T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 28-03-2011, n. 2699 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 29 aprile 1994 e depositato il 26 maggio successivo, il ricorrente impugna il decreto con il quale, in data 7 febbraio 1994, il Prefetto di Roma gli ha vietato la detenzione di armi e, dunque, ha ordinato il ritiro di quelle dallo stesso detenute.

In particolare, il ricorrente espone:

– di essere stato titolare di licenza di porto di fucile, "rinnovata, senza interruzioni ogni anno fino ad oggi, per ben 22 anni";

– che, inoltre, deteneva presso la propria abitazione una pistola regolarmente denunciata;

– che, con il provvedimento impugnato, il Prefetto di Roma gli ha vietato la detenzione di armi, ordinandone il ritiro, sul rilievo che, "poiché lo stesso è stato assolto per insufficienza di prove dal reato di violenza carnale nonché amnistiato per minacce, risulta essere persona capace di abusare delle armi".

Avverso tale provvedimento il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:

1) VIOLAZIONE DI LEGGE ED ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E TRAVISAMENTO DEI FATTI. Il ricorrente è stato assolto dal Tribunale di Roma il 20 marzo 1975 per insufficienza di prove dal reato di violenza carnale. Atteso che, in data 20 luglio 1990, il Tribunale di Roma ha accolto l’istanza dal medesimo presentata per ottenere la cancellazione dei dati concernenti tale imputazione dal Centro Elaborazione Dati del Ministero dell’Interno, il Prefetto non poteva tenerne alcun conto. Per quanto concerne la denuncia per minacce va segnalato che la stessa è infondata e, comunque, per gli stessi fatti anche il F. ha presentato una denuncia similare. Per tali procedimenti è intervenuta amnistia.

2) ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA. La pericolosità del ricorrente è solo ipotizzata, atteso che "la Prefettura non ha posto alcun elemento oggettivo a sostegno del provvedimento impugnato".

3) ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETA" CON PRECEDENTI MANIFESTAZIONI DI VOLONTA" DELLA STESSA AMMINISTRAZIONE, tenuto conto che da quando il ricorrente è titolare della licenza di porto di fucile, ossia nel corso degli ultimi 22 anni, il rinnovo della licenza gli è sempre stato concesso né al predetto è mai stata vietata la detenzione della pistola, nonostante i fatti indicati in motivazione si fossero già verificati.

Con atto depositato in data 10 giugno 1994 si è costituito il Ministero dell’Interno.

Con ordinanza n. 1555 del 1994, il Tribunale ha respinto la domanda incidentale di sospensione.

In esito all’ordinanza istruttoria n. 732 del 2010, in seguito sollecitata con l’ordinanza n. 1671/2010, l’Amministrazione ha, poi, prodotto documenti.

All’udienza pubblica del 10 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso – in ordine al quale il Collegio ritiene che siano venute meno le esigenze di riunione con il ricorso n. 8283 del 1994, riscontrate in sede di formulazione delle ordinanze istruttorie – è fondato e, pertanto, va accolto.

1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento con il quale in data 7 febbraio 1994 il Prefetto di Roma gli ha vietato la detenzione di armi e, dunque, ha ordinato il "ritiro, in via amministrativa" delle armi dal predetto detenute.

A tale fine denuncia, tra l’altro, eccesso di potere sotto svariati profili, quali difetto di motivazione, difetto di istruttoria e contraddittorietà con precedenti manifestazioni.

Tali censure sono fondate per le ragioni di seguito esposte.

1.2. Nell’ordinamento italiano vige il divieto per tutti i soggetti di portare armi ( artt. 699 c.p. e 4, primo comma, l. n. 110/1975).

All’esistenza di tale divieto non può che corrispondere la particolare tenuità dell’interesse alla detenzione delle armi, il quale viene riconosciuto solo in casi eccezionali, previa valutazione di rilevanti interessi pubblici, quali la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e l’incolumità individuale.

A garanzia di tali interessi assume sicuro carattere primario la valutazione dell’affidabilità del soggetto da parte dell’autorità di p.s., la quale trova concreta attuazione mediante un accertamento incensurabile in sede di legittimità, purché esso risulti congruamente motivato avuto riguardo a circostanze di fatto specifiche (cfr., tra le altre, TAR Sicilia, Catania, 12 novembre 2010, n. 4458).

In altre parole, all’autorità di p.s. compete il compito di decidere se il soggetto dia o meno affidamento in ordine al non abuso dell’arma, al fine di prevenire fatti lesivi per la sicurezza e per l’ordine pubblico.

Alla medesima autorità spetta, dunque, la facoltà – stante la previsione dell’art. 39 TULPS – di vietare la detenzione delle armi e delle munizioni denunciate ai sensi del precedente art. 38 alle persone ritenute capaci di abusarne.

In base a tale assunto, gli eventuali provvedimenti negativi dalla predetta adottati non possono che fondarsi su elementi oggettivi che – ancorché privi di tipicità, ossia non normativamente precostituiti – devono costituire indice di mancanza di garanzie in ordine al non abuso delle armi detenute e, pertanto, gli stessi provvedimenti debbono essere sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza del requisito di affidabilità in questione, fermo restando che può trattarsi anche di fatti privi di rilevanza penale (cfr., tra le altre, TAR Lombardia, Brescia, Sez. II. 14 gennaio 2011, n. 43; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 9 dicembre 2010, n. 7491; TAR Piemonte, Torino, Sez. II, 13 novembre 2010, n. 4125; TAR Sicilia, Sez. IV, 12 novembre 2010, n. 4448, già citata).

Ciò premesso, il Collegio ritiene che i fatti che hanno dato luogo al divieto del Prefetto in questa sede oggetto di contestazione siano inidonei a giustificare la decisione adottata.

E’, infatti, doveroso rilevare che:

– la disamina dei comportamenti descritti e riportati nella nota del Commissariato P.S. Fiumicino dell’11 settembre 1993, richiamata nel provvedimento impugnato, non consente di riscontrare la commissione da parte del ricorrente di comportamenti idonei a concretizzare un abuso delle armi (e ciò nonostante la titolarità da lungo tempo da parte del predetto di un titolo abilitativo al porto d’armi e, precisamente, della licenza di "porto di fucile per uso di caccia");

– i fatti che hanno dato origine al procedimento penale sfociato nella sentenza di assoluzione per il reato di violenza carnale e di non doversi procedere per concessione del perdono giudiziale per atti osceni sono particolarmente risalenti nel tempo, in quanto accaduti nel 1975, non risultano essere stati oggetto di reiterazione e, comunque, in passato non hanno inibito il rinnovo della licenza di porto di fucile già menzionata;

– la mera denuncia per il reato di minacce, non sfociata in una pronuncia di accertamento o meno dell’illecito penale a causa dell’intervenuta amnistia, certamente non si presta a configurare – pur se considerata in abbinamento con la circostanza di cui sopra – un elemento chiaro e certo, sotto un profilo oggettivo, della potenziale pericolosità del soggetto dal punto di vista dell’abuso delle armi.

In conclusione, il Collegio ritiene che i fatti rappresentati nel provvedimento impugnato non si prestano a supportare, per un ragionevole fine di cautela e prevenzione, l’inaffidabilità del ricorrente in ordine all’impiego delle armi, la quale, tra l’altro, sarebbe da qualificare come "sopravvenuta", tenuto conto della titolarità da parte di quest’ultimo della licenza di porto di fucile per ben 22 anni.

2. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto.

In ragione delle peculiarità della vicenda, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione I ter, accoglie il ricorso n. 8284/1994 e, per l’effetto, annulla il decreto del Prefetto di Roma del 7 febbraio 1994, meglio indicato in epigrafe.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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