Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di C.A.L., Z.A. e R.M.B.M. in ordine ai reati di detenzione e cessione a terzi di sostanze stupefacenti, loro variamente ascritti nei singoli capi di imputazione.
L’affermazione di colpevolezza, in relazione alle imputazione per le quali vi è stata pronuncia di condanna, è stata fondata dal giudice di primo grado sulle risultanze delle estese intercettazioni telefoniche, delle attività di osservazione e controllo effettuate dalla polizia giudiziaria, dei sequestri di droga e delle sommarie informazioni rese da alcuni acquirenti delle sostanze stupefacenti;
elementi tutti pienamente utilizzabili per la scelta del rito abbreviato.
La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali gli appellanti avevano censurato, in generale, la sentenza di primo grado per carenza di motivazione, deducendo che nella stessa erano state riportate integralmente le risultanze delle intercettazioni telefoniche, senza che venisse espressa alcuna valutazione in ordine alla loro rilevanza probatoria.
Con riferimento alla posizione dei singoli imputati sono stati rigettati i motivi di gravame con i quali era stata variamente contestata l’affermazione di colpevolezza e chiesto, in subordine, la concessione della diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e la riduzione della pena inflitta.
In particolare era stata contestata dalla C. la propria partecipazione alle attività illecite eventualmente poste in essere dal marito R.M.; dallo Z. era stata contestata l’affermazione di colpevolezza, in quanto sostanzialmente fondata solo sulle risultanze di intercettazioni telefoniche di contenuto generico; dal R. contestata, con un atto di appello, l’affermazione di colpevolezza e con altra impugnazione era stato chiesto che il fatto contestato al capo F) dell’imputazione si ritenesse assorbito nella imputazione di cui al capo B), riferendosi entrambe le contestazioni alla stessa sostanza stupefacente.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi di persona la C. ed i difensori degli altri imputati, che la denunciano per vizi di motivazione e violazione di legge.
Motivi della decisione
Con due mezzi di annullamento la C. denuncia manifesta illogicità della motivazione della sentenza con riferimento all’affermazione di colpevolezza per il reato di cui al capo B) della imputazione e carenza di motivazione con riferimento al reato di cui al capo F). Sul primo punto si deduce che la sentenza impugnata ha desunto argomenti indiziari a sostegno dell’affermazione di colpevolezza per il reato di cui al capo B) dalla ammissione dell’imputata circa possesso della somma di Euro 3.200,00 oggetto di sequestro nella abitazione di Bassiano. Si deduce in contrario che dall’interrogatorio reso al G.I.P., di cui si allega copia, emerge chiaramente che l’ammissione dell’imputata si riferiva al possesso della somma di Euro 1.200,00, ricevuta dai genitori, e di cui è stata documentata la provenienza, per iniziare un percorso di disintossicazione in comunità.
Sul secondo punto si deduce che l’imputazione di cui al capo F) si riferisce a quattro episodi di cessione di sostanze stupefacenti a terzi e che le motivazioni, sia della pronuncia di primo grado che di quella di appello, sono del tutto carenti nella individuazione degli elementi di prova riferibili ai singoli episodi criminosi.
Con il ricorso nell’interesse dello Z. la difesa denuncia, con un unico mezzo di annullamento, carenza di motivazione in ordine alla affermazione di colpevolezza.
Si osserva che la prova delle numerose cessioni di sostanze stupefacenti attribuite allo Z. nel capo A) dell’imputazione è stata fondata dalle pronunce dei giudici di merito sulle risultanze delle intercettazioni telefoniche.
In estrema sintesi, si deduce che le conversazioni telefoniche intercettate sono state riferite dalla sentenza impugnata ad un costante rapporto di fornitura di droga da parte dell’imputato a tale Corsi, senza che siano riportate le frasi e le espressioni adoperate, dalle quali si è evinto l’univoco significato attribuito alle predette conversazioni in relazione alla cessione di sostanze stupefacenti.
In tale modo, però, non è stato consentito il controllo della motivazione su cui è fondata l’affermazione di colpevolezza e delle ragioni per le quali sono state disattese le deduzioni difensive con le quali si sosteneva il significato generico delle espressioni adoperate dagli interlocutori.
Con il primo mezzo di annullamento del ricorso presentato nell’interesse di R.M. dall’Avv. Marino si denuncia carenza assoluta di motivazione della sentenza in ordine alla affermazione di colpevolezza.
Si deduce che la sentenza di appello non ha sopperito affatto alle carenze motivazionali della pronuncia di primo grado in ordine alla affermazione di colpevolezza dell’imputato, che è stata fondata dalla Corte territoriale sulle genetiche risultanze delle intercettazioni telefoniche in assenza di qualsiasi riscontro, stante anche la inutilizzabilità delle dichiarazioni dei tossicodipendenti sentiti a sommarie informazioni; che la questione processuale su tale punto, peraltro, non è stata neppure esaminata dalla Corte territoriale.
Con il secondo mezzo di annullamento, sotto il profilo del vizio di motivazione e di violazione della legge processuale, si ribadisce la denunzia di inutilizzabilità delle dichiarazioni dei tossicodipendenti sentiti in sede di sommarie informazioni, trattandosi di persone indagate di detenzione di sostanza stupefacente. Si deduce che la scelta del rito abbreviato non rende utilizzabili anche le prove che non sono tali e si ribadisce la censura per carenza di motivazione in ordine alla affermazione di colpevolezza.
Con il terzo mezzo di annullamento si censura per carenza di motivazione e violazione di legge la mancata concessione della diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
Si deduce che la decisione in ordine alla inesistenza delle condizioni per concedere la chiesta attenuante è stata fondata sulla valutazione della globalità della vicenda, mentre doveva essere effettuata tenendo conto della lieve entità delle singole cessioni di sostanza stupefacente. Con l’ultimo motivo di gravame si denuncia l’eccessività della pena pecuniaria inflitta. Si deduce che il riferimento dell’appellante ai parametri di cui all’art. 133 bis c.p. doveva indurre la Corte territoriale a valutare le condizioni economiche dell’imputato nella graduazione della pena pecuniaria;
valutazione che non è stata effettuata.
Con un unico mezzo di annullamento con il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato dall’Avv Jappelli si denuncia violazione dell’art. 192 c.p.p. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza.
Con il motivo di gravame viene riproposta la questione dell’assorbimento della fattispecie di cui al capo F) dell’imputazione nel reato di cui al capo B).
Si deduce che in base alle risultanze processuali era emersa prova della sostanziale identità tra la sostanza stupefacente, costituita da eroina e cocaina da destinare allo spaccio per complessivi grammi 500, acquistata tra il (OMISSIS), oggetto di contestazione nel capo F) dell’imputazione, e quella, in quantità minore, detenuta dall’imputato e sequestrata in data 12.3.2007, oggetto di contestazione nel capo B) dell’imputazione. Invero la sostanza stupefacente rinvenuta e sequestrata costituiva evidentemente il residuo di quella originariamente acquistata, tenuto conto delle cessioni a tossicodipendenti effettuate medio tempore, la cui prova era fondata sulle risultanze delle intercettazioni telefoniche.
Si deduce, quindi che la sentenza impugnata ha respinto la richiesta di assoluzione dell’imputato fondata su risultanze certe mediante il ricorso ad affermazioni apodittiche ovvero alla congettura che l’imputato avesse effettuato anche altri acquisti di sostanza stupefacente; che la motivazione, inoltre, risulta illogica, in quanto si da sostanzialmente atto della rispondenza del quantitativo di stupefacente sequestrato il (OMISSIS) con quello acquistato tra il (OMISSIS).
I ricorsi non sono fondati.
L’affermazione di colpevolezza della C. in ordine al reato di cui al capo B) dell’imputazione (detenzione a fini di spaccio di grammi 500 circa di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina) non è stata affatto fondata dai giudici di merito sull’ammissione del possesso della somma di danaro di cui al motivo di ricorso, bensì sulle attività di osservazione della polizia giudiziaria, cui è stata sottoposta l’imputata insieme al marito, nonchè sul rinvenimento e sequestro della sostanza stupefacente nella abitazione di cui la C. aveva la disponibilità; sul contenuto delle conversazioni telefoniche intercorse tra il marito ed altri soggetti.
Sempre sulle risultanze delle intercettazioni telefoniche risulta fondata l’affermazione di colpevolezza con riferimento agli altri reati a lei ascritti (capo F unificati sotto il vincolo della continuazione), oltre che sulle dichiarazioni di tale G. R., acquirente della sostanza stupefacente.
Sicchè l’affermazione della colpevolezza dell’imputata in ordine ad entrambi i reati a lei ascritti risulta fondata su una motivazione congrua, estesa a tutti gli elementi offerti dal processo, e del tutto immune da vizi logici.
Anche il motivo di gravame di cui al ricorso dello Z. è infondato.
In relazione alla posizione di detto imputato la sentenza contiene precisi riferimenti al contenuto delle conversazioni telefoniche mediante la indicazione di espressioni (quali quelle afferenti alla indicazione di quantitativi ed altre) significative della cessione di sostanze stupefacenti, sicchè la censura sul punto si palesa, oltre che infondata, inammissibile per la sua genericità.
E’ appena il caso di ricordare in punto di diritto che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, il linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate, (sez. 6, 8.1.2008 n. 17619, Gionta ed altri, RV 239724; sez. 6, 11.12.2007 n. 15396 del 2008, Sitzia ed altri, RV 239636; conf. sez. 4, 28.10.2005 n. 117 del 2006, Caruso, RV 232626).
Inoltre a carico dello Z. sono state, altresì, valorizzate dai giudici di merito le dichiarazioni di tale C. che aveva acquistato da lui sostanza stupefacente.
Sicchè anche l’affermazione di colpevolezza di detto imputato è fondata su un apparato argomentativo esaustivo ed immune da vizi logici.
Sono infine infondati entrambi i ricorsi presentati nell’interesse del R..
Osserva il Collegio in ordine all’unica questione processuale della inutilizzabilità delle dichiarazioni dei tossicodipendenti, dedotta nel ricorso dell’Avv. Marino, che sul punto è ormai consolidato l’indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, secondo il quale "L’acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente, nei cui confronti non siano emersi elementi indizianti di uso non personale, deve essere sentito nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti, essendo irrilevante, a tal fine, che egli possa essere soggetto a sanzione amministrativa per l’uso personale: ne consegue la utilizzabilità delle dichiarazioni rese in tale veste".
(sez. un. 22.2.2007 n. 21832, Morea, RV 236370; sez. 6, 10.10.2008 n. 40586, P.G. in proc. Bua, RV 241358).
Orbene, nel caso in esame, non risulta che gli acquirenti delle sostanze stupefacenti siano stati a loro volta indagati del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.
Peraltro, e in ogni caso, con riferimento alla utilizzabilità delle dichiarazioni rese dai predetti acquirenti di sostanze stupefacenti, ove risultasse eventualmente che anche essi sono stati successivamente indagati, sul punto questa Suprema Corte si è già pronunciata in relazione al rito scelto dall’imputato, affermando che "Nel giudizio abbreviato possono essere utilizzate nei confronti del coimputato, chiamato in reità o in correità, le dichiarazioni rese spontaneamente alla polizia giudiziaria dal soggetto che ancora non ha formalmente assunto la qualità di sottoposto ad indagine, sia perchè la richiesta del rito speciale costituisce un’implicita rinuncia al dibattimento e quindi all’esame in contraddittorio della persona che ha rilasciato le dichiarazioni spontanee, sia perchè l’art. 350 c.p.p., comma 7, ne preclude l’utilizzazione nella sola sede dibattimentale.
(sez. 1, 23.9.2008 n. 40050, Ponte, RV 241554; sez. 3, 20.1.2010 n. 10643, Capozzi e altri, RV 246590).
Sicchè correttamente sono state utilizzate, quale elemento di prova a carico dell’imputato, stante la scelta del giudizio abbreviato, le dichiarazioni degli acquirenti delle sostanze stupefacenti.
Quanto alle doglianze in punto di motivazione contenute in entrambi i ricorsi osserva la Corte che anche l’affermazione di colpevolezza del R. ha formato oggetto di motivazione esaustiva, fondata su specifiche risultanze delle intercettazioni telefoniche, su attività di osservazione da parte della polizia giudiziaria, sulle dichiarazioni degli acquirenti, oltre che sul sequestro della sostanza stupefacente rinvenuta nell’abitazione di cui la moglie, C., aveva la disponibilità.
Pertanto, anche l’affermazione della colpevolezza del R. ha formato oggetto di motivazione esaustiva e del tutto immune da vizi logici.
Con riferimento alla esclusione dell’assorbimento del reato di cui al capo F) in quello di cui al capo B) costituisce ragione sufficiente la rilevata, dai giudici di merito, carenza di prove certe che si trattasse della stessa partita di sostanza stupefacente.
L’esclusione della diminuente di cui al cit. D.P.R., art. 73, comma 5, ha formato oggetto di adeguata motivazione mediante il riferimento al dato quantitativo, correttamente riferito alla detenzione della sostanza stupefacente nel suo complesso.
Il motivo di gravame in ordine alla misura della pena pecuniaria, infine, si palesa generico, non venendo indicate le specifiche ragioni che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito ad applicare la diminuzione della pena pecuniaria, ma anche eventualmente l’aumento, previsto dall’art. 133 bis c.p. ovvero a graduare diversamente detta pena, la cui misura peraltro risulta comunque prossima al minimo edittale.
I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.