costituito dai magistrati:
Anton WIDMAIR – Presidente f.f.
Marina ROSSI DORDI – Consigliere
Hans ZELGER – Consigliere, relatore
Terenzio DEL GAUDIO – Consigliere
ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 114 del registro ricorsi 2008
presentato da
AGRI S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. dott. Giovanni Podini, rappresentata e difesa dagli avv.ti Dieter Schramm e Nausicaa Mall con domicilio eletto presso lo studio legale Volgger & Grüner in Bolzano, Via Carducci n. 8, giusta mandato speciale a margine del ricorso, – ricorrente –
c o n t r o
COMUNE di BOLZANO, in persona del Sindaco pro tempore, che sta in giudizio in forza della deliberazione della Giunta Municipale n. 286 dd. 29.4.2008 rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Cappello, Bianca Maria Giudiceandrea e Alessandra Merini, con elezione di domicilio presso l’Ufficio Legale del Comune, Vicolo Gumer 7, giusta delega a margine dell’atto di costituzione, – resistente –
e nei confronti di
UNIONE COMMERCIO TURISMO E SERVIZI della PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del suo Presidente pro tempore, sig. Walter Amorth, rappresentata e difesa dall’avv.to Siegfried Brugger, con domicilio eletto presso lo studio di dello stesso, in Bolzano, Via Cappuccini n. 5, giusta delega in calce all’atto di intervento; – interveniente ad opponendum –
per l’annullamento
del provvedimento del Sindaco di Bolzano prot. n. 6927 dd. 25.1.2008, notificato in data 28.1.2008, avente ad oggetto: “Comunicazioni/domande presentate dalla Agri Spa per rilascio/inizio attività per punti di vendita in Via Galilei n. 20 di Bolzano – rigetto delle istanze dovute a cause varie”;
Visto il ricorso notificato il 31.3.2008 e depositato in segreteria il 14.4.2008 con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano depositato il 3.9.2008;
Visto l’atto di intervento ad opponendum dell’Unione Commercio Turismo e Servizi della Provincia autonoma di Bolzano notificato il 25.9.2008 e depositato il 26.9.2008;
Vista l’ordinanza collegiale istruttoria n. 44/08, depositata in data 15.10.2008, con cui è stata ordinata l’esibizione di documentazione da parte dell’Amministrazione comunale e disposto il rinvio all’udienza di merito del 14.1.2009;
Vista l’ordinanza collegiale n. 7/09, depositata in data 20.1.2009, con cui sono state ordinate ulteriori incombenze istruttorie e disposto il rinvio dell’udienza di merito all’l aprile 2009;
Vista le memorie prodotte;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la pubblica udienza dell’1.4.2009 il consigliere Hans Zelger ed ivi sentiti l’avv. N. Mall e D. Schramm per la società ricorrente, l’avv. M. Cappello per il Comune di Bolzano e l’avv. C. Perathoner, in sostituzione dell’avv. S. Brugger, per l’Unione Commercio Turismo e Servizi della Provincia autonoma di Bolzano;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
La società ricorrente presentava al Comune di Bolzano le seguenti comunicazioni e domande di autorizzazione, relative all’apertura di nuovi esercizi di commercio al dettaglio, in via Galilei, n. 20:
1. n. 13827, comunicazione del 22.03.2007 sub prot. n. 23128, settore “alimentare”, mq 150;
2. n. 13828, comunicazione del 22.03.2007 sub prot. n. 23132, settore “non alimentare”, mq 150;
3. n. 13829, comunicazione del 22.03.2007 sub prot.n. 23133, settore “non alimentare”, mq 150;
4. n. 13830, comunicazione del 27.03.2007 sub prot. n. 23917, settore “non alimentare”, mq 150;
5. n. 13849, domanda di autorizzazione del 04.05.2007 sub prot. n. 33214, settore “non alimentare”, mq 485;
6. n. 13850, domanda di autorizzazione del 04.05.2007 sub prot. n. 33220, settore “non alimentare”, mq 490;
7. n. 13851, domanda di autorizzazione del 04.05.2007 sub prot. n. 33219, settore “non alimentare”, mq 480;
8. n. 13852, domanda di autorizzazione del 04.05.2007 sub prot. n. 33224, settore “non alimentare”, mq 470 (doc.ti da 3 a 10 del Comune).
Con nota del 7 novembre 2007 l’Amministrazione comunale comunicava alla società ricorrente l’intenzione di rigettare, per irricevibilità e insanabile contrasto con la vigente normativa in materia, le otto sopraccitate domande / comunicazioni (doc. 13 del Comune).
La società Agri Spa presentava al Comune di Bolzano le proprie controdeduzioni con nota del 15 novembre 2007 (doc. n. 14 del Comune).
Con l’impugnato provvedimento sindacale del 25 gennaio 2008 veniva disposto il rigetto delle otto istanze sopraccitate (doc. 2 del Comune).
A fondamento del gravame proposto la società ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:
1. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 2 e 5, comma 3, L.P. n. 7/2000 (ordinamento del commercio). Piena validità ed effettività delle comunicazioni e silenzio – assenso formato in relazione alle autorizzazioni per decorso dei termini. Insufficiente ed illogica motivazione sul punto”;
2. “Violazione ed errata applicazione degli artt. 7 e 8, comma 1, lettera c), D.P.G.P. 39/2000; anche in relazione al mancato invito dell’amministrazione a fornire gli elementi / documenti necessari di cui al comma 2 degli stessi articoli”;
3. “Violazione ed errata applicazione dell’art. 8, comma 2, D.P.G.P. 39/2000; anche in relazione al mancato invito dell’amministrazione a produrre i documenti necessari di cui al comma 2 dello stesso articolo”;
4. “Eccesso di potere per inosservanza / violazione di giudicato, rispettivamente per travisamento / errata interpretazione di sentenza. Conseguente errata classificazione della zona de qua come “zona produttiva”, invece che come c.d. “zona mista” di Bolzano”;
5. “Violazione ed erronea applicazione dell’(abrogato) art. 48/quinquies e/o dell’(attuale) art. 44/ter L.P. n. 13/1997 (legge urbanistica provinciale). Eccesso di potere per insufficiente, rispettivamente contraddittoria motivazione sul punto”;
6. “Eccesso di potere per annullamento in autotutela in assenza di interesse pubblico concreto. Travisamento dei fatti per comparazione con casi del tutto diversi. Insufficiente motivazione sul punto”.
Si è formalmente costituito in giudizio il Comune di Bolzano, con atto depositato il 3 settembre 2008, riservandosi di controdedurre nel prosieguo e chiedendo il rigetto del ricorso, siccome infondato.
Con atto notificato alle parti il 25 settembre 2008 è intervenuta in giudizio, ad opponendum, l’Unione Commercio Turismo e Servizi della Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato.
Con memoria depositata il 27 settembre 2008 il Comune di Bolzano ha esposto le proprie controdeduzioni, insistendo per il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2008 il procuratore della ricorrente ha rinunciato ai termini di difesa in relazione all’intervento ad opponendum dell’Unione Commercio Turismo e Servizi della Provincia autonoma di Bolzano, contestandone, però, la legittimazione ad intervenire e chiedendone l’estromissione dal giudizio, in quanto nessuno degli associati dell’Unione è parte in causa. Il procuratore dell’Unione Commercio Turismo e Servizi si è opposto all’eccezione in quanto, essendo un ente esponenziale della categoria mercantile in provincia di Bolzano, ha un preciso interesse ad un’inequivocabile interpretazione delle norme applicate nella vicenda controversa.
Sentite le parti, il ricorso veniva poi trattenuto in decisione.
Con ordinanza collegiale n. 44/08, depositata il 15 ottobre 2008, il Tribunale ha disposto l’acquisizione in giudizio dei seguenti documenti:
* “planimetrie relative a ciascun piano dell’esistente edificio ex Famila (poi Eurospar + Sorelle Ramonda), in via Galilei, le quali pongano in rilievo i limiti delle singole superfici in relazione alle quali sono state rilasciate autorizzazioni commerciali e indichino, per ciascuna delle dette superfici, gli estremi della rispettiva autorizzazione commerciale o della comunicazione fatta ai sensi dell’art. 4 della legge provinciale 17.2.2000, n. 7; nelle planimetrie richieste dovranno risultare anche le superfici libere;
* copia delle relazioni tecniche relative alla concessione edilizia n. 41/2005 e alle successive varianti.
Inoltre, ha chiesto di conoscere “i numeri delle particelle edificali e i numeri civici dell’edificio ex Famila, nonché dei demoliti edifici ex Maxi C+C e Officine Salzburger”.
In data 21 novembre 2008 l’Amministrazione ottemperava alla suddetta richiesta, esibendo copia delle planimetrie relative a ciascun piano dell’esistente edificio denominato “ex Famila” e precisando che “da una verifica eseguita presso l’Ufficio Attività economiche e concessioni, non risulta tuttavia che alle singole licenze commerciali sia mai stata allegata la planimetria di riferimento di cui alla specifica concessione edilizia, e per tale ragione risulta concretamente impossibile indicare, per ciascuna delle superfici, gli estremi delle rispettive autorizzazioni commerciali o delle comunicazioni fatte ai sensi dell’art. 4 della L.P. 7/00”. Venivano inoltre prodotte in giudizio le relazioni tecniche relative alla concessione edilizia n. 41/2005 e indicati i numeri civici e le particelle edificiali, come richiesto.
Nei termini di rito le difese della ricorrente e dell’Amministrazione producevano memorie a sostegno delle rispettive difese.
All’udienza pubblica del 14 gennaio 2009, sentite le parti, il ricorso veniva nuovamente trattenuto in decisione.
Con ordinanza collegiale n. 7/09, depositata il 20.1.2009, ritenuto necessario, ai fini della decisione, di completare l’istruttoria, il Tribunale ha chiesto all’Amministrazione di:
* “indicare la superficie complessiva dell’edificio denominato ex Famila (p.ed. 2926, via Galilei 14, 16, 18, 20, 20A e 20B), con l’indicazione, all’interno di essa, della superficie destinata al commercio al dettaglio;
* elencare le autorizzazioni amministrative per il commercio al dettaglio rilasciate in via Galilei 14, 16, 18, 20, 20A e 20B, indicando per ciascuna di esse a quale numero civico corrisponda e la superficie di vendita autorizzata (nel caso in cui ciò non risulti agli atti del competente ufficio, si chiede di verificare, attraverso apposite misurazioni, la superficie effettivamente destinata al commercio al dettaglio);
* indicare quali delle suddette autorizzazioni sono oggi attive;
* ricostruire il quadro storico delle diverse destinazioni urbanistiche dell’area interessata, con l’indicazione dei relativi provvedimenti adottati nel tempo”.
In data 19 febbraio 2009 l’Amministrazione ottemperava alla suddetta richiesta, rispondendo ai quesiti posti ed esibendo documentazione a supporto dei chiarimenti forniti.
All’udienza pubblica dell’1 aprile 2009, sentite le parti, il ricorso veniva nuovamente trattenuto in decisione.
D I R I T T O
1) In primis deve essere esaminata l’eccezione sollevata dalla difesa della ricorrente in relazione alla legittimazione dell’Unione Commercio Turismo e Servizi ad intervenire ad opponendum nella presente vertenza, chiedendone l’estromissione dal giudizio, in quanto nessuno degli associati dell’Unione sarebbe parte in causa.
1a) L’eccezione non è fondata
1b) Le associazioni di settore sono legittimate a difendere in sede giurisdizionale gli interessi di categoria dei soggetti di cui hanno la rappresentanza istituzionale o di fatto, non solo quando si tratti della violazione di norme poste a tutela della categoria stessa, ma anche ogniqualvolta si tratti di perseguire comunque il conseguimento di vantaggi, sia pure di carattere puramente strumentale, giuridicamente riferibili alla sfera della categoria, con l’unico limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni concernenti i singoli iscritti ovvero capaci di dividere la categoria in posizione disomogenee. Tali principi sono a loro volta la proiezione dell’altro principio secondo cui l’interesse collettivo deve identificarsi con l’interesse di tutti gli appartenenti alla categoria unitariamente considerata e non con interessi di singoli associati o di gruppi di associati atteso che un’associazione di categoria è legittimata a proporre ricorso a tutela della totalità dei suoi iscritti, non anche per la salvaguardia di posizioni proprie di una parte sola degli stessi. Nella presente vertenza l’Unione ha un inequivocabile interesse all’interpretazione e all’applicazione delle norme che riguardano l’esercizio del commercio al dettaglio nelle zone destinate all’attività produttiva e, anche, nelle zone cosiddette miste, al fine di garantire il principio di parità di trattamento di tutta la categoria in situazioni simili ed al fine prevenire eventuali rischi che potrebbero falsare la concorrenza nel commercio al dettaglio in Provincia di Bolzano (vedasi anche Consiglio Stato, sez. V, 07 settembre 2007, n. 4692).
2) Nel merito il ricorso è infondato.
3) Per una migliore economia processuale questo Collegio ritiene di non dover seguire l’ordine dei motivi proposti nel ricorso. Infatti, il giudice amministrativo non è vincolato all’ordine impresso dalla parte ricorrente alla trattazione dei motivi di invalidità, in quanto, pur spettando al ricorrente determinare l’ambito e i limiti della cognizione sulla legittimità del provvedimento amministrativo definendo, attraverso i motivi e le loro argomentazioni, le ragioni per le quali ne chiede l’ annullamento, tuttavia è il giudice, sulla base della valutazione delle priorità logiche, a dover individuare l’ordine secondo cui le censure vanno esaminate, tenendo conto della loro consistenza oggettiva e della relazione fra le stesse esistente, indipendentemente dalla richiesta delle parti.
4) Con i motivi dedotti in giudizio, che per connessione logico-giuridica possono essere esaminati congiuntamente, la ricorrente deduce che l’ampia motivazione del provvedimento impugnato, avente per oggetto il rigetto per irricevibilitá ed insanabile contrasto con la vigente normativa in materia delle quattro sopraccitate istanze per il rilascio di altrettante autorizzazioni e delle quattro comunicazioni di cui all’art. 4, comma 2, della legge provinciale n. 7 del 17 febbraio 2000 per l’apertura di 4 nuovi esercizi per il commercio al dettaglio (doc. 2 del Comune) in Via G. Galilei n. 20, da un punto di vista logico-sistematico, potrebbe essere suddivisa in:
* motivi di rigetto tratti dalla disciplina del commercio;
* motivi di rigetto desunti dalla disciplina urbanistica;
* motivi di interesse pubblico e di parità di trattamento.
a) Per quanto riguarda i primi, classificati dallo stesso Comune come preminenti, il Comune, premettendo che non si sarebbe potuto formare alcun silenzio-assenso in relazione alle comunicazioni / domande in esame in quanto l’immobile è ancora in fase di costruzione e quindi l’attuale esercizio del commercio comunque non sarebbe possibile, lamenterebbe il contrasto delle comunicazioni / domande con gli artt. 7 e 8, comma 1, lettera c), D.P.G.P. n. 39/2000 (regolamento di esecuzione della legge provinciale del commercio n. 7/2000) per mancata produzione della ivi prevista indicazione “urbanistica”, nonché con l’art. 8, comma 2, stesso D.P.G.P., per mancata produzione (limitatamente alle richieste di autorizzazione) di planimetria approvata dei locali in questione riportante la destinazione d’uso di commercio al dettaglio.
b) In ordine alla disciplina urbanistica, il Comune di Bolzano – sul presupposto della classificazione della zona in cui si troverebbe l’immobile di Via Galilei 20 come “zona produttiva” – in sostanza eccepirebbe che le uniche attività commerciali al minuto ivi consentite sarebbero quelle previste dalla restrittiva normativa urbanistica in materia (vecchio art. 48/quinquies, ora art. 44/ter, comma 3, legge urbanistica provinciale n. 13/1997), nonché le preesistenze e loro ampliamenti (ciò asseritamente in base alla giurisprudenza creatasi sul punto, in particolare sentenze TRGA di Bolzano n. 40/03 e CdS n. 5205/04), con esclusione quindi del commercio al dettaglio di prodotti “alimentari” e “non alimentari”.
c) Con il terzo gruppo di motivi il Comune asserirebbe che con il provvedimento impugnato esso avrebbe inteso salvaguardare l’interesse pubblico e la parità di trattamento, segnatamente in riferimento ai noti casi “Trony” e “Electronia”.
5) Il nocciolo della questione dedotta in giudizio riguarda il problema se la ricorrente può vantare il diritto al rilascio di autorizzazioni per l’apertura nello stabile di cui al civico n. 20 di Via G. Galilei di nuovi esercizi di commercio al dettaglio, rispettivamente se, il rigetto, per irricevibilitá ed insanabile contrasto con la vigente normativa in materia delle autorizzazioni e delle comunicazioni per l’apertura di nuovi esercizi di cui all’art. 4, comma 2, della l.p. n. 7/2000 (nuovo ordinamento del Commercio), in epigrafe meglio specificati, disposto dal Comune di Bolzano in sede di autotutela ed impugnato con la presente vertenza, sia legittimo o meno.
6) Con una prima censura la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 2, e dell’art. 5, comma 3, L.P. n. 7/2000 (ordinamento del commercio), in quanto, al contrario di quanto dichiarato dal Comune con il provvedimento impugnato, sussisterebbe la piena validità ed effettività delle comunicazioni ed il silenzio-assenso formatosi in relazione alle comunicazioni / domande in esame per decorso dei termini, non avendo il Comune decretato il rigetto delle richieste in parola entro i termini sopra riportati (30 gg. per le comunicazioni e 60 giorni per le autorizzazioni all’apertura dei nuovi esercizi).
Il Comune però – in assenza di una qualsiasi norma che sospenda i suddetti termini fino al momento di ultimata costruzione dell’edificio in cui si intende esercitare il commercio – avrebbe deliberato in un momento in cui tutti i termini (per il formarsi dell’effettività delle comunicazioni e del silenzio-assenso per le autorizzazioni per medie strutture) sarebbero ampiamente scaduti con la conseguenza che le comunicazioni, le quali non conterrebbero errori o lacune e non violerebbero la normativa vigente in materia, dovrebbero ritenersi a tutti gli effetti esecutive e le autorizzazioni per le medie strutture richieste accordate per silenzio-assenso.
La motivazione del Comune sul punto, cioè, che non si sarebbe potuto formare nessun silenzio-assenso in assenza di edificio pronto all’uso sarebbe contraria alla lettera della legge e del tutto illogica, nonché insufficiente in quanto si limiterebbe a statuire quanto sopra senza indicazione di una norma o prassi di riferimento.
6a) Tale censura non ha pregio; inoltre non incide per la decisione della presente vertenza.
6b) Infatti, l’art. 4, comma 2, della legge provinciale n. 7/2000 (nuovo ordinamento del commercio) dispone che l’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di vendita fino al limite di cui al comma 1 (cioè 150 m²) di una piccola struttura di vendita sono soggetti a previa comunicazione al comune competente per territorio e possono essere effettuati decorsi 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, a meno che la richiesta contenga errori o lacune o violi la normativa vigente in materia.
L’art. 5 della stessa legge provinciale a sua volta dispone che: “Per medie strutture di vendita si intendono gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui all’articolo 4, comma 1, e fino a 500 metri quadrati.
L’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di vendita fino al limite massimo di cui al comma 1 di una media struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal sindaco del comune competente per territorio, nel rispetto degli indirizzi e criteri programmatori provinciali, degli strumenti di pianificazione comunale adottati sulla base degli indirizzi e dei criteri provinciali, nonché degli strumenti urbanistici comunali.
Le domande si intendono accolte se entro 60 giorni dalla data di ricevimento non viene adottato il provvedimento di diniego. Tale termine è sospeso per la durata di 20 giorni, nel caso di richiesta di ulteriore documentazione da parte del comune, il quale ha comunque dieci giorni di tempo dal ricevimento della documentazione per adottare il provvedimento finale”.
6c) Il Collegio concorda con la ricorrente che in base alla predetta normativa si forma il silenzio assenso qualora il Comune non intervenga entro il termine di 30 giorni per le comunicazioni di cui al sopraccitato art. 4, comma 2, rispettivamente entro il termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda di autorizzazione; quest’ultimo termine può essere sospeso per la durata di 20 giorni, nel caso di richiesta di ulteriore documentazione da parte del comune, il quale ha in seguito dieci giorni di tempo dal ricevimento della documentazione per adottare il provvedimento finale.
Ora, nel caso di specie le comunicazioni di cui al citato art. 4, comma 2, rispettivamente le domande di autorizzazione per l’apertura di strutture medie sono state presentate al Comune di Bolzano in data 22 marzo 2007 rispettivamente in data 4 maggio 2007.
Non risulta dagli atti depositati a corredo del ricorso rispettivamente a corredo delle costituzioni delle parti resistenti che tali termini siano stati sospesi o interrotti a seguito di provvedimenti ovvero di richieste di ulteriore documentazione.
Infatti, la nota della Direttrice dell’Ufficio attività economiche e concessioni dd. 10.5.2007 non poteva produrre tale effetto, in quanto contiene unicamente la comunicazione di rito che “questo ufficio sta valutando gli aspetti urbanistici in considerazione che l’immobile è in corso di ristrutturazione” (doc. n. 12 Comune); il termine può essere sospeso unicamente per richiesta di ulteriore documentazione da parte del comune.
Il Comune di Bolzano, quindi, è rimasto inerte fino all’avviso di avvio del procedimento dd. 7.11.2007 per il rigetto, oggetto della presente vertenza, ragione per cui a tale data si sarebbero già formati i silenzi assensi sia in relazione alle comunicazioni di cui all’art. 4, comma 2, sia in relazione alle richieste autorizzazioni per l’apertura di nuovi esercizi.
6d) È, però, da sottolineare che a monte delle norme appena citate, in base alle quali si forma il silenzio assenso, rilevano anche i disposti che sia l’autorizzazione al commercio al dettaglio sia la comunicazione di cui all’art. 4, comma 2, non devono contenere né errori o lacune e non devono violare la normativa vigente in materia. Nel caso di specie le comunicazioni e le richieste sono state rigettate con il provvedimento impugnato perché viziati da illegittimità, non solo sotto profili formali ma anche sostanziali, come rilevato in prosieguo.
6e) È ben vero che la formazione del silenzio assenso comporta, in base al principio del ne bis in idem, la consumazione del potere di amministrazione attiva in ordine alla decisione sull’istanza. Però è altrettanto vero, come è stato più volte affermato in giurisprudenza (Consiglio di stato, sez. VI, 21 aprile 1999, n. 494, Consiglio Stato , sez. V, 17 marzo 2003, n. 1381, TAR Lombardia 7 giugno 2006 n. 1321 nonché 17 maggio 2006 n. 1216, TAR Lazio 20 gennaio 2006 n. 460), che la maturazione del silenzio non comporta la consumazione tout court del potere amministrativo di regolare in un lasso di tempo successivo la fattispecie tacitamente assentita. Al pari dei provvedimenti espressi, anche la determinazione tacita che maturi con il congegno della finzione di cui all’art. 20 della legge n. 241/1990 risp. di cui all’art. 22 della legge provinciale n. 17 del 22.10.1993 è, infatti, suscettibile di incisione, mercé l’esercizio degli ordinari poteri di autotutela, per effetto di una rinnovata valutazione dell’assetto di interessi e dei profili normativi.
Significativa, in proposito, è la decisione della Sezione VI, 21 aprile 1999, n. 494, che ammette la possibilità, per l’Amministrazione, di assumere un provvedimento di diniego espresso pur dopo la formazione del silenzio-assenso, ma ciò nei soli limiti in cui detto provvedimento possa valere quale sostanziale esercizio dei poteri di autotutela; permane, cioè, il potere in capo alla P.A. di esprimersi con un provvedimento di diniego, allorché questo abbia le caratteristiche di un provvedimento di rimozione, in sede di autotutela, del provvedimento di consenso tacito.
Nel caso di specie il provvedimento impugnato, nonostante sia formalmente qualificato di rigetto, ha, invero, tutte le caratteristiche di un provvedimento di annullamento, in via di autotutela, del silenzio assenso formatosi, in quanto risulta avviato il procedimento (doc. n. 3 ricorso), risultano presentate le osservazioni della ricorrente (senza elevare, fra l’altro la questione del silenzio assenso intervenuto – doc. n. 4 ricorso) ed il provvedimento stesso contiene le motivazioni necessarie, ivi inclusa quella in relazione al pubblico interesse concreto alla rimozione degli atti da annullare (vedasi anche TAR Lombardia Milano n. 1321 del 7.6.2006).
Posto che nell’impugnato provvedimento viene dedotta l’assenza dei presupposti di sostanza (come verrà meglio specificato in seguito) che legittimano la rimozione dell’autorizzazione occorre verificare se la formazione del silenzio-assenso paralizza il potere della Pubblica Amministrazione di esprimersi attraverso un formale diniego, se e in quanto esso implichi la volontà di rimuovere lo stesso provvedimento tacito.
In conclusione, quindi, il Comune poteva assumere un provvedimento di diniego espresso pur dopo la formazione del silenzio – assenso, permanendo il potere in capo alla Pubblica Amministrazione di esprimersi con un provvedimento di diniego, allorché questo abbia le caratteristiche di un provvedimento di rimozione, in sede di autotutela, del provvedimento di consenso tacito (vedasi anche Consiglio Stato, sez. V, 17 marzo 2003, n. 1381).
6f) Per queste considerazioni la censura non ha pregio, atteso che le autorizzazioni richieste e le comunicazioni sopra meglio specificate, oggetto della presente vertenza, sono state rigettate/annullate con il provvedimento impugnato perché viziate da illegittimità, non solo formali ma anche sostanziali, che verranno esaminati in prosieguo.
7) Con un altro mezzo di censura la ricorrente deduce che il Comune sarebbe incorso in eccesso di potere per inosservanza / violazione di giudicato rispettivamente per travisamento / errata interpretazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5205 del 19.7.2005, cioè, per errata classificazione della zona de qua, in cui è situato l’immobile, come “zona produttiva” invece che come c.d. “zona mista”.
Il Comune, quindi, avrebbe del tutto travisato il significato della sentenza del Consiglio di Stato n. 5205/04 citata, che si riferisce proprio all’immobile sito in Via Galilei 20, non osservando il relativo giudicato, sia per quanto riguarda la classificazione urbanistica dell’area in questione, sia (di conseguenza) per quanto riguarda i limiti entro i quali sarebbe ivi esercitabile il commercio al dettaglio.
Il Comune nel provvedimento impugnato – asserendo addirittura che questo sarebbe il motivo di diniego principale, su cui il rigetto si fonderebbe in primis – eccepirebbe che la ricorrente, con le domande dd. 4.5.2007, volte ad ottenere l’autorizzazione di cui in epigrafe, e con le comunicazioni di cui all’art. 4, comma 2, l.p. n. 7/2000, dd. 27.3.2007, rigettate, in via di autotutela, con il provvedimento qui impugnato, non avrebbe prodotto, in violazione dell’art. 8, comma 2, D.P.G.P. 39/2000, la planimetria, approvata e riportante la destinazione d’uso di commercio al dettaglio, dei locali di vendita effettivamente ed in concreto esistenti, risp. che comunque tale planimetria non sarebbe sussistita al momento dell’emanazione, da parte del Comune, del rigetto delle autorizzazioni, e che anzi ciò, nel caso di specie, non sarebbe nemmeno possibile in quanto l’edificio si troverebbe in fase di costruzione/ristrutturazione.
7a) La ricorrente deduce, inoltre, le seguenti ulteriori censure:
* l’art. 8, comma 2, D.P.G.P. n. 39/2000 sarebbe applicabile solo in relazione alle autorizzazioni per medie e grandi strutture di vendita, mentre i quattro esercizi, oggetto del provvedimento di autotutela impugnato, avrebbero una superficie di 150 mq e sarebbero quindi da classificarsi come piccoli esercizi; il richiamo a tale articolo sarebbe pertanto del tutto errato.
* In stretto subordine, comunque, l’art. 8, comma 2, del D.P.G.P. in questione disporrebe quanto segue: “Le domande di rilascio dell’autorizzazione debbono essere esaminate secondo l’ordine cronologico di presentazione. Prima del rilascio materiale dell’autorizzazione, l’autorità competente richiede all’interessato tutti i documenti non già in suo possesso e ritenuti necessari … ed in particolare la planimetria dei locali di vendita, approvata dall’organo competente e riportante la destinazione d’uso di commercio al dettaglio”;
* la norma prescriverebbe quindi il seguente iter: l’interessato inoltra domanda di autorizzazione, che l’amministrazione esamina e accoglie o rigetta; solo in caso di provvedimento di accoglimento – che, si badi bene, non è ancora l’autorizzazione commerciale in sè – e solo in caso di esplicita richiesta da parte dell’amministrazione, se ed in quanto la stessa lo reputa necessario, l’interessato sarebbe poi tenuto a fornire all’amministrazione, prima del materiale rilascio della licenza stessa, i documenti richiesti tra cui la planimetria con la destinazione d’uso.
Pertanto, la norma in questione non prescriverebbe ex lege la necessità di produzione della planimetria in questione, ma prevedrebbe l’onere di produzione della stessa da parte dell’interessato solo se espressamente richiesto dall’amministrazione prima del rilascio materiale dell’autorizzazione in quanto ritenuta dalla stessa necessaria.
Evidentemente, nel caso in esame, l’amministrazione non avrebbe ritenuto necessario richiedere la produzione del documento de quo prima del rilascio delle autorizzazioni (che si sarebbe perfezionato a seguito del silenzio assenso), per cui le stesse non potrebbero ora essere rigettate in via di autotutela, adducendo una tale motivazione.
Alla luce dei criteri interpretativi letterali e logici, e anche alla luce della prassi ormai consolidatasi nella Provincia di Bolzano, (cioè, dell’inoltro delle planimetria alle amministrazioni solo su espressa richiesta) sarebbe evidente l’erroneità dell’interpretazione data dal Comune alla norma in esame e la conseguente violazione delle stesse.
7b) Le censure della ricorrente non sono convincenti.
7c) Necessita, dapprima, puntualizzare che la ricorrente aveva inoltrato, in data 27.3.2007 quattro comunicazioni di cui all’art. 4, comma 2, della legge provinciale n. 7/2000 ed in data 4.5.2007 quattro domande per il rilascio di autorizzazioni per l’apertura di complessivamente 8 nuovi esercizi per il commercio al dettaglio nello stabile in Via G. Galilei, civico n. 20. Tale fatto (apertura degli esercizi in Via G. Galilei n. 20) risulta dalla documentazione depositata sia dalla ricorrente (doc. n. 2) sia dal Comune (doc. nn. da 3 a 10) e viene in seguito esplicitamente confermata dalla ricorrente con la memoria depositata in data 2.2.2009.
Nelle predette domande di autorizzazione all’apertura degli esercizi, però, risultano anche indicate le pp.ed. 1193, 2619, 1196/1 sulle quali dovrebbero essere esercitate le attività di commercio al dettaglio in questione.
A seguito dell’esame della documentazione prodotta dalla difesa del Comune (doc. n. 15, 16, 17, 18, 21) rispettivamente dalla documentazione prodotta dal Direttore dell’ufficio Gestione del Territorio in ottemperanza dell’ordinanza di questo Tribunale n. 44/2008 può essere desunto che agli edifici gia esistenti sulle pp. ed. Officine Salzburger) e 1196/1 (ex edificio Maxi C + C), dove sorgerà un nuovo edificio (non ancora esistente all’atto dell’emissione del provvedimento impugnato dd. 25.1.2008), erano attribuiti in passato i numeri civici n. 22 per il demolito edificio Maxi C + C e n. 24 per il demolito edificio ex Officina Salzburger.
Il civico n. 20 di Via Galilei (con i vari accessi contrassegnati con i n. civ. 14, 16, 18, 20°, 20 B), invece era ed è tuttora attribuito, come verrà accertato da questo Collegio in seguito allo stabile insistente sulla p.ed. 2926.
La p.ed. 2619 risultante anch’essa (come sopra annoverato) nelle varie domande di autorizzazioni, oggetto della presente vertenza, non fa capo né allo stabile contrassegnato con il numero civico 20 (ed numeri dei vari accessi) né agli edifici demoliti ai quali erano attribuiti in passato i numeri civici 22 e 24.
7e) Per inquadrare meglio la questione necessita riportare l’art. 8, comma 2, del Regolamento di esecuzione della legge provinciale 17 febbraio 2000 n. 7, approvato con D.P.G.P. 30.10.2000 n. 39 che dispone: “2. Le domande di rilascio dell’autorizzazione debbono essere esaminate secondo l’ordine cronologico di presentazione. Prima del rilascio materiale dell’autorizzazione, l’autorità competente richiede all’interessato tutti i documenti non già in suo possesso e ritenuti necessari a certificare i fatti e i dati dichiarati all’atto della domanda, salvo quelli per i quali è sufficiente ed è stata resa l’autocertificazione, ed in particolare la planimetria dei locali di vendita, approvata dall’organo competente, e riportante la destinazione d’uso di commercio al dettaglio.”
Dal predetto disposto si evince, senza ombra di dubbio, che la produzione della planimetria dei locali di vendita è presupposto indispensabile per il rilascio di un’autorizzazione all’apertura di un esercizio di commercio al dettaglio.
Tale obbligo vale sia per la richiesta delle autorizzazioni per medie e grandi strutture di vendita, sia per i piccoli esercizi, in quanto l’art. 4, comma 2, della l.p. n. 7/2000 dispone che l’apertura di una piccola struttura di vendita è soggetta a previa comunicazione al comune competente per territorio, a meno che la richiesta contenga errori o lacune o violi la normativa vigente in materia.
Prescrivendo la normativa, vigente in materia, all’art. 8, comma 1, della l.p. n. 7/2000 ed all’art. 8, comma 2, del D.P.G.P. n. 39/2000 che l’esercizio del commercio al dettaglio è strettamente legato alla superficie concretamente disponibile, non rimane spazio interpretativo per esentare i piccoli esercizi (fino a 150 m²) dall’obbligo di dimostrare tale disponibilità; ciò già in sede di deposito della comunicazione presso il comune competente per territorio.
Non giova alla ricorrente addurre che sarebbe ormai prassi consolidata nella Provincia di Bolzano che la planimetria sarebbe da produrre solo su espressa richiesta del Comune. Tale prassi, peraltro, solo dichiarata e non provata dalla ricorrente, non esonererebbe la Pubblica Amministrazione dall’applicazione della norma positiva in vigore (cioè l’art. 8 del regolamento sopra specificato), atteso che la consuetudine (rispettivamente la prassi) può avere efficacia solo in quanto richiamata da una legge, secondo il principio di gerarchia delle fonti di cui all’art. 8 disp. prel.c.c.
7f) Parimenti infondata è l’asserzione della ricorrente che, nel caso di specie, alla luce dei criteri interpretativi letterali e logici, e anche alla luce della prassi ormai consolidatasi nella Provincia di Bolzano (cioè dell’inoltro delle comunicazioni / domande per l’esercizio del commercio al dettaglio già in fase di costruzione degli immobili, appunto per sapere come costruire, e produzione della planimetria solo se richiesta) sarebbe evidente l’erroneità dell’interpretazione data dal Comune alla norma in esame e la conseguente violazione delle stesse.
Anche in questo caso è applicabile il principio che la prassi può avere efficacia solo in quanto sia stata richiamata da una legge, secondo il principio di gerarchia delle fonti di cui all’art. 8 disp. prel.c.c.
8) In sede di esame della presente vertenza è emersa la necessità di disporre l’acquisizione in giudizio di diversa documentazione, dettagliatamente elencata in “fatto”. Il Comune di Bolzano ha ottemperato alle ordinanze di questo Tribunale n. 44/2008 e n.7/2009 fornendo i chiarimenti in relazione alla posizione degli stabili contrassegnati con i relativi numeri civici ed in relazione alla superficie disponibile per l’esercizio del commercio al dettaglio.
Tali chiarimenti si erano resi necessari affinché questo Collegio potesse avere certezza che per ogni autorizzazione richiesta risp. per ogni comunicazione depositata presso il Comune di Bolzano corrisponda risp. siano disponibili, anche in concreto, le superfici risultanti ed indicate nelle comunicazioni risp. nelle richieste di autorizzazione, ciò in applicazione del disposto dell’art. 8 della l.p. n. 7/2000 nonché dell’art. 8 del rispettivo regolamento di esecuzione approvato con D.P.G.P. n. 39/2000.
8a) In relazione alla numerazione civica l’Amministrazione comunale di Bolzano ha chiarito con la dichiarazione sotto riportata che risultano attribuiti i seguenti numeri civici ai rispettivi edifici, d’interesse ai fini della decisione della presente vertenza, situati lungo la Via G. Galilei e precisamente:
“Per quanto concerne infine la richiesta indicazione dei numeri delle particelle edificiali e dei numeri civici dell’edificio ex Famila, nonché dei demoliti edifici ex Maxi C+C ed Officine Salzburger, si fornisce apposita tavola del SIT, Sistema Informativo Territoriale e si fa presente quanto segue:
– Numeri delle particelle edificiali e dei numeri civici dell’edificio ex Famila: p. ed. n. 2926 cui sono attribuiti i civici n. 14 – 16 – 18 – 20 – 20A – 20B;
– Particella edificale dell’edificio Maxi C+C: p.ed. n. 1196/1: Attualmente, non essendoci alcuna edificazione, alla p.ed in questione non è attribuito nessun numero civico, in passato era attribuito il n. 22;
– Particella edificale dell’edificio ex Officine Salzburger: p.ed n. 1193 – 1194 e 1195. Attualmente, non essendoci alcuna edificazione, alle p.ed in questione non è attribuito nessun numero civico, in passato era attribuito il n. 24.”
Il Comune di Bolzano, inoltre, ottemperando alle precise richieste di questo Tribunale, formulate con l’ordinanza n. 7/2009, ha depositato in data 19 febbraio 2009 una relazione chiarendo che:
– la superficie complessiva ed attualmente utilizzabile nello stabile situato in via G. Galilei su p.ed. 2926 C.C. Dodiciville, al quale sono assegnati i numeri civici 14, 16, 18, 20, 20° e 20B, tolti 937 m² adibiti a spazi accessori (quali scale, uffici, magazzini ecc.), è di m² 2671 (3.608 m² – 937).
I calcoli delle superfici attualmente disponibili per il commercio al dettaglio non vengono significatamente contestati dalla ricorrente, anzi dalla memoria conclusiva può essere desunto che, a seguito delle visure catastali, lo stabile in questione risulterebbe avere una superficie complessiva di m² 3.831, di cui però solo 2.000 m² coperti (solo questi ultimi quindi utilizzabili ai fini del commercio al dettaglio – vedasi anche regolamento di esecuzione n. 39/2000, art. 1 e seguenti).
A questa superficie sarebbero da aggiungere, tolti 306 m² destinati ad uffici, 1.492 m² (1798 m² – 306 m²) in fase di realizzazione.
A tale superficie, utilizzabile a scopi di commercio al dettaglio, fanno capo le seguenti autorizzazioni:
– autorizzazioni attive che occupano una superficie di m² 3.122 (32 + 1.500 + 1.590 m²);
– autorizzazioni sospese in attesa del certificato di abitabilità 960 m² (360 + 280 + 290 m²);
Dai conteggi sopra esposti e forniti dal Comune può essere desunto che le superfici delle autorizzazione attive superano gli spazi attualmente disponibili (2.671 m²) ai fini dell’esercizio del commercio al dettaglio.
Invece, le superfici complessivamente utilizzabili dopo l’ultimazione dei lavori (di ampliamento dell’edificio al civ. n. 20) saranno di m² 4.163 m² (2.671 + 1492 m²) che faranno capo a m² 4.082 di autorizzazioni attive o sospese in attesa del certificato di agibilità. Per cui, dopo l’agibilità delle superfici sopra riportate la ricorrente disporrà di m² 81 (4.163 – 4082), sfruttabili per l’ampliamento delle autorizzazioni in atto ovvero per l’apertura di nuovi esercizi.
Quindi, dai calcoli sopra riportati questo Collegio trae la conclusione che tutte le superfici dello stabile su p.ed. 2926, che corrisponde al n. civico 20 (ivi inclusi i numeri civici 14, 16, 18, 20 A e 20B), utilizzabili a fini di commercio al dettaglio sono interessate ed occupate dalle autorizzazioni attive o sospese in attesa del certificato di agibilità: la differenza disponibile di m² 81 non raggiunge minimamente l’estensione per giustificare neanche una delle autorizzazioni annullate con il provvedimento impugnato (2.525 m²).
8b) Giustamente, pertanto, il Comune ha rigettato/annullato, in via di autotutela, le autorizzazioni rispettivamente le comunicazioni di cui all’art. 4, comma 2, oggetto della presente vertenza, in quanto, ai sensi della legge provinciale n. 7 del 17.2.2000 (Nuovo ordinamento del Commercio) e del regolamento di esecuzione approvato con D.P.G.P. 30.10.2000 n. 39 mancava un presupposto essenziale, cioè una superficie concretamente utilizzabile per l’esercizio del commercio al dettaglio, visto che in base alle norme appena citate (art. 7) è vietato esercitare il commercio al dettaglio in base ad autorizzazioni diverse nello stesso locale.
8c) Per queste considerazioni, quindi, legittimamente il Comune di Bolzano ha rigettate/annullate le autorizzazioni e le comunicazioni, oggetto della presente vertenza, perché al rilascio ostavano ab initio i presupposti urbanistici, cioè, mancavano in concreto le superfici su cui esercitare il commercio al dettaglio. Inoltre, l’art. 8 della legge provinciale n. 7/2000 (Nuovo ordinamento del commercio) vieta l’esercizio del commercio al dettaglio in base ad autorizzazioni diverse nello stesso locale, cioè, sulle superfici già occupate da altre autorizzazioni. Quindi, mancavano ab initio i presupposti richiesti dal “Nuovo ordinamento del commercio” per il rilascio delle autorizzazioni. Il Comune di Bolzano, giustamente, ha rivalutato in sede di rigetto/annullamento, l’esistenza di tali presupposti, visto anche che lo stesso Consiglio di Stato affermava nella sentenza n. 5205 del 19.7.2004 che “resta in ogni caso salva ed impregiudicata ogni ulteriore valutazione dell’Amministrazione in ordine alla compatibilità delle richieste autorizzazioni con la vigente normativa, statale e provinciale, in materia di commercio”.
9) Non giova alla ricorrente il tentativo di far considerare facenti parte del civico n. 20 di Via G. Galilei anche gli erigendi edifici sulle pp.ed. 1196/1, 1193, 1194, e 1995, già n. civici 22 rispettivamente 24.
A tal fine il Collegio concorda con il Comune di Bolzano che, giusta i disposti della legge n. 1228 del 24.12.1954 e del regolamento di esecuzione, approvato con D.P.R. n. 223 del 30.5.1989, la numerazione civica è assegnata dai comuni (art. 10 legge) unicamente per edifici esistenti e che un apposito numero civico deve essere assegnato a tutti gli accessi esterni ed anche interi (art. 42 regolamento). L’assegnazione del numero civico è di competenza esclusiva del Comune che può sostituirsi al proprietario dell’edificio qualora tale numerazione civica non viene applicata dallo stesso secondo le indicazioni impartite (art. 43 regolamento).
9a) Incontestabile è il fatto che il numero civico 20 (ivi compresi i vari numeri indicanti le singole entrate esterne e interne) di via G. Galilei fa capo unicamente allo stabile di cui all’edificio su p.ed. 2926.
È fuori luogo qualsiasi richiamo, da parte della ricorrente, a situazioni esistenti nei decenni pregressi (negli anni settanta), in quanto, i Comuni sono tenuti, in applicazione del disposto dell’art. 47 del citato regolamento n. 223/1989, in sede di ogni censimento generale della popolazione, alla revisione dell’onomastica e della numerazione civica per adeguarle alla situazione esistente, avendo all’uopo particolare riguardo anche a nuove costruzioni ed a demolizioni. L’art. 47 del regolamento n. 223/89 determina che la predetta revisione deve essere effettuata d’ufficio, indipendentemente dalla richiesta dei proprietari dei fabbricati di cui all’art. 43 ed a prescindere dall’eventuale carattere abusivo di nuove costruzioni.
Essendo i censimenti generali della popolazione stati effettuati ogni decennio (vale a dire negli anni 1981, 1991, 2001) è da considerare, quindi, unicamente la situazione della numerazione civica effettivamente attribuita ai vari edifici in quelle occasioni.
Infine, spetterà al Comune, in applicazione della normativa sopra citata, assegnare agli erigendi edifici sulle pp.ff. 1196/1, 1193, 1194, 1995, già numeri civici 22 e 24, i numeri civici per i vari accessi esterni ed anche interni prima del rilascio del certificato di agibilità. In altre parole, non spetta al proprietario degli edifici scegliere il numero civico degli accessi esterni ed interni, cioè, scegliere quali accessi fanno capo a numeri civici gia assegnati (nel caso di specie il numero 20 di via G. Galilei).
9b) Il Comune di Bolzano ha chiarito, in ottemperanza delle ordinanze n. 44/2008 e 7/2009, per quanto è d’interesse per la decisione della presente vertenza, la situazione della numerazione civica attribuita ai vari edifici in via Galilei, all’atto dell’invio delle comunicazioni al Comune rispettivamente del rilascio delle autorizzazioni (però tale situazione esisteva già prima della demolizione degli edifici contrassegnati con i n. civici 22 e 24), oggetto della presente vertenza, e ciò indipendentemente dell’attuale posizione ove le targhe, ed in specifico la targa n. 20, è stata applicata.
Ai fini della decisione della presente vertenza, questo Collegio ritiene, pertanto, non necessario disporre, come richiesto dal difensore del Comune di Bolzano in sede di discussione in pubblica udienza, la formale acquisizione del verbale di constatazione del Servizio controllo costruzioni del Comune di Bolzano n. 484 dd. 23.7.1998 e del verbale di constatazione dello stesso Servizio n. 104 dd. 31.3.2009. Con tale documentazione sarebbe stato accertato che la targa con il numero civico 20 sarebbe stata rimossa dallo stabile su p.ed. 2926 ed applicata su una parete di un edificio in costruzione.
Sarà, comunque, cura della Segreteria di questo Tribunale trasmettere per competenza, in applicazione del disposto dell’art. 331 c.p.p., copia del verbale di udienza dell’1.4.2009 e di questa sentenza alla Procura della Repubblica di Bolzano, per le valutazioni di competenza.
10) Per le considerazioni che precedono emerge che nessuna autorizzazione per l’apertura dei quattro esercizi di strutture medie per l’esercizio del commercio al dettaglio e nessuna apertura dei quattro esercizi di piccole strutture per il commercio al dettaglio, a seguito di comunicazione di cui all’art. 4, comma 2, l.p.n. 7/2000, era ed è ammessa nello stabile al quale è attribuito il numero civico 20 in quanto tutte le superfici disponibili sono già occupate da autorizzazioni attive o sospese, come sopra esposto.
Tali aperture non sono neanche possibili, allo stato, negli erigendi stabili sulle pp. ed. 1193 e 1196/1, in quanto ivi non esisteva all’atto del rigetto delle domanda (25.1.2008) un’edificazione ed in quanto trattandosi di aree che non sono coperte dal giudicato di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 5205/2004, la quale si riferisce unicamente allo stabile riportante il n. civico 20 di Via G. Galilei.
Inoltre, emerge dalla documentazione depositata (doc. n 17 Comune e n. 8 ricorso – concessione edilizia dd. 15.12.2008) che i piani dell’erigendo edificio, dove si vorrebbe esercitare il commercio al dettaglio, portano la destinazione urbanistica di commercio all’ingrosso.
11) A completamento delle considerazioni che precedono è da aggiungere che la stessa ricorrente, presentando le varie richieste di concessione edilizia per la realizzazione, rectius demoricostruzione, degli edifici sulle pp.ed 1196/1, 1193, 1194, 1995, già numeri civici 22 e 24, non aveva indicato per tali immobili qualsiasi numero civico come può essere rilevato dai documenti nn. 16, 18, 20, 21, 22, 23 depositati dal Comune. Ciò anche in rispetto delle indicazioni dell’art. 43 del regolamento DPR n. 223/1989, in base al quale l’assegnazione del numero civico è prevista non appena ultimata la costruzione del fabbricato e prima del rilascio del certificato di agibilità.
12) Si rivelano insussistenti anche le censure rivolte avverso le motivazioni contenute nel provvedimento impugnato per mancata esposizione dell’interesse pubblico concreto nonché per travisamento dei fatti per comparazione con casi del tutto diversi e per insufficiente motivazione sul punto.
La ricorrente espone che tra il formarsi del silenzio assenso in relazione alle domande di autorizzazione di medie strutture dd. 4.5.2007 rispettivamente della comunicazione di cui all’art. 4 della l.p. n. 7/2000 dd. 27. 3.2007 e il provvedimento di annullamento in autotutela impugnato dd. 25.01.2008, sarebbe trascorso un considerevole lasso di tempo, sicuramente sufficiente ad ingenerare nella ricorrente il concreto affidamento circa la legittimità delle autorizzazioni rilasciate, anche in mancanza di attuale apertura dei relativi esercizi in quanto l’edificio si trova ancora in fase di costruzione.
Ne discenderebbe che, secondo consolidata giurisprudenza, il Comune nella motivazione del provvedimento impugnato, oltre ai motivi di presunta illegittimità, avesse dovuto addurre anche un interesse pubblico concreto per il quale intendeva annullare gli atti, comparando lo stesso all’interesse privato sacrificato.
12a) Ritiene il Collegio che nel caso di specie non possa essere lamentato che sarebbe trascorso un significativo lasso di tempo sufficiente ad ingenerare nella ricorrente il concreto affidamento circa la legittimità delle autorizzazioni rilasciate, semplicemente anche per il fatto che le autorizzazioni non erano state attivate.
Inoltre, dal provvedimento stesso possono essere desunti sufficienti motivi di interesse pubblico tali da giustificare l’annullamento. Infatti, dal documento impugnato risulta: “considerato l’interesse pubblico al pedissequo rispetto delle norme vigenti ed alla disciplina del settore del commercio secondo criteri di trasparenza ed imparzialità, ravvisata la necessità di impedire il rilascio di autorizzazioni commerciali in contrasto con le vigenti prescrizioni urbanistiche e di evitare inaccettabili situazioni di disparità di trattamento (vedasi caso Trony e caso Electronia).”
Ritiene, quindi, questo Collegio che l’interesse pubblico sia stato sufficientemente motivato, visto che, nel caso contrario, ovvero nel caso del mancato annullamento/rigetto delle autorizzazioni sarebbero state create disparità, le quali il Comune di Bolzano classifica inaccettabili; per casi esattamente analoghi a quelli per cui è causa, come sottolinea l’Amministrazione resistente nelle memorie difensive.
Inoltre, nel caso di specie si trattava, all’atto dell’annullamento/rigetto del provvedimento impugnato, non solo dell’accertamento di meri vizi formali, ma di vizi sostanziali, facilmente conoscibili anche dalla ricorrente stessa (mancanza totale delle superfici necessari per l’apertura di nuovi esercizi del commercio al dettaglio), che non facevano nascere in capo alla ricorrente stessa un affidamento apprezzabile sulla regolarità della sua posizione.
13) Per queste considerazioni e poiché per consolidata giurisprudenza é sufficiente la legittimità di un unico motivo per rendere legittimo l’intero provvedimento, ancorché gli altri non lo siano, il Collegio ritiene legittimo il provvedimento impugnato.
Il Collegio ritiene, quindi, che possa prescindersi dall’esame degli altri motivi di impugnazione, visto anche che, nel tempo intercorso dal deposito delle comunicazioni e delle domande di autorizzazione ad oggi sono state emanate nuove norme (l.p. n. 3 del 2.7.2007) in materia di attività commerciale nelle zone per insediamenti produttivi (comprese quelle classificate nei piani urbanistici zone di completamento) e che nel caso di riavvio del procedimento per il rilascio di autorizzazioni, ovvero nel caso di invio delle comunicazioni di cui all’art. 4, comma 2, della l.p. n. 7/2000 troverà applicazione il principio “tempus regit actum”, considerato, in aggiunta, che nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5205/2004, più volte richiamata dalla ricorrente a difese delle proprie ragioni, risulta: “Ciò, si badi, non perché non sia consentito, nella Provincia Autonoma di Bolzano, il diniego di un’autorizzazione commerciale per ragioni di ordine urbanistico (ché anzi occorre sottolineare come in detta Provincia l’attività di commercio risulti condizionata all’osservanza della disciplina urbanistica dalla legge provinciale n. 68/1978 e, in particolare, dall’art. 16, quarto comma, che impone il rispetto delle concessioni edilizie relative alla destinazione ed all’uso dei vari edifici nelle zone urbane, nonché dall’art. 19, primo comma, che esige il rispetto delle norme relative alla destinazione d’uso di tali edificii: v. Consiglio Stato, sez. V, 4 gennaio 1993, n. 22 ), ma in forza della insufficienza ed intrinseca contraddittorietà delle cennate considerazioni di carattere urbanistico, sulle quali il Comune di Bolzano ha fondato gli impugnati dinieghi e la Provincia Autonoma di Bolzano il rigetto dei ricorsi gerarchici avverso gli stessi proposti.”
14) Nel caso di specie il Collegio ritiene, altresì, di poter prescindere dall’esame della questione se per lo stabile in Via Galilei n. 20 dovesse tersi conto delle statuizioni di cui alla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 4205 del 19.4.2004, visto che il presente ricorso va respinto per la mancanza di superfici sufficienti all’apertura di nuovi esercizi nello stabile di cui al civico n. 20 e non per il fatto che nello stabile su p. ed. 2926, contrassegnato con il numero civico 20, non sia ammesso il commercio al dettaglio.
Sussistono sufficienti motivi, vista la complessità della materia, per la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano – disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso.
Spese compensate tra le parti.
Il contributo unificato va posto per metà a carico della ricorrente e per metà a carico del Comune di Bolzano.
Ordina la trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio dell’1.4.2009.
IL PRESIDENTE f.f. L’ESTENSORE
Anton WIDMAIR Hans ZELGER
/mg
N. R.G. 114/2008
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it