Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-01-2011) 11-04-2011, n. 14450 Sentenza

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na del Sostituto Dott. IZZO Gioacchino, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

D.S.G. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Caltagirone, dei reati di cui ai capi a), ai sensi dell’art. 660 c.p., b) art. 612 c.p., comma 2, e c) art. 610 c.p..

Con sentenza dell’8 febbraio 2005 il Tribunale dichiarava l’imputato colpevole dei reati sub a) e c), mentre lo assolveva da quello sub b), per insussistenza del fatto.

Pronunciando sul gravame proposto dall’imputato, la Corte di Appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della sentenza impugnata assolveva lo steso dal reato sub) a) con formula perchè il fatto non sussiste e determinava la pena per il reato sub c) nella misura ritenuta di giustizia.

Avverso la sentenza anzidetta l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia rilevato la prescrizione maturata per il reato in contestazione, commesso il (OMISSIS), per il quale il termine relativo era di anni cinque secondo la vecchia normativa, più favorevole del nuovo regime, sicchè era scaduto l’8.2.2010, ossia cinque anni dopo la sentenza di primo grado e, quindi, prima della sentenza della Corte di Appello, che, peraltro, non aveva motivato sulla relativa richiesta.

Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 49 c.p., trattandosi di reato impossibile secondo la ricostruzione del giudice di appello, in quanto, arrestata l’autovettura al centro della carreggiata e non già di traverso come ritenuto dai giudici di merito, la persona offesa sarebbe potuta transitare nella parte di strada non occupata, sicchè non rispondeva al vero che la stessa era stata lasciata libera di proseguire solo dopo aver detto all’imputato ciò che lui aveva voluto sapere.

2. – La prima ragione di censura, relativa al mancato rilievo della prescrizione maturata prima della sentenza di appello, è certamente fondata e merita, pertanto, accoglimento. Ed invero, nel caso di specie avrebbe dovuto trovare pacifica applicazione la vecchia normativa in tema di prescrizione, avuto riguardo alla data della sentenza di primo grado (8.2.2005) anteriore all’entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005, n. 251, che ha modificato il regime della prescrizione. Il relativo termine di anni cinque per il reato in questione, con decorrenza dalla data dell’illecito ((OMISSIS)), è stato interrotto dalla stessa sentenza di primo grado. Dalla relativa data il termine ha ripreso a decorrere, venendo quindi a maturazione l’8.2.2010, dunque prima della pronuncia del giudice di appello, che avrebbe dovuto rilevarla.

All’anzidetta omissione può ovviarsi in questa sede, prendendo atto della conseguente estinzione del reato in oggetto. Non è dato, infatti, ravvisare, tanto più in presenza di doppia conforme sul punto, alcuna causa di – più favorevole – proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2.

Al riguardo, la doglianza contenuta nel comma secondo, in merito alla pretesa impossibilità del fatto-reato, è certamente infondata, posto che il giudice di appello, ha compiutamente motivato sulla piena idoneità della condotta materiale dell’agente ad integrare gli estremi del reato in contestazione.

3. – Per quanto precede, deve farsi luogo a pronuncia di annullamento della sentenza impugnata, con formula corrispondente.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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