Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
Svolgimento del processo
Con sentenza 18 ottobre-19 ottobre 2005 il giudice di pace di Chieti rigettava la domanda proposta da P.A., intesa ad ottenere la condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni materiali derivati dall’urto della vettura di sua proprietà contro un sacco presente sull’asse attrezzato Euro 80,00 che congiunge Pescara a Chieti.
I testimoni sentiti, ad avviso del giudice, avevano riferito elementi contraddittori in ordine alla presenza di un oggetto sulla strada (tale da poter costituire una insidia per gli utenti della stessa).
Il cantoniere ANAS aveva escluso la presenza di materiale abbandonato lungo la strada percorsa dall’attore, negando comunque che nel giorno indicato, nel tratto di strada indicato dal P. si fossero verificati incidenti.
Alcuni colleghi di lavoro del P., a bordo di vetture diverse, avevano – invece – riferito che il mezzo aveva travolto un sacco mezzo vuoto, contenente sabbia.
Altri ancora avevano parlato di un sacco vuoto, che era volato via al passaggio di una autovettura.
Per ottenere il risarcimento del danno, l’attore avrebbe dovuto – quanto meno – provare la sussistenza di una azione o di una omissione da parte dell’ANAS ed, innanzi tutto, la sussistenza di un nesso eziologico tra tale condotta ed il danno.
Quanto al fatto che nel caso di specie fosse stato deferito e raccolto giuramento suppletorio in ordine alle circostanze dell’incidente, il giudice di pace ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale è sempre possibile disattendere le risultanze di tale mezzo istruttorio, tutte le volte in cui sia possibile giungere a diverse conclusioni sulla base di una rilettura complessiva degli atti.
Avverso tale decisione il P. ha proposto ricorso per Cassazione sorretto da tre distinti motivi.
L’ANAS non ha svolto difese in questa sede.
Motivi della decisione
Il Procuratore Generale presso questa Corte, alla udienza odierna, ha concluso per la inammissibilità del ricorso sottolineando che l’attore aveva proposto un cumulo di domande, tanto da superare i limiti della giurisdizione di equità. Oltre alla domanda di risarcimento di danni per Euro 736.23, l’attore aveva richiesto il fermo tecnico, interessi e rivalutazione : domande tutte il cui cumulo portava a ritenere superato il limite massimo previsto per una pronuncia secondo equità.
Con la conseguenza che la decisione pronunciata secondo diritto sarebbe, in ogni caso, impugnabile con atto di appello anzichè con ricorso per Cassazione.
Le conclusioni del Procuratore Generale non sono condivise dal Collegio per la semplice ragione che, sin dall’atto di citazione, l’attore ha contenuto le proprie richieste nei limiti di Euro 1.100,00.
Con sentenza 13917 del 2006 le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che la individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze del giudice di pace avviene in funzione del valore della domanda (artt. 10 e segg. c.p.c.) ed all’eventuale rapporto contrattuale dedotto in giudizio, e non del contenuto concreto della decisione e del criterio decisionale adottato.
In altre parole, in base al combinato disposto dell’art. 339 cod. proc. civ., comma 3, e art. 113 c.p.c., comma 2, (modificato dalla L. 7 aprile 2003, n. 63, art. 1 bis,) sono da ritenersi inappellabili (e perciò immediatamente ricorribili per Cassazione) tutte le sentenze pronunciate dal giudice di pace in controversie non eccedenti il valore di Euro 1.100,00, a prescindere dal fatto che esse siano pronunciate secondo diritto o secondo equità, a tal fine dovendo considerarsi non il contenuto della decisione ma, appunto, solamente il valore della controversia, da determinarsi applicando analogicamente le norme di cui agli artt. 10 e segg. cod. proc. civ., in tema di competenza.
Il ricorso per cassazione può dunque essere preso in esame.
Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., che regola la distribuzione dell’onere della prova tra le parti e che costituisce principio informatore del sistema delle garanzie giurisdizionali in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost..
La convenuta non aveva fornito adeguata prova liberatoria, ai sensi dell’art. 2051 c.c., essendosi limitata a richiamare la testimonianza del capocannoniere, il quale aveva escluso la presenza di alcunchè di anomalo, che potesse intralciare la normale circolazione stradale, nel luogo dell’incidente.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2736 c.c., comma 2, e dell’art. 2738 c.c., in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost..
Il giudice di pace aveva deferito al P. giuramento suppletorio.
Tale giuramento costituisce tipica prova legale, che vincola il giudice al suo risultato probatorio. Ciò nonostante, lo stesso giudice aveva deciso in modo contrastante al risultato di tale prova, negando persino che i fatti si fossero verificati nel modo descritto nell’atto di citazione e nelle prove testimoniali raccolte.
Con il terzo motivo si deduce la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione perchè fondata su affermazioni contrastanti o perplesse, o comunque inidonea ad evidenziare la "ratio decidendi" circa un punto decisivo della controversia, quale quello dell’accertamento dinamico del fatto prospettato dalle parti.
Osserva il Collegio:
I tre motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono inammissibili.
Appare opportuno premettere che il ricorrente non ha formulato alcuna censura ammissibile nell’ambito di una impugnazione avverso sentenza pronunciata dal giudice di pace secondo equità, quale quella in esame.
Sicuramente la violazione dell’art. 2697 c.c., sull’onere della prova – contrariamente a quanto sembra ritenere la difesa del ricorrente – pone solo una regola di diritto sostanziale, che da luogo ad un "error in iudicando" non deducibile con il ricorso per cassazione avverso una sentenza pronunciata dal giudice di pace secondo equità.
Risolvendo un contrasto giurisprudenziale insorto, le Sezioni Unite di questa Corte (con sentenza 14 gennaio 2009 n. 564) hanno affermato il seguente principio: "Le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi dell’art. 113 cod. proc. civ., comma 2, sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonchè per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà. Ne consegue che la violazione dell’art. 2697 cod. civ., sull’onere della prova, che pone una regola di diritto sostanziale, dal luogo ad un "error in iudicando" non deducibile con il ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità".
Nel caso di specie, nell’ambito di un giudizio reso secondo equità, il giudice di pace ha escluso che l’attore avesse fornito la prova dei fatti posti a fondamento della domanda.
Ogni questione relativa all’accertamento di una responsabilità a carico dell’ANAS, ed alla applicabilità dell’art. 2051 c.c. (che pone comunque regole di diritto sostanziale) deve ritenersi del tutto inammissibile In effetti, la sentenza impugnata non ha preso posizione in ordine alla applicabilità nel caso di specie degli artt. 2051 o 2043 c.c..
Tale problematica non è stata affrontata dal primo giudice, sul rilievo che l’attore non aveva dato non solo la prova di una responsabilità dell’ANAS, ma ancor prima della esistenza di un nesso eziologico tra condotta dell’ANAS e danno. Di più, mancava persine la prova che i fatti si fossero svolti proprio nel modo indicato nella citazione.
L’attore aveva in un primo momento dichiarato di non avere passeggeri a bordo al momento dell’incidente, successivamente indicando il nome di un teste: come proprio passeggero.
Al di là di tale comportamento, non lineare, tenuto dall’attore, il primo giudice ha osservato che le testimonianze raccolte erano del tutto inattendibili ed in contrasto evidente tra di loro.
La dinamica del sinistro non era in sintonia con le circostanze indicate dall’attore.
In particolare, un urto contro un sacco (vuoto o pieno) non giustificava in alcun modo i danni riportati dalla vettura, indicati nel preventivo prodotto dall’attore.
Per quanto attiene alla mancata considerazione – da parte del giudice di pace – delle risposte al giuramento suppletorio, si richiama il consolidato insegnamento di questa Corte, secondo il quale il deferimento di un giuramento suppletorio non preclude affatto al giudice, pur dopo la prestazione dello stesso, di decidere la domanda,in senso favorevole alla parte che lo ha prestato, prescindendo dalle risultanze del giuramento, così revocando implicitamente l’ordinanza ammissiva. (Cass. 4263 dell’8 maggio 1996 e 8508 del 26 settembre 1996) tutte le volte che egli pervenga al convincimento che gli elementi acquisiti risultavano di per sè idonei alla decisione della vertenza, nel senso tanto dell’accoglimento, quanto del rigetto delle domande (cfr. Cass. 11 febbraio 2004 n. 2659).
Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nessuna pronuncia in ordine alle spese del presente giudizio, non avendo la società intimata svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.