Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza in data 28.12.2006, il G.U.P. del Tribunale di Pescara dichiarò L.Z. responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 e – concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, con la diminuente per il rito – lo condannò alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza in data 20.6.2007, confermò la decisione di primo grado.
A seguito di ricorso dell’imputato, la Corte suprema di cassazione, Sezione 6A penale, con sentenza 14.10.2009 annullò la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in quanto la sentenza d’appello non era sottoscritta dal presidente del collegio giudicante che aveva partecipato al giudizio.
La Corte d’appello di Perugia, con sentenza in data 23.4.2010 confermò la sentenza di primo grado.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato dal momento che l’imputato non sarebbe stato consapevole del quantitativo di droga occultato sul veicolo del quale era detentore; la Corte territoriale avrebbe trascurato gli elementi a favore della tesi difensiva; gli elementi posti a base della conferma dell’affermazione di responsabilità sarebbero evanescenti: il fatto che l’imputato all’epoca del fatto non parlasse la lingua italiana e non avesse una prenotazione relativa all’alloggio per le vacanze non è decisivo alla luce del fatto che egli parlava l’inglese e gli era stato rappresentato che avrebbe trovato cartelli con offerte di affitto; inoltre gli operatori turistici non sarebbero chiusi nel fine settimana a Pescara; sarebbe incompatibile con la qualità di accademico, diplomatico e funzionario di un’organizzazione internazionale il gelido comportamento relativo al trasporto di 20 Kg di droga; non avrebbe lasciato il veicolo incustodito per cercare posto in ogni hotel; non oppose l’immunità diplomatica ma seguì la Guardia di finanza; sarebbe anomala la scelta di bloccare il corriere anzichè attendere la consegna della merce; il teste M.llo P. non ha saputo fornire giustificazioni al riguardo; su tali deduzioni la Corte d’appello ha omesso di motivare; non si può invertire l’onere della prova anche perchè l’imputato ha riferito di essere vittima di un complotto internazionale e sarebbero state necessarie indagini in Kosovo; l’auto era noleggiata e la droga potrebbe essere stata caricata a sua insaputa; il principio attivo contenuto nei 20 Kg di droga era ridicolmente basso;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche alla quali ha fatto riferimento il teste M.llo P.; la Corte territoriale ha affermato che le stesse non erano state utilizzate dal giudice di primo grado quanto al contenuto; in realtà le intercettazioni, insieme al sequestro della droga, sarebbero state l’elemento cardine per l’affermazione di responsabilità; sulla scorta delle stesse è stata valutata l’attendibilità del M.llo P.; inoltre è stata negata la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti in ragione dell’essere il reato per cui si procede episodio di traffico internazionale, ma ciò risulterebbe solo dalle intercettazioni di cui non vi è traccia in atti;
3. violazione di legge in ordine alla circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 nonostante il principio attivo fosse al 2,8%, sicchè sarebbero oscure le ragioni per le quali la Corte territoriale ha ritenuto che la droga sequestrata avrebbe consentito di confezionare 34.000 dosi;
4. vizio di motivazione in relazione al giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravante, in quanto la gravità del fatto è insita nell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80;
sarebbero state trascurate la vita pregressa il trauma dell’arresto, la perdita del lavoro e l’isolamento linguistico in carcere.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata ed inoltre è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha specificamente motivato, anche richiamando la sentenza di primo grado sulle ragioni della ritenuta inverosimiglianza della versione difensiva. In particolare ha ritenuto che le ragioni del viaggio allegate (trovare un alloggio per trascorrere due settimane di vacanza a Pescara nel successivo mese di luglio) erano incredibili, a fronte della durata del viaggio e della necessità di rientrare (p. 7 sentenza impugnata). Ad avviso della Corte d’appello la tesi del complotto è poi stata prospettata dall’imputato con argomenti generici.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2A sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.
E’ manifestamente infondato il motivo nella parte in cui sostiene l’omessa motivazione in ordine agli elementi rassegnati.
E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, (in questo senso v. Cass. Sez. 4 sent. n. 1149 del 24.10.2005 dep. 13.1.2006 rv 233187).
Del resto questa Corte ha chiarito che "In sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, si da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione". (Cass. Sez. 2 sent. n. 29434 del 19.5.2004 dep. 6.7.2004 rv 229220. Nella specie la Corte ha ritenuto che la semplice circostanza che alcuno dei collaboranti avesse taciuto in ordine alla presenza di uno dei coimputati in seno all’associazione per delinquere, non incrinava la logicità della motivazione della Corte di merito che aveva confermato la responsabilità dell’imputato).
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha dato atto che le intercettazioni (non acquisite al procedimento), sono state richiamate solo per dar conto del perchè la Guardia di Finanza attendeva l’imputato.
Non è vero che la decisione si fonda su tali intercettazioni, ma la responsabilità è stata ritenuta a seguito del rinvenimento dell’eroina.
Quanto al riferimento ad un episodio di traffico internazionale, lo stesso appare pacifico per la provenienza dell’imputato dal Kosovo e prescinde dalle intercettazioni.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.
Dalla sentenza risulta che il quantitativo di eroina sequestrato era di quasi 19 Kg e che il principio attivo ammontava a 848,43 grammi che avrebbero consentito il confezionamento di quasi 34.000 dosi medie singole (p. 7 sentenza impugnata).
Si tratta di valutazione di merito non censurabile in questa sede se non sotto il profilo del travisamento del contenuto di atti che avrebbero dovuto essere specificamente indicati.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, "per il corretto adempimento dell’obbligo della motivazione in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 c.p.. E gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, il supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto". (Cass. Sez. 1A sent. n. 3163 del 28.11.1988 dep. 25.2.1989 rv 180654).
A ciò la Corte territoriale si è attenuta, valutando non solo l’ingente quantità, ma la complessiva gravità del fatto, inserito in contesto internazionale.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
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