Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con sentenza del 4.6.2003 il Tribunale di Napoli dichiarava R.V. colpevole dei reati, unificati da continuazione, di illecita detenzione per fini di commercio di 500 musicassette abusivamente riprodotte e di ricettazione ( art. 648 c.p., comma 2) degli stessi supporti audiofonici frutto di illecita riproduzione, fatti accertati il (OMISSIS). Assolveva l’imputato dal concorrente reato di illecita vendita dei detti supporti privi del contrassegno SIAE per insussistenza del fatto. Per l’effetto il R. era condannato alla pena di sette mesi di reclusione ed Euro 500,00 di multa. Giudicando sull’appello dell’imputato, la Corte di Appello di Napoli con sentenza del 7.7.2004 confermava la sentenza di primo grado.
Adita dal ricorso del R., attinente soltanto al diniego delle attenuanti generiche e all’afflittività della pena inflittagli, questa Corte di Cassazione (Sezione 2, sentenza 9.4.2009 n. 29477), rilevata e dichiarata l’inammissibilità dei generici e manifestamente infondati motivi di impugnazione del ricorrente, ha rilevato di ufficio l’improcedibilità ( art. 129 c.p.p., comma 1) del contestato reato di ricettazione, non previsto come reato dalla legge in vigore al momento del fatto (assenza, secondo la disciplina normativa del diritto di autore allora vigente, di un autonomo reato presupposto della ricettazione: Cass. S.U. 20.12.2005 n. 47164, Marino, rv. 232302). Ha annullato, per tanto, la sentenza di appello limitatamente al delitto di ricettazione ed ha rinviato gli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per la sola determinazione della pena afferente al residuo reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, ferma restando (definitività) l’affermata responsabilità del R. per detta fattispecie criminosa.
2. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di Appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio, ha proceduto – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 4.6.2003 – alla nuova determinazione della pena per l’anzidetto reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter di detenzione e vendita di supporti audiofonici abusivamente riprodotti, infliggendo al R. la pena di sei mesi di reclusione e Euro 500,00 di multa.
3. Contro tale sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo violazione di legge e difetto di motivazione sotto i seguenti due profili: 1) inosservanza degli artt. 157 e 161 c.p. in ordine alla mancata declaratoria di estinzione del reato ascritto al R. per intervenuta prescrizione, essendo decorso alla data dell’impugnata decisione il corrispondente termine di sette anni e sei mesi (termine rimasto invariato anche alla luce della nuova disciplina dei termini di prescrizione introdotta dalla L. n. 251 del 2005); 2) erronea disapplicazione dell’art. 62 bis c.p. in riferimento ai parametri dettati, in tema di gravità del reato, dall’art. 133 c.p., atteso che la condotta del prevenuto, caratterizzata da modesto disvalore sociale, appare meritevole della concessione delle attenuanti innominate nella loro massima estensione.
4. L’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile, per l’indeducibilità e l’infondatezza manifesta dei delineati motivi di ricorso.
La sentenza di annullamento parziale della prima decisione di appello emessa da questa Corte di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso del R. in punto di responsabilità dell’imputato per l’ascritto reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, producendo il passaggio in giudicato della decisione di condanna per tale reato e rimettendo al giudizio rescissorio la mera determinazione della misura della relativa pena, per essere stato espunto dalla regiudicanda il concorrente reato di ricettazione in origine ascritto al R. (fatto non previsto dalla legge come reato).
Espressamente, del resto, la stessa sentenza di legittimità, rilevato in via incidentale che il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter non era prescritto al momento della pronuncia della prima sentenza di appello parzialmente cassata (7.7.2004), ha richiamato il principio del giudicato progressivo sulla responsabilità dell’imputato, osservando come il giudice di rinvio, investito della decisione sulla determinazione della pena, non possa applicare cause estintive del reato sopravvenute alla pronuncia di annullamento (Cass. S.U. 26.3.1997 n. 4904, Attinà, rv. 207640;
Cass. Sez. 4, 27.1.2010 n. 24732, La Serra, rv. 248117). Del resto la genetica inammissibilità delle censure sollevate dal R. contro la sentenza di appello del 7.7.2004 (addotta generica onerosità della pena), evidenziata da questa S.C., impedendo l’instaurarsi di un valido rapporto impugnatorio, precludeva a questa stessa Corte di legittimità di rilevare la sussistenza di cause estintive del reato (prescrizione) sopravvenute all’impugnata sentenza di appello, ancorchè parzialmente annullata ex officio per il solo insussistente reato di ricettazione (cfr, Cass. S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv. 217266; Cass. SU 27.6.2001 n. 33542, Cavalera, rv. 219531; Cass. S.U. 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164).
Ne discende, dunque, l’indeducibilità, oltre che la palese infondatezza giuridica, dell’odierna doglianza in punto di maturata prescrizione del reato per il quale è stato condannato il ricorrente, la cui speculare responsabilità è ormai definitiva dopo l’anteriore decisione di legittimità. Definitività (passaggio in giudicato) oggettivamente verificatasi nel caso di specie, va aggiunto, prima del maturare del temine di prescrizione (situabile, fatte salve eventuali sospensioni ex lege del termine, al 20.6 2005 e, quindi, ben dopo la sentenza di appello del 7.7.2004 divenuta definitiva per il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter).
Non diverso giudizio va formulato anche per il subordinato rilievo afferente alla affettività della pena derivante dal diniego delle attenuanti generiche. E’ di tutta evidenza, infatti, che – da un lato – anche questo profilo della regiudicanda relativa al reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter potrebbe considerarsi attinto dal giudicato e -per ciò, stesso- da una postuma immutabilità, dal momento che il ricorso contro la precedente sentenza di appello, già deducente l’eccessività della pena e l’incongruo diniego delle attenuanti generiche, è stato dichiarato inammissibile Da un altro lato non può comunque prescindersi dalle specifiche ragioni ostative alla concessione delle invocate attenuanti generiche segnalate dalla sentenza di primo grado, cui rinvia per relationem l’impugnata sentenza di appello, che ad essa si giustappone dando vita ad un unitario e inscindibile compendio valutativo (il Tribunale richiama i numerosi precedenti penali anche specifici annoverati dal R., tant’è che procede alla revoca ex art. 168 c.p. del beneficio della sospensione delle pene infittegli con ben tre precedenti sentenze irrevocabili di condanna).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo determinare in misura di Euro 1.000,00 (mille).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.
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