Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
rlo Maria Palmiero.
Svolgimento del processo
La Banca Popolare di Aprilia s.p.a. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli che, in riforma della sentenza del Tribunale, ha revocato rimesse sul conto corrente della FAVIL s.r.l., poi dichiarata fallita.
Il ricorso è affidato a due motivi con il primo dei quali si deducono plurime violazioni di legge censurandosi il giudice del merito laddove aveva qualificato come pagamenti di debiti preesistenti le rimesse effettuate, aveva fatto coincidere la disponibilità delle somme portate da assegni circolari con quella della valuta accreditata, aveva negato la qualificazione di operazioni bilanciate a quelle oggetto di revoca, aveva ritenuto raggiunta la prova della sussistenza dello stato di insolvenza pur in assenza di dati di fatto qualificabili come presunzioni, mentre con il secondo si contesta la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della scientia decotionis.
Resiste l’intimata curatela con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso, da valutarsi, trattandosi di censura in diritto e data la sua non sempre chiara esposizione congiunta di svariate ragioni di doglianza, solo alla luce dei quesiti proposti, è inammissibile per inidoneità dei medesimi.
Quanto al primo, con il quale si chiede di affermare il principio secondo cui "il versamento di assegni circolari e gli accrediti di bonifici prima della maturazione della relativa valuta possono qualificarsi come mere operazioni di cambio-cassa rilevanti ai soli fini della maturazione degli interessi attivi ovvero operazioni bilanciate al fine di precostituire la provvista per il successivo pagamento a terzi anzichè vere e proprie rimesse revocazione", l’inidoneità deriva dalla circostanza che il quesito presuppone come pacifiche circostanze invece negate dal giudice del merito, quali l’avvenuta anticipazione della disponibilità della somma portata dagli assegni o bonificata rispetto alla data della valuta accreditata e la sussistenza di elementi univoci tra le operazioni di accredito e addebito tali da poter qualificare come effettuate le prime in concordata previsione delle seconde.
Ragioni analoghe ostano ad un giudizio di correttezza del secondo quesito attinente ai parametri legali per la presunzione della conoscenza dello stato di insolvenza in quanto collegato ad elementi di fatto diversamente valutati dal primo giudice (rilevanza del numero dei protesti) o alla critica della qualificazione delle operazioni revocate (che non costituirebbero "un finanziamento vero e proprio") di cui non è traccia nell’impugnata decisione.
Infondato è invece il secondo motivo con cui si deduce una carenza di motivazione circa la sussistenza di elementi sufficienti a far ritenere provata in capo alla banca ricorrente la consapevolezza dello stato di insolvenza della titolare del conto corrente su cui sono confluite le rimesse revocate dal momento che la sentenza impugnata ha dato congruamente conto delle motivazioni (pubblicazione di ben 63 protesti di cambiali) per cui ha ritenuto che la banca non potesse ragionevolmente ignorare la situazione della sua debitrice di cui conosceva ovviamente l’ubicazione e quindi, come accade normalmente, controllava la situazione anche mediante accesso telematico ai bollettini dei protesti locale.
Il ricorso deve dunque essere rigettato con le conseguenze di rito in ordine alle spese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
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