Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 5 marzo 2010, il Tribunale di Rovereto condannava A.M. per il reato di abbandono di rifiuti, così qualificata l’originaria imputazione relativa alla violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183 e art. 256, comma 1, lett. a) per lo svolgimento dell’attività di recupero di rifiuti in mancanza di idoneo titolo abilitativo. Per gli stessi fatti altri due coimputati venivano invece assolti per non aver commesso il fatto.
Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.
Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183 e art. 256 e dell’art. 521 c.p.p., rilevando che il giudice aveva proceduto ad affermarne la penale responsabilità per un fatto diverso da quello contestato, non potendosi ritenere che, nella fattispecie, fosse stata operata la mera riqualificazione giuridica del fatto in quanto l’attività di recupero e quella di abbandono presupponevano condotte del tutto diverse.
Lamentava, quale conseguenza, una lesione del diritto di difesa essendosi difeso dalla originaria imputazione per vedersi poi condannato per altra ipotesi di reato.
Rilevava che il giudice avrebbe dovuto procedere a norma dell’art. 521 c.p.p., disponendo la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero.
Con un secondo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge in ordine alla valutazione dell’elemento psicologico del reato, non avendo il giudice verificato chi avesse la materiale disponibilità e responsabilità del cantiere ove erano stati accertati i fatti.
Con un terzo motivo di ricorso denunciava il vizio di motivazione in relazione alla diversa qualificazione giuridica del fatto ed alla mancata considerazione dell’efficacia dirimente di una diffida da parte del proprietario del terreno e della distinzione dei ruoli e delle qualifiche degli altri imputati.
Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
L’originaria imputazione riprodotta sulla sentenza impugnata indica l’esercizio, da parte degli imputati, nelle rispettive qualità personali, di un’attività di "recupero di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione e/o autorizzazione".
Dalla sommaria descrizione dei fatti contenuta in motivazione è dato apprendere che, nell’ambito di una verifica presso un cantiere a seguito del rinvenimento di rifiuti interrati risalenti ad alcuni decenni addietro, veniva constata la presenza di altri rifiuti da demolizione di recente produzione derivanti dall’attività edilizia in atto riguardante la demolizione di una struttura agricola e la successiva costruzione di un nuovo edificio.
Il giudice di prime cure, dopo aver rilevato che nella fattispecie non poteva configurarsi un’ipotesi di deposito temporaneo, considerava la presenza dei rifiuti come deposito incontrollato e, conseguentemente, affermava la penale responsabilità del ricorrente riqualificando il fatto in abbandono di rifiuti.
Ciò posto si osserva come l’originaria contestazione forniva una descrizione della condotta attribuita agli imputati seppure qualificata come attività di recupero non autorizzata.
Tale attività era compiutamente delineata, come chiaramente indicato in sentenza, nel verbale di sopralluogo redatto dagli organi accertatori.
Il fatto storico è dunque quello descritto nel predetto verbale ed allo stesso il giudice si è limitato ad attribuire una diversa qualificazione giuridica, senza che ciò abbia comportato alcuna lesione del diritto di difesa in quanto il ricorrente è stato posto in condizione di interloquire in merito al fatto contestatogli, perfettamente individuato nella sua oggettiva materialità.
La sentenza appare immune da censure anche con riferimento agli ulteriori motivi di ricorso.
Il giudice di prime cure ha invero operato una compiuta ricostruzione dei fatti individuando quale unico responsabile, all’esito dell’istruzione dibattimentale, l’odierno ricorrente ed escludendo ogni addebito nei confronti del direttore tecnico e del direttore dei lavori.
La distinzione dei diversi ruoli rivestiti nell’ambito della medesima impresa e, per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato, la natura contravvenzionale della violazione risultano adeguatamente considerati dal giudice del merito con apprezzamenti in fatto che, non presentando alcun profilo di incoerenza o evidenti salti logici, non sono censurabili in sede di legittimità.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
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