In argomento, il Tribunale intende dare seguito alla sua giurisprudenza -mutuata da quella del superiore giudice amministrativo- in base a cui: "A mente dell’art. 9, t.u. ed. costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del p.r.g. che impongano, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio: tali prescrizioni – di solito contenute nelle n.t.a. – sono vincolanti e idonee ad inibire l’intervento diretto costruttivo (cfr. Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625)".
"Corollari immediati di tale principio fondamentale sono: a) che quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento (cfr. Cons. St., sez. V, 1 aprile 1997, n. 300); b) che in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (cfr. Cons. St., sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471); c) l’insurrogabilità dell’assenza del piano attuativo con l’imposizione di opere di urbanizzazione all’atto del rilascio del titolo edilizio" (CdS 3699/2010).
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese di causa possono tuttavia interamente compensarsi, stante la peculiarità della questione.
P.Q.M.
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese di causa interamente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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