Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-06-2011, n. 13338 Contratti agrari: recesso e risoluzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il proprietario di fondo agricolo B. citò in giudizio l’affittuario C. perchè fosse dichiarato risolto il contratto per inadempimento del convenuto. Con altro ricorso il B. chiese che il contratto d’affitto e l’atto aggiuntivo fossero risolti perchè stipulati (dal C. e dall’usufruttuario, tal R.) in frode a sè, nudo proprietario, e contro il suo interesse.

Riunite le cause, il Tribunale di Catanzaro respinse le domande con sentenza poi confermata dalla Corte d’appello dello stesso capoluogo.

Il B. propone ricorso per cassazione attraverso due motivi. Si difende con controricorso il C.. Il ricorrente ha depositato memoria per l’udienza.
Motivi della decisione

Sotto un primo profilo, il primo motivo del ricorso sostiene che tra i diritti dell’usufruttuario rientra quello di concedere il bene in affitto, ma non di mutarne la destinazione economica senza il consenso del nudo proprietario. Siffatto profilo è inammissibile, siccome nel giudizio di merito il ricorrente ha sostenuto che il contratto tra usufruttuario ed affittuario, oltre i patti aggiunti, non erano stati stipulati nel suo interesse e che addirittura essi "si sostanziavano in un accordo in frode alle ragioni di esso B." (cfr. la sentenza a p. 9), senza fare alcun riferimento ai poteri dell’usufruttuario ed all’eventuale violazione delle disposizioni normative a riguardo. In tal senso, dunque, motiva la sentenza, che con una serie di argomentazioni (rispetto alle quali le censure non sono pertinenti) esclude sia la frode, sia il pregiudizio in danno del proprietario.

Anche il secondo profilo, attinente alla nullità del patto aggiunto che consentiva miglioramenti, addizioni e trasformazioni, è inammissibile. Vi si censura il punto della sentenza in cui è dichiarata l’inammissibilità della domanda di nullità per essere stata proposta per la prima volta in appello. Il profilo, però, non è autosufficiente, in quanto il ricorrente non specifica i tempi ed i modi in cui siffatta domanda sarebbe stata proposta.

Per il resto, il motivo contiene considerazioni di fatto, tendenti ad una diversa valutazione del merito della controversia.

Per le stesse ragioni deve essere dichiarato inammissibile il secondo motivo che tende ad ottenere il concreto accertamento della nullità del menzionato patto, attraverso la sua trascrizione e proposta di interpretazione. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5200,00, di cui Euro 5000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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