Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Premesso il riconoscimento, di cui al decreto del Ministero per le Attività Produttive in data 7 maggio 2004, quale associazione nazionale di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, espone UNICOOP di aver presentato – a seguito di interpello diramato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il rinnovo dei componenti del CNEL per il quinquennio 2010 – 2015, la designazione di un proprio rappresentante.
Avverso l’elenco provvisorio dei componenti designati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – che non comprendeva alcun rappresentante di UNICOOP – quest’ultima proponeva ricorso in opposizione ai sensi del comma 4 dell’art. 4 della legge 936/1986; in tale circostanza offrendo documentale dimostrazione dei propri requisiti di rappresentatività della categoria interessata.
Il suindicato rimedio amministrativo veniva, peraltro, respinto con determinazione del Presidente della Repubblica del 28 luglio 2010.
Questi i motivi di doglianza articolati con il presente mezzo di tutela:
1) Violazione di legge: art. 3 della legge 241/1990. Difetto di istruttoria e difetto di motivazione. Eccesso di potere.
Nel rilevare come la conclusiva determinazione di nomina dei componenti del CNEL sia intervenuta anteriormente alla decisione del proposto ricorso amministrativo, osserva UNICOOP come tale provvedimento sia sprovvisto di idoneo apparato motivazionale, ribadendo noti principi in ordine alla illegittimità della motivazione postuma.
Sotto il profilo istruttorio, parte ricorrente lamenta le lacune dell’attività di verifica ed accertamento del grado di "maggiore" rappresentatività al fine dell’assegnazione alle associazioni di categoria dei posti di componente CNEL spettanti per il settore cooperativo.
Nell’osservare come la scelta dell’Amministrazione si sia unicamente orientata sul parametro della consistenza numerica degli iscritti, rileva UNICOOP come il relativo dato sia stato erroneamente apprezzato in punto di fatto, attesa la maggiore rappresentatività dalla ricorrente vantata rispetto alla controinteressata UNCI.
2) Violazione degli artt. 2, 3, 39, 45 e 99 della Costituzione. Violazione dell’art. 97 della Costituzione, con riferimento ai principi di legalità e ragionevolezza. Violazione di legge. Violazione degli artt. 2 e 4 della legge 936/1986. Difetto di istruttoria.
Il provvedimento gravato si porrebbe, altresì, in contrasto con il principio di rappresentatività degli interessi categoriali e del pluralismo delle associazioni di rilevanza sociale.
Premessa l’offerta dimostrazione del carattere di ampia rappresentatività, su base nazionale, degli interessi di categoria, rivendica UNICOOP la spettanza di un seggio in seno al Consiglio; lamentando che la designazione dei quattro componenti in rappresentanza del settore della cooperazione sia intervenuta, ad opera della procedente Amministrazione, in difetto di un adeguato apprezzamento della presenza e consistenza del complesso di requisiti di rappresentatività indicati all’art. 4 della legge 936/1986, da considerare cumulativamente ai fini di che trattasi.
Eccepisce parte ricorrente, da ultimo, l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge 936/1986 (nella parte in cui, prevedendo in seno al CNEL soli quattro posti per la cooperazione, avrebbe "fotografato" la situazione esistente all’epoca di emanazione della predetta disposizione, che vedeva la presenza delle sole quattro associazioni odierne controinteressate), per contrasto con i parametri di cui agli artt. 2, 3, 18, 39 e 99 della Carta Costituzionale.
Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.
Analoghe conclusioni sono state rassegnate anche:
– dalla controinteressate CONFCOOPERATIVE, UNCI, LEGACOOP e AGCI
– e da Di Giugno Giuseppe, D’Ulizia Francesco, Bertinelli Giorgio e Marino Luigi
costituitisi tutti in giudizio (gli ultimi quattro, in qualità di componenti nominati in seno al CNEL a fronte delle designazioni formulate, rispettivamente, dalle organizzazioni sindacali di riferimento), i quali hanno parimenti insistito per il rigetto del ricorso.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 6 aprile 2011.
Motivi della decisione
1. Prescrive il comma 1 dell’art. 2 della legge 30 dicembre 1986 n. 936 ("Norme sul Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro") che il CNEL "è composto di esperti e rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato e rappresentanti delle categorie produttive, in numero di centoventuno, oltre il presidente, secondo la seguente ripartizione:
I) dodici esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica, dei quali:
a) otto nominati dal Presidente della Repubblica;
b) quattro proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri;
Ibis) dieci rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato dei quali, rispettivamente, cinque designati dall’Osservatorio nazionale dell’associazionismo e cinque designati dall’Osservatorio nazionale per il volontariato;
II) novantanove rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato, dei quali quarantaquattro rappresentanti dei lavoratori dipendenti, diciotto rappresentanti dei lavoratori autonomi, trentasette rappresentanti delle imprese".
Il successivo art. 4, nel prevedere (comma 1) che "nove mesi prima della scadenza del mandato dei membri del Consiglio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri dà avviso di tale scadenza e dei termini di cui al presente articolo, con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale", soggiunge (comma 2) che "le organizzazioni sindacali di carattere nazionale, entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’avviso nella Gazzetta Ufficiale, fanno pervenire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le designazioni dei rappresentanti delle categorie produttive di cui all’articolo 2".
Avverso l’elenco dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, formato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 del medesimo art. 4, è consentita la presentazione di ricorso amministrativo; nel quale (comma 5 dell’art. 4) "le organizzazioni sono tenute a fornire tutti gli elementi necessari dai quali si possa desumere il grado di rappresentatività, con particolare riguardo all’ampiezza e alla diffusione delle loro strutture organizzative, alla consistenza numerica, alla loro partecipazione effettiva alla formazione e alla stipulazione dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro e alle composizioni delle controversie individuali e collettive di lavoro".
Il rimedio come sopra descritto è invero configurabile quale "ricorso in opposizione"; e per la proposizione del medesimo il comma 4 dell’art. 4 della legge 936/1986 fissa un termine (evidentemente decadenziale) di giorni 30, senza peraltro indicare le modalità di presentazione del reclamo di che trattasi.
Deve conseguentemente ritenersi che, in ossequio alla previsione dettata dall’art. 7 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 (che all’uopo rinvia "in quanto applicabili", alle norme contenute nel Capo I dello stesso decreto), trovino, per il ricorso in opposizione, attuazione le disposizioni previste per il ricorso gerarchico (segnatamente, di cui all’art. 2, riguardanti il termine e la presentazione).
2. Il combinato disposto delle previsioni di cui ai riportati commi 2 e 5 dell’art. 4 della legge 936/1986 ha condotto la giurisprudenza a ritenere che il carattere nazionale dell’organizzazione sindacale costituisca requisito indispensabile per poter designare membri in capo al CNEL (Cons. Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008 n. 237): rilevando per l’effetto, quali indici del possesso del suindicato requisito, gli elementi indicati dalla disposizione da ultimo richiamata (ampiezza e diffusione dell’organizzazione; consistenza numerica della stessa; partecipazione all’attività di formazione e stipulazione di contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro; composizione di controversie individuali e collettive di lavoro).
Omogenee considerazioni sono state rassegnate da questa Sezione (sentenza 2 agosto 2006 n. 6839), osservandosi che:
– se l’art. 4, comma 2, attribuisce alle sole organizzazioni sindacali di "carattere nazionale" il potere di designazione di propri rappresentanti all’interno del C.N.E.L. (in linea, del resto, con il rango e l’efficacia territoriale che quest’ultimo assume nell’ordinamento, quale organo di rilevanza costituzionale)
– mentre il successivo comma 4 precisa che il grado di rappresentatività è correlato all’ampiezza ed alla diffusione delle strutture organizzative, alla consistenza numerica, alla partecipazione effettiva alla formazione ed alla stipulazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, nonché alla composizione delle controversie individuali o collettive di lavoro, he
allora le due disposizioni riportate "vanno interpretate congiuntamente, sicché "l’ampiezza e la diffusione" delle organizzazioni in parola va pur sempre riferita al "carattere nazionale", che assurge a necessario ed ineludibile parametro di riferimento in sede di distribuzione dei posti di rappresentante all’interno del C.N.E.L.".
Va peraltro rilevato che l’elaborazione giurisprudenziale si è data carico di integrare il criterio della maggiore rappresentatività con il criterio "pluralistico", chiarendo, in particolare, che è legittima l’assegnazione di un seggio a un’associazione (pur) minoritaria, la quale sia (tuttavia) dotata di una "certa rappresentatività" della categoria; ed affermando che, una volta accertata l’esistenza di una obiettiva consistenza dell’associazione minoritaria che ne evidenzi comunque una capacità rappresentativa, "il principio di partecipazione pluralistica impone che venga riconosciuto il diritto dell’associazione medesima di designare un proprio rappresentante… anche se ciò comporti, nei rapporti tra le varie associazioni, una deroga al principio della potenziale proporzionalità".
Ciò in quanto "la misura della rappresentatività e l’intensità del grado di espressività degli interessi non sono da assumere in funzione del solo dato quantitativo, ma anche in base alla specialità, qualità e rilevanza degli interessi collettivi espressi" (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 1987 n. 1486; 10 luglio 1989 n. 846; 12 febbraio 1993 n.159; 3 giugno 1996 n. 767).
Tale orientamento giurisprudenziale, che presenta profili di persuasiva coerenza rispetto all’esigenza – come sopra esposta – di assicurare la più ampia partecipazione delle organizzazioni di rappresentanza sindacale agli organismi nei quali le medesime siano, come nella fattispecie all’esame, chiamate a designare propri componenti, merita peraltro di essere precisato con riferimento alle evenienze che possono venire in considerazione in relazione al numero dei posti suscettibili di assegnazione.
Tre, in particolare, le evenienze ipotizzabili.
In primo luogo, è possibile che il numero dei posti sia inferiore rispetto a quello delle organizzazioni aspiranti alla nomina di propri componenti.
In tale caso, inevitabilmente verrà in considerazione il criterio della maggiore rappresentatività – necessariamente contemperato con il complesso di indici rilevanti quanto alla fattispecie all’esame, per come precisati dalla sopra riportata disposizione di legge – con conseguente individuazione, nel novero delle organizzazioni "maggiormente rappresentative", di quelle (fra esse) "più rappresentative".
Se, ex converso, non si pone alcun problema di carattere interpretativo laddove il numero dei seggi sia pari a quello delle organizzazione aspiranti, evidentemente diverso è il caso in cui il primo sia superiore rispetto alle seconde.
Viene, infatti, necessariamente a configurarsi un numero "residuo" di posti che, di seguito all’assegnazione di un seggio per ciascuna organizzazione "maggiormente rappresentativa", è ulteriormente suscettibile di attribuzione in ragione dell’eccedenza dei seggi rispetto a queste ultime.
In tal caso, ritiene il Collegio che la concreta attuazione del principio pluralistico anzidetto esige la ripartizione dei seggi in modo da assicurare la più estesa presenza delle organizzazioni maggiormente rappresentative.
In altri termini, nell’ambito di un organo a composizione rappresentativa e nella disponibilità di un sufficiente numero di seggi da ripartire, il contemperamento del principio di pluralità con quello di proporzionalità postula la compresenza nell’organo anche di organizzazioni dotate di minore rappresentatività sul piano dei coefficienti numerici, specie allorché dette organizzazioni operino in specifici e peculiari settori di attività economica che altrimenti risulterebbero prive di rappresentanza.
Il principio proporzionale, che tiene conto della presenza di una certa categoria nell’ambito territoriale, deve dunque essere adeguatamente contemperato con il principio pluralistico, volto ad attribuire rilievo agli interessi categoriali nelle loro differenziate composizioni; giacché, diversamente, alla pluralità della rappresentanza non rimarrebbe altro senso se non quello meramente occupazionale dei componenti dell’organo, contro la più elementare razionalità organizzativa legata anche al maggiore grado di rappresentanza delle diverse componenti socio economiche nazionali (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. VI, 7 marzo 2007 n. 1067).
Per quanto superfluo, va tuttavia (conclusivamente sul punto) ribadito che la concreta operatività del principio di proporzionalità (al fine dell’individuazione delle organizzazione nei confronti delle quali operare la ripartizione dei posti disponibili) viene in considerazione esclusivamente in presenza della (presupposta, quanto necessaria) ricognizione del carattere di "maggiore rappresentatività": atteggiandosi tale modalità di distribuzione esclusivamente quale criterio (volto ad assicurare la più ampia partecipazione delle organizzazioni di categoria) subordinato alla accertata qualificabilità delle stesse quali "maggiormente rappresentative".
3. Quanto sopra osservato, viene in considerazione il primo dei dedotti argomenti di censura, con il quale parte ricorrente si duole che la nomina dei componenti in seno al CNEL sia intervenuta anteriormente alla decisione in ordine al ricorso amministrativo dalla medesima proposto: ulteriormente osservando che la conclusiva determinazione non sia assistita da adeguato apparato motivazionale e che sia stata, comunque, assunta in difetto di adeguati approfondimenti istruttori in ordine alla individuazione del carattere di "maggiore rappresentatività" delle organizzazioni aspiranti alla nomina di un proprio componente.
3.1 In punto di fatto, la prima delle censure non riceve documentale riscontro dalle acquisite evidenze documentali, atteso che il Consiglio dei Ministri ha proceduto, nel corso della riunione del 22 luglio 2010, all’approvazione, su proposta del Presidente del Consiglio, dei decreti del Presidente della Repubblica con i quali erano stati decisi i ricorsi presentati avverso l’elenco dei nominativi definito dalla stessa Presidenza.
Il decreto presidenziale di nomina dei rappresentanti in seno al CNEL reca la data del successivo 28 luglio.
In pari data risulta emanato il decreto del Presidente della Repubblica recante reiezione del ricorso amministrativo proposto da UNICOOP.
Se va quindi esclusa l’anteriorità temporale della approvazione dell’elenco dei nominativi chiamati a comporre il CNEL rispetto alla decisione del rimedio amministrativo, a nulla rileva che la notificazione del provvedimento decisorio del ricorso amministrativo proposto dall’odierna ricorrente sia successivamente intervenuta, atteso che non è invero ravvisabile alcuna valenza recettizia nell’atto de quo e che, ai fini della regolarità dello svolgimento procedimentale (e, quindi, dell’adozione della conclusiva effusione provvedimentale), ha rilievo unicamente il fatto che quest’ultima non sia stata assunta anteriormente rispetto alla decisione del ricorso amministrativo.
3.2 Nell’osservare come lo "speciale" percorso procedimentale delineato dalle disposizioni di cui alla legge 936/1986 risulti, nella fattispecie, essere stato correttamente seguito dall’Amministrazione – dovendosi, per l’effetto, disattendere le doglianze al riguardo esposte dall’odierna ricorrente – va anche escluso che l’atto decisorio del proposto ricorso in opposizione si inficiato sotto il profilo della carenza e/o inadeguatezza motivazionale.
Il decreto presidenziale del 28 luglio 2010 dà, infatti, correttamente conto:
– del "criterio di maggiore rappresentatività individuato dalla giurisprudenza – nelle ipotesi in cui i seggi da assegnare sono in numero inferiore rispetto alle associazioni rappresentative, dovendosi procedere ad una comparazione fra le associazioni medesime, al fine di individuare quella maggiormente rappresentativa – alla luce dei criteri di cui all’articolo 4, comma 5, della legge n. 936 del 1986";
– nonché del fatto che "la contro interessata UNCI, nei confronti della quale è diretto il ricorso, risulta più rappresentativa, sia in relazione al numero degli associati che alla diffusione territoriale e della stipulazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro".
Non è chi non veda come – impregiudicata la verifica della fondatezza dei presupposti ai quali la motivazione è ancorata – l’onere di esplicitazione delle ragioni a fondamento della reiezione del rimedio amministrativo proposto da UNICOOP risulti positivamente – e congruamente – assolto: per l’effetto dovendosi escludere che l’atto decisorio oggetto di censura risulti carente nella esplicitazione degli elementi ritenuti rilevanti ai fini del mancato accoglimento del ricorso in opposizione.
3.3 Viene, allora, in considerazione il nucleo sostanziale delle censure dalla ricorrente esposte, con riferimento al carattere di "maggiore rappresentatività" della quale UNICOOOP rivendica la titolarità rispetto ad UNCI (odierna controinteressata).
Valgono, al riguardo, le osservazioni formulate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con nota del 19 maggio 2010, nella quale viene posto in evidenza che:
– UNICOOP ha dichiarato un numero di cooperative associate, al 31 dicembre 2008, pari a 2.234 unità (in occasione della ricostituzione di ENASARCO), mentre alla stessa data, nell’ambito del ricorso in opposizione proposto nell’ambito della procedura di designazione dei componenti CNEL, la ricorrente dichiarava 2.326 cooperative associate;
– la stessa UNICOOP vanta una articolazione territoriale in dieci regioni ed in 60 (/61) ambiti provinciali;
– mentre, con riferimento alla contrattazione collettiva, parte ricorrente risultava essere stata sottoscrittrice di un solo CCNL.
Diversamente, a fronte di una più ampia consistenza numerica di UNCI (4.829 cooperative associate), la posizione della predetta controinteressata si rivela poziore rispetto a quella della ricorrente anche con riferimento alla sottoscrizione di contratti collettivi (34, di cui 3 per adesione).
Dalle indicazioni fornite da UNCI (si confronti la memoria depositata in giudizio il 21 marzo 2011), l’articolazione territoriale è superiore rispetto a quella di UNICOOP a livello regionale (18 Federazioni regionali), ma inferiore a livello provinciale (con 29 Federazioni).
Emerge dalle indicazioni sopra fornite non soltanto la completezza ed esaustività degli accertamenti istruttori che hanno condotto all’individuazione degli indici sintomatici del gradi di "maggiore rappresentatività" alla luce della declaratoria legislativa rilevante ai fini della costituzione del CNEL, ma anche la correttezza del giudizio di prevalenza espresso in favore di UNCI, la quale (con la sola eccezione dell’articolazione territoriale su base provinciale, come si è osservato) evidenzia una chiara prevalenza, in termini appunto di rappresentatività, rispetto all’odierna ricorrente.
4. Se, alla stregua di quanto precedentemente osservato, le censure dalla parte ricorrente fin qui esaminate non meritano, in quanto infondate, accoglimento, va da ultimo dato atto della chiara infondatezza dell’eccezione di legittimità costituzionale da UNICOOP sollevata con riferimento ai parametri indicati in narrativa.
Va innanzi tutto osservato come tale eccezione non si riveli (diversamente da quanto sostenuto dall’Avvocatura Generale dello Stato con memoria depositata il 27 novembre 2010) inammissibile in ragione dell’omessa formulazione in sede di proposizione del rimedio amministrativo: con ogni evidenza, dovendosi escludere che all’atto della decisione del ricorso in opposizione l’Autorità amministrativa potesse devolvere, in difetto di qualità giurisdizionale della stessa, la questione all’attenzione del Giudice delle leggi.
Nondimeno, va dato atto della palese infondatezza delle argomentazioni a supporto dell’eccezione di che trattasi.
Le relative doglianze muovono, infatti, dall’indimostrato presupposto che l’originaria configurazione, nel numero di quattro, dei posti riservati in seno al CNEL al movimento cooperativistico, integri una pedissequa riproduzione del quadro delle organizzazione rappresentative della categoria all’epoca di emanazione della legge.
La sopravvenienza, nell’ambito del settore de quo, di una nuova organizzazione rappresentativa, sempre secondo la prospettazione di parte ricorrente, non consentirebbe (ora) una proporzionale ripartizione dei seggi, che rimarrebbero "destinati" alle associazioni originarie.
Se il percorso argomentativo seguito da UNICOOP per (cercare di) dimostrare l’incostituzionalità dell’art. 4 della legge 936/1986 si risolve in un ambito meramente assertivo – insuscettibile di condurre la Sezione alla condivisione delle censure con le quali viene lamentata la violazione di taluni parametri costituzionali – va peraltro soggiunto come la chiara infondatezza della tesi come sopra riportata appieno viene in luce ove si consideri che (in disparte ogni indimostrata "destinazione" dei seggi in ambito CNEL alle odierne controinteressate UNCI, LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE ed AGCI) laddove la ricorrente UNICOOP fosse effettivamente riuscita ad acquisire un poziore grado di rappresentatività rispetto a taluna di queste ultime, essa sarebbe risultata destinataria della designazione.
Il pregiudizio dalla parte accreditato non riviene, pertanto, dalla limitata quantificazione dei posti CNEL destinati alla cooperazione, quanto, piuttosto, dalla ridotta rappresentatività della ricorrente rispetto alle altre organizzazioni di categoria: dovendosi, sul punto, ribadire che – in una con la ravvisata logicità e coerenza della disposizione ex art. 4 (nella parte in cui ha individuato gli indici "scriminanti" al fine della individuazione del carattere di "maggiore rappresentatività" delle associazioni aspiranti alla designazione de qua) rispetto agli evocati parametri costituzionali – la svolta eccezione non si rivela attributaria di giuridico pregio, dovendo conseguentemente essere disattesa.
5. Il ricorso, alla stregua delle svolte considerazioni, va conclusivamente respinto: la riscontrata infondatezza dei profili di censura articolati con l’atto introduttivo del giudizio ben consentendo al Collegio di prescindere dall’esame delle eccezioni in rito, formulate da talune delle parti controinteressate.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Condanna la ricorrente Unione Italiana Cooperative – UNICOOP, in persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di giudizio in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri per Euro 1.000,00 (euro mille/00) ed in favore delle parti controinteressate, costituitesi in giudizio, Unione Nazionale delle Cooperative Italiane – UNCI, Lega Nazionale delle Cooperative Mutue – LEGACOOP, Confederazione delle Cooperative Italiane – CONFCOOPERATIVE ed Associazione Generale delle Cooperative Italiane – AGCI in ragione di Euro 1.000,00 (euro mille/00) per ciascuna di esse; per quanto concerne invece le altre parti costituitesi, spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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