Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige – Sede di Trento N. 74/2009

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 71 del 2007 proposto dal signor Grandi Domenico, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Maccaferri, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Trento, via Grazioli, 27

CONTRO

la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Maurizio Dalla Serra e Fernando Spinelli ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura della Provincia in Trento, piazza Dante, 15

per l’annullamento

1. della “determinazione n. 523 di data 21.12.2006, comunicata con nota raccomandata a.r. prot. n. 168/5, di data 10.1.2007, pervenuta il 12.1.2007, con la quale il Dirigente del Servizio industria della Provincia autonoma di Trento ha deliberato: <1) di autorizzare, … tramite procedura espropriativa, il piano di acquisizione costituito dalle particelle fondiarie 1294/1, 1294/2 e 1294/6 in C.C. Tenno; 2) di dare atto che ai sensi dell’art. 26 della L.P. n. 6/1999 e s.m. l’adozione del piano di acquisizione di cui al precedente punto 1) equivale alla dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità degli interventi; 3) di dare atto che, ai sensi dell’art. 27 della L.P. n. 6/1999 e s.m., per l’acquisizione dell’area si applicano le norme di cui alla legge provinciale 19 febbraio 1993, n. 6, e s.m.; 4) di assumere l’impegno di spesa pari ad euro 326.339,16 sul capitolo del bilancio provinciale 610500 per l’esercizio finanziario 2006>”;
2. di “ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso”.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 26 febbraio 2009 – relatore il consigliere Alma Chiettini – l’avv. Mario Maccaferri per il ricorrente e l’avv. Maurizio Dalla Serra per l’Amministrazione provinciale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

1. Il ricorrente espone in fatto di essere proprietario di un appezzamento di terreno coltivato a frutteto, tavolarmente individuato dalle pp.ff. 1294/1 e 1294/6, avente una superficie complessiva di mq. 1182 e situato nella zona industriale a nord dell’abitato di Tuenno, fronteggiante un fabbricato polifunzionale di proprietà della Provincia. Urbanisticamente le nominate particelle sono classificate in zona D1, produttiva di livello provinciale, disciplinata dall’articolo 36 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale intercomunale.

2. Con determinazione n. 523 del 21.12.2006 il Dirigente del Servizio industria della Provincia autonoma di Trento ha autorizzato il piano di acquisizione del terreno in questione tramite procedura espropriativa, contestualmente dichiarando l’intervento di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità.

3. Il ricorrente ha impugnato detto provvedimento, meglio specificato in epigrafe, ed a sostegno del ricorso ha presentato le seguenti censure in diritto:

I – “violazione ed erronea applicazione degli articoli 25, 26 e 27 della legge provinciale 13.12.1999, n. 6 – violazione dei principi in materia di espropriazione di pubblica utilità e, in particolare, degli articoli 8, 9, 10, 11 e 12 del D.P.R. 8.6.2001, n. 327 – eccesso di potere per difetto del presupposto e per sviamento, contraddittorietà, illogicità ed irragionevolezza – illegittimità costituzionale”, in quanto l’intervenuta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità difetterebbe di un previo vincolo preordinato all’esproprio. Sebbene l’area de quo sia urbanisticamente classificata in zona produttiva, ciò non sarebbe sufficiente, in assenza di una previsione di carattere attuativo, per attivare un procedimento espropriativo;

II – “violazione dell’articolo 4 della legge provinciale 30.11.1002, n. 23 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, irragionevolezza e carenza di motivazione – mancata comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, travisamento della realtà, illogicità ed ingiustizia manifesta, sviamento di potere”. Si assume che le relazioni tecniche non fornirebbero alcuna dimostrazione circa l’effettiva necessità di acquisire ulteriori superfici per allocare nuovi stabilimenti industriali;

III – “ancora eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifeste – violazione dell’articolo 25 della legge provinciale n. 6 del 1999”. La contigua p.f. 1294/2, di altro proprietario, ma anch’essa interessata dal piano di acquisizione, per una parte risulterebbe urbanisticamente inserita in zona a viabilità: per detta parte non sussisterebbe, quindi, il presupposto della necessaria conformità urbanistica.

Con il ricorso è stata presentata istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.

4. Nei termini di legge si è costituita in giudizio la Provincia intimata confutando le tesi sostenute nel ricorso e chiedendo la reiezione dello stesso perché infondato nel merito.

5. Con ordinanza n. 27, adottata nella camera di consiglio del 22.3.2007, la domanda incidentale di misura cautelare è stata disattesa.

6. In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno presentato memorie illustrative delle rispettive posizioni.

7. Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2009 la causa è stata trattenuta per la decisione.

D I R I T T O

1a. Il signor Domenico Grandi, proprietario per l’intero della p.f. 1294/1 e per metà della p.f. 1294/6, un terreno di complessivi mq. 1182 situato nel territorio del Comune di Tuenno, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la determinazione del Dirigente del Servizio industria della Provincia autonoma di Trento 21.12.2006, n. 523, con la quale è stato autorizzato il piano di acquisizione delle due particelle, tramite procedura espropriativa, e dichiarato l’intervento di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità.

Il fondo in questione, coltivato a frutteto, urbanisticamente risulta così classificato:

* dalla Variante 2000 al Piano urbanistico provinciale, di cui alla L.p. 7.8.2003, n. 7, vigente ratione temporis, quale “area produttiva del settore secondario di livello provinciale”;
* dal piano regolatore generale intercomunale di Cles e Tuenno, approvato con la deliberazione della Giunta provinciale 29.10.2004, n. 2486, e in vigore dal 10.11.2004, in “zona D1 – produttiva a livello provinciale”, disciplinata dall’art. 36 delle norme di attuazione;
* dalla variante al piano regolatore generale riguardante il territorio di Tuenno, definitivamente adottata con la deliberazione del Consiglio comunale 16.11.2005, n. 52, quale “area produttiva di progetto”.

Successivamente alla proposizione dell’atto introduttivo del presente ricorso, il piano regolatore generale intercomunale di Cles e Tuenno è stato modificato con la variante per opere pubbliche approvata con deliberazione della Giunta provinciale 7.9.2007, n. 1930 e con quella successiva approvata con deliberazione della Giunta provinciale 14.11.2008, n. 3030. La destinazione dell’area de quo è rimasta invariata.

1b. L’esame del merito del ricorso conduce al suo accoglimento, peraltro non sulla base delle dedotte censure di violazione di legge (artt. 25, 26 e 27 della L.p. 13.12.1999, n. 6), bensì di quelle di difetto di istruttoria e di motivazione.

2. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione della normativa provinciale per il sostegno all’economia di cui alla già menzionata L.p. n. 6 del 1999, oltre che dei principi in materia di espropriazione per pubblica utilità. Al riguardo si assume che la procedura di acquisizione posta in essere dall’Amministrazione sarebbe illegittima in assenza di una valida previsione pianificatoria che avrebbe dovuto assoggettare il bene ad un vincolo preordinato all’esproprio. Ad avviso dell’istante non sarebbe sufficiente la circostanza che i terreni siano classificati nell’ambito delle zone produttive per addivenire al loro esproprio, in quanto tale operazione necessiterebbe dell’approvazione di uno strumento urbanistico attuativo.

La tesi del ricorrente non è fondata.

2a. Si deve innanzitutto richiamare la normativa urbanistica che trova applicazione quanto all’area in questione.

L’art. 16 (rubricato “Aree produttive del settore secondario di livello provinciale”) delle norme di attuazione della Variante 2000 del Piano urbanistico provinciale, di cui alla L.p. 7.8.2003, n. 7, elenca le attività che possono svolgersi in tali aree, le quali sono suddivise in tre distinte categorie: esistenti, quando risultano prevalentemente già utilizzate o già dotate di idonee opere di urbanizzazione; di progetto, quando si tratta di aree da urbanizzare o attrezzare ex novo o prevalentemente non utilizzate; di riserva, quando si tratta di aree di nuovo impianto la cui utilizzazione debba essere graduata nel tempo. L’art. 1, comma 5, della stessa legge stabilisce poi che le disposizioni contenute nell’art. 16 “vanno osservate anche in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici in vigore o soltanto adottati”.

Tale disposizione si coordina con quanto prescritto dall’art. 36 della legge urbanistica provinciale 5.9.1991, n. 22, il quale dispone che “l’entrata in vigore di un nuovo piano urbanistico provinciale, ovvero di sue varianti, sospende con effetto immediato l’applicazione delle prescrizioni contenute nei piani subordinati nonché nei piani provinciali di settore che siano divenute incompatibili”.

Infine, al comma 4 dell’art. 18 della legge provinciale in esame si legge che “il piano regolatore generale delimita le aree per le quali è necessaria una specifica disciplina da parte di piani attuativi ovvero per le quali deve essere predisposto un piano di lottizzazione, fissa i criteri, gli indirizzi e i parametri cui tali piani devono conformarsi e prevede le norme per l’eventuale utilizzazione in via temporanea delle medesime aree”.

Il piano regolatore del Comune di Tuenno aveva compreso il terreno del signor Grandi nelle aree produttive “di progetto” di livello provinciale e per detta zona – comprensiva della proprietà dell’istante e della limitrofa p.f. 1294/2 di mq. 1298 – non aveva previsto la necessità di una più specifica disciplina di dettaglio da stabilirsi con un piano attuativo. L’art. 36 delle norme di attuazione ha invece stabilito che il piano regolatore si attui “normalmente” mediante intervento diretto.

Per quanto concerne lo stato reale della zona in questione, e della più ampia area produttiva di cui fa parte, esso è descritto nel provvedimento impugnato, ove si legge che, alla fine degli anni settanta del secolo scorso, l’area per impianti produttivi nel Comune di Tuenno è stata espropriata e urbanizzata a cura del Servizio industria della Provincia, che ha effettuato i lavori di predisposizione dei lotti, realizzato la viabilità interna e migliorato quella di collegamento con il paese. Si precisa poi che le due particelle di proprietà del ricorrente e la vicina p.f. 1294/2 costituiscono l’ultima porzione ancora disponibile dell’area, per complessivi mq. 2480, e che era intenzione dell’Ente pubblico procedere al completamento del progetto con il piano di acquisizione in esame, il quale avrebbe comportato la sola spesa per l’acquisizione delle tre realità fondiarie, essendo la zona già adeguatamente infrastrutturata.

Ne consegue che il terreno de quo, in quanto modesta parte di una più ampia area prevalentemente già utilizzata e già dotata di idonee opere di urbanizzazione, è pacificamente ascrivibile alla categoria delle aree “esistenti” a vocazione produttiva del settore secondario e non a quelle di progetto. E per esso, come ricordato, il piano regolatore comunale non aveva stabilito la necessità della preventiva adozione di un piano attuativo in quanto, alla luce dei parametri urbanistici ed edilizi già stabiliti al comma 2 del citato art. 36, era data facoltà ai privati di edificare direttamente nel rispetto della destinazione produttiva impressa all’area in questione.

2b. Il ricorrente dubita, tuttavia, che un intervento pubblico possa essere attuato con il piano di acquisizione previsto dagli artt. 25, 26 e 27 della legge provinciale 13.12.1999, n. 6, che disciplina gli interventi della Provincia per il sostegno dell’economia.

Tale argomentazione, secondo il Collegio, è priva di pregio.

Occorre anzitutto porre in evidenza che il piano di acquisizione è uno strumento particolare utilizzato dalla Provincia per intervenire nell’economia, acquisendo aree – in via generale tramite lo strumento dell’espropriazione e, in via eccezionale, tramite l’acquisto a trattativa privata – per attrezzarle delle necessarie opere di urbanizzazione e porle quindi a disposizione delle imprese tramite gli strumenti della cessione della proprietà o della costituzione del diritto di superficie, con l’iscrizione tavolare del vincolo di destinazione di durata ventennale.

Come espressamente richiesto dal comma 1 dell’art. 25, e come già rilevato per il piano de quo, il piano di acquisizione deve essere “in armonia con gli strumenti urbanistici in vigore”. Ciò significa che presupposto per l’approvazione di un piano di acquisizione è che questo coinvolga aree destinate dal piano regolatore ad opere di carattere industriale, non già che insista su aree espressamente normate dallo strumento urbanistico generale come edificabili previa redazione di un piano attuativo. In altri termini, con la sua adozione non si esprime una nuova scelta urbanistica, ma esso si limita ad attuare quella conforme già in essere, che ne costituisce requisito di legittimità, assicurando un ordinato sviluppo della zona nella quale sorgeranno i nuovi stabilimenti produttivi o potranno trovare migliore allocazione quelli esistenti.

Il successivo art. 27 della L.p. n. 6 del 1999 in esame dispone poi che “per l’acquisizione delle aree” si applichi la legge provinciale 19.2.1993, n. 6 sugli espropri.

L’art. 4 di detta legge stabilisce che la procedura espropriativa abbia inizio con il deposito presso la segreteria del Comune, nel cui territorio sono compresi gli immobili da espropriare, del progetto (esecutivo o definitivo) dell’opera ovvero del piano urbanistico attuativo relativo all’intervento da realizzare.

In tal senso, emerge dagli atti versati dalle parti che il piano de quo è stato depositato presso la segreteria del Comune di Tuenno, che il ricorrente ne è stato informato con la nota del 6.4.2004 e che il successivo 3 maggio egli ha presentato alla Provincia le sue osservazioni. Su questo passaggio procedimentale si osserva che l’istituto della partecipazione è stato correttamente collocato in una fase precedente a quella di adozione del provvedimento, in quanto ciò consente all’Amministrazione di acquisire l’apporto dei privati in un momento ancora non irreversibile. Successivamente, il piano è stato approvato con il contestuale esame delle osservazioni pervenute all’Amministrazione e con la menzione che la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità di esso discende dalla norma di legge, ossia dal menzionato art. 26 della L.p. n. 6 del 1999.

Dalla combinata lettura delle due leggi provinciali sopra ricordate consegue che la disciplina sugli espropri debba ritenersi integrata dalla legge provinciale n. 6 del 1999, il che esige che il piano di acquisizione di aree per attività economiche adottato dalla Provincia (o da un comune) sia conforme allo strumento urbanistico in vigore il quale, per quelle aree, non deve richiedere l’approvazione di un piano attuativo per insediamenti produttivi.

Tale conclusione viene confermata dal fatto che, come sagacemente messo in rilievo dalla difesa dell’Amministrazione, solo l’approvazione da parte della Provincia o dei comuni – e, quindi, di soggetti titolari di funzioni e di poteri urbanistici – dei piani di acquisizione di aree (o dei progetti di opere) equivale a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dell’intervento.

Occorre conseguentemente concludere che il piano provinciale di acquisizione in esame ha la funzione:

* da un lato, di stimolo all’espansione economica, industriale ed artigianale del territorio comunale attraverso la cessione alle imprese dei terreni espropriati per l’ampliamento delle attività esistenti o l’insediamento di nuove iniziative produttive, ossia di strumento di politica economica e,
* da altro lato, di strumento attuativo volto ad assicurare, nell’ambito del vigente strumento urbanistico generale, un ordinato assetto urbanistico nella zona in cui dovranno inserirsi le ridette attività.

Di conseguenza non è pertinente la giurisprudenza citata dalla difesa di parte ricorrente (per tutte, T.A.R. Veneto, sez. I, 9.12.2004, n. 4280), in quanto riferita alla diversa fattispecie dell’acquisizione di immobili da parte del consiglio comunale per gli interventi di trasformazione curati dalle società di trasformazione urbana previste dall’articolo 120 del testo unico delle leggi sull’ordinamento sugli enti locali 18.8.2000, n. 267, posto che, nel caso deciso, era assente un piano o un progetto approvato al quale riferire la dichiarazione di pubblica utilità dell’intervento.

Il primo mezzo va dunque disatteso.

3. Con il secondo motivo si censura il difetto di istruttoria, oltre alla carenza di motivazione del provvedimento impugnato. Si assume che la genericità delle relazioni tecniche non fornirebbero elementi per la concreta e puntuale determinazione del preteso fabbisogno di aree, limitandosi invece ad indicare una indimostrata necessità di superfici finalizzate ad allocarvi nuovi insediamenti produttivi.

La difesa dell’Amministrazione, a tal proposito, asserisce che la determinazione in esame richiamerebbe sia l’istruttoria svolta che la necessità delle imprese di acquisire superfici produttive. Inoltre, tale strumento, ponendosi come fonte di nuove istanze imprenditoriali, difficilmente le potrebbe valutare ex ante.

Tali ultime argomentazioni non persuadono il Collegio.

In proposito, giova riscontrare l’anomala relazione tecnica del progetto di acquisizione, datata 18.3.2004 e depositata presso il Comune di Tuenno per la procedura partecipativa, la quale si è limitata ad affermare che “l’esigenza di acquisire le pp.ff. … nasce dalla necessità di avere aree disponibili alle richieste per insediamenti produttivi … le tre particelle, infatti, possono costituire due lotti edificatori destinati a nuovi insediamenti”.

Né, in seguito, la relazione tecnica datata 12.12.2006 e il provvedimento conclusivo in esame, che ha definito il terreno di cui si discute come “l’ultima porzione dell’area ancora disponibile”, hanno meglio rappresentato quale fosse l’effettiva necessità di ampliamento dell’area produttiva del Comune di Tuenno, limitandosi ad affermare che l’acquisizione della parte in discussione aveva “lo scopo di rilanciare l’attività produttiva e creare nuove opportunità di lavoro, soddisfacendo, almeno in parte, le necessità di crescita dell’imprenditoria locale”. Detta esigenza sarebbe confermata da una nota del Comune di Tuenno di data 12.12.2006 “nella quale si sono raccolte le richieste di nuovi spazi produttivi da parte delle imprese locali con la collaborazione dell’Associazione artigiani”. Tale nota, (documento n. 2 in atti di parte resistente), è peraltro un semplice elenco riportante la denominazione, il settore di attività, lo spazio coperto e l’andito scoperto richiesti da 15 ditte che avevano rivolto all’Amministrazione comunale “richieste di terreno per la zona artigianale”.

L’obbligo di un’istruttoria che approfondisse in termini reali ed effettivi la necessità di un’ulteriore area da aggregare a quella già esistente e compiutamente urbanizzata, ostendendo poi le ragioni a sostegno della successiva determinazione da adottare in tal senso, è, infatti, dimostrata, a parere del Collegio, dalla ratio della normativa provinciale sopra esaminata che pretende l’emersione delle sottese esigenze di pubblico interesse che subordinano l’interesse alla costruzione diretta da parte del proprietario, prevista dallo strumento urbanistico, al consolidamento e alla crescita del sistema economico, alla valorizzazione delle risorse locali, al perseguimento della qualità, all’integrazione settoriale o intersettoriale, alla nascita ed al potenziamento di nuova imprenditorialità con la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro.

In altri termini, con l’adozione del piano di acquisizione doveva essere adeguatamente dimostrata la sua idoneità ad apportare un effettivo incremento di ricchezza per l’intero sistema economico locale e non solo per i singoli operatori che ne beneficiano acquisendo aree non sul mercato. Va dunque da sé che la relativa prova non potesse concretarsi nella semplice elencazione degli imprenditori disponibili ad acquisire la proprietà (o il diritto di superficie) di terreni già urbanizzati, incamerando la relativa rendita fondiaria che loro si trasferirebbe in danno dei proprietari.

In analoghe vicende la giurisprudenza amministrativa ha affermato che lo strumento espropriativo non può essere, infatti, utilizzato semplicemente per consentire a singoli imprenditori – più o meno individuati o individuabili al momento dell’adozione del piano – di ricavare maggiore profitti per i loro investimenti (cfr., in termini, T.A.R. Umbria, 20.4.2007, n. 331 e T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 25.1.2005, n. 95).

Né l’esiguità dello spazio ancora disponibile rispetto ad una pluralità di richieste, formalmente ed informalmente avanzate, avrebbe potuto esonerare l’Amministrazione da un’attenta disamina delle reali esigenze economiche e delle connesse e concrete prospettive di utilizzazione della zona a completamento del progetto originariamente intrapreso, ove si consideri che quell’area era suscettibile di un conforme uso da parte del suo proprietario.

In sostanza, con il piano di acquisizione ad opera della mano pubblica si “realizza un trasferimento di ricchezza dal proprietario espropriato all’assegnatario con il sacrificio del principio di eguaglianza, nonché del diritto di proprietà costituzionalmente tutelato, sacrificio che potrà essere imposto solo in nome di un interesse generale” che, ai sensi dell’articolo 42, terzo comma, della Costituzione, deve formare oggetto di una specifica istruttoria che ne provi la sussistenza. La giurisprudenza amministrativa ha richiesto che un tal genere di motivazione illustri in modo specifico “il contemperamento di due opposti interessi: da un lato quello dei proprietari, in considerazione delle gravi conseguenze derivanti dall’esproprio delle aree ricomprese nel piano; dall’altro quello della collettività, nel senso che lo strumento attuativo in questione dovrà apportare concreti benefici sociali ed economici. Solo ove un’adeguata istruttoria conduca ad affermare la prevalenza della seconda istanza sulla prima potrà affermarsi l’opportunità dello strumento nel senso della piena corrispondenza alla specifica funzione ad esso attribuita dalla legge” (cfr., C.d.S., sez. IV, 10.8.2004, n. 5501).

4. Sulla base delle argomentazioni svolte, e con conseguente assorbimento delle altre censure non esaminate, il ricorso deve essere accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati, nella parte che interessa il ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e sono accollate all’Amministrazione provinciale nella misura liquidata come da dispositivo.

P. Q. M.

il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 71 del 2007, lo accoglie.

Condanna la Provincia autonoma di Trento al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 4.800,00 (quattromilaottocento) (di cui € 4.000 per onorari ed € 800 per diritti), oltre a I.V.A. e C.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari a titolo di spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trento, nella camera di consiglio del 26 febbraio 2009, con l’intervento dei Magistrati:

dott. Francesco Mariuzzo – Presidente

dott. Lorenzo Stevanato – Consigliere

dott.ssa Alma Chiettini – Consigliere estensore

Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 9 marzo 2009

Il Segretario Generale

dott. Giovanni Tanel
N. 74/2009 Reg. Sent.

N. 71/2007 Reg. Ric.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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