Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza dell’ 11-5-06, il tribunale di Siracusa rigettava la domanda di nullità del matrimonio, proposta da M.G. nei confronti di B.N., per vizio del consenso formatosi non liberamente, bensì coartato da violenza e timore di eccezionale gravità.
Avverso la sentenza proponeva appello il M., deducendo una erronea valutazione delle prove offerte in primo grado che il tribunale non aveva – a suo dire – valutato nel loro complesso.
Con il gravame reiterava le argomentazioni avanzate in primo grado e chiedeva di produrre una lettera del 4-5-1986, reperita successivamente al giudizio.
Insisteva,quindi, per la pronuncia di nullità del matrimonio celebrato il 18-12-1986 nonchè per la modifica delle condizioni della sentenza di divorzio, l’affidamento dei figli ed un assegno di mantenimento in favore dei predetti e,infine, un indennizzo ex art. 129 bis c.c..
Si costituiva la B. chiedendo il rigetto dell’appello, deducendo la infondatezza dei motivi e reiterando la eccezione, già sollevata in primo grado, di improcedibilità della domanda per decadenza dall’azione proposta oltre i termini di cui all’art. 122 c.c., u.c., e rilevando, inoltrerà tardività della produzione documentale e la inammissibilità della domanda di modifica della sentenza di divorzio.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza 3/12/08, dichiarava improcedibile la domanda di nullità del matrimonio ed inammissibile quella di modifica delle condizioni di divorzio.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione il M. sulla base di un unico motivo cui non resiste la B..
Il Collegio in camera di consiglio ha optato per la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente censura la decisione del giudice di merito sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, assumendo che, nel caso di specie,non vi era stata convivenza non essendovi stata affectio coniugalis e che la coartazione da esso subita si era protratta anche in costanza di matrimonio e che, su tale punto, la Corte d’appello non avrebbe tenuto adeguatamente conto delle risultanze della prova testimoniale.
Aggiunge che, comunque, la Corte avrebbe dovuto presumere che lo stato di timore in cui esso ricorrente si trovava si era protratto fino al momento della separazione. Osserva la Corte che al ricorso per cassazione in questione devono essere applicate le disposizioni di cui al capo I del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006) e, per quel che occupa, quella contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l’illustrazione del motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; mentre per l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorso deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione per cui la relativa censura ;in altri termini deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass. Sez. un 20603/07).
In altri termini,il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere sia l’indicazione della "regula iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile. (Cass. 24339/08).
Più in particolare il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie, (Cass. 19769/08).
Il ricorrente non si è attenuto ai predetti principi.
I tre quesiti proposti si limitano infatti a chiedere a questa Corte quale sia l’interpretazione da dare al termine coabitazione, se il giudice debba valutare le risultanze istruttorie di cui la parte abbia rilevato la decisività e se le presunzioni semplici costituiscono una prova completa avente rilevanza anche esclusiva.
Tali quesiti non riportano quale sia stato il principio di diritto ritenuto dal giudice di merito sulle diverse questioni nè rappresentano quali sarebbero secondo il ricorrente i principi applicabili alla fattispecie, in ordine alla quale non viene fatto alcun riferimento specifico.
L’inadeguatezza dei quesiti rende quindi il ricorso inammissibile.
Nulla per le spese.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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