Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Questura di Campobasso ha rifiutato il nulla osta provvisorio richiesto dall’odierna appellata, ai fini dell’impiego di lavoratori extracomunitari, considerando, quale causa ostativa automatica al suo rilascio, la circostanza che la stessa era stata condannata al pagamento di Euro 516,46 per il reato di cui all’art. 12, 5° comma, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
La sentenza appellata ha rilevato che l’unica disposizione normativa che si occupa della questione è l’art. 31 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, il quale, al 3° comma, stabilisce che, qualora a carico del datore di lavoro sussista una denuncia per uno dei reati individuati nel T.U. in materia di immigrazione o per uno dei reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., l’Amministrazione può rifiutare il nulla osta. La facoltà costituisce espressione di piena discrezionalità, la quale esclude ex se ogni forma di automatismo, il che comporta che quest’ultima possa denegare detto nulla osta solo qualora, a seguito di un’attenta valutazione complessiva della condotta del datore di lavoro, di cui deve dare contezza attraverso una congrua e diffusa motivazione, ritenga che questi non dia garanzia di affidabilità e di serietà sufficienti al fine de quo.
Nella specie la Questura di Campobasso ha adottato un nuovo provvedimento di rifiuto di nulla osta (il decreto del Questore della Provincia di Campobasso del 27 novembre 2004, impugnato con motivi aggiunti), sostanzialmente reiterando il precedente, senza dare contezza dell’avvenuta valutazione della condotta complessiva della ricorrente.
I provvedimenti di revoca di quelli autorizzativi precedentemente emanati, adottati dalla Direzione provinciale del Lavoro, sono di conseguenza illegittimi.
Le amministrazioni statali hanno impugnato la sentenza deducendo un unico complesso motivo così epigrafato: "Violazione dell’art. 31, primo e secondo comma, del d.P.R. 394 del 1999 con riferimento all’art. 12, quinto comma, del d.lgs. 286 del 1998. Motivazione contraddittoria e incongrua".
All’udienza del 21 gennaio 20011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
L’ultimo dei provvedimenti impugnati in primo grado è stato adottato in data 27 novembre 2004, quindi in vigenza dell’originario articolo 31 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.
Tale articolo è stato sostituito dall’art. 25, comma 1, del d.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, pubblicato sul supplemento ordinario n. 17 alla Gazzetta Ufficiale del 10 febbraio 2005.
Il comma 3 dell’originario articolo 31 disponeva: "Il nulla osta può essere rifiutato qualora il datore di lavoro…".
Il comma 2 dell’art. 31 in vigore al momento della notificazione dell’appello (23 febbraio 2006) dispone: "Il questore esprime parere contrario al rilascio del nullaosta qualora il datore di lavoro…".
Nell’atto di appello l’amministrazione richiama testualmente l’incipit del comma 2 appena citato: "Il questore esprime parere contrario al rilascio del nullaosta".
Tale circostanza è sufficiente per dichiarare l’infondatezza della censura in quanto formulata su una norma che non era in vigore al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati.
A ciò deve aggiungersi che il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, con sentenza 4 ottobre 2005, n. 780 (non appellata), aveva annullato il comma 2 dell’art. 31, nel testo rinnovato, del DPR 31 agosto 1999 n. 394. Tale sentenza, per ordine del medesimo Tribunale, è stata pubblicata in forma integrale sulla Gazzetta Ufficiale 3 gennaio 2006, n. 2, con la conseguenza che all’annullamento della norma doveva attribuirsi efficacia erga omnes, in quanto reso pubblico nelle stesse forme della norma annullata.
Ne consegue pertanto che l’atto di appello, notificato in 23 febbraio 2006, e quindi in data successiva alla pubblicazione della sentenza Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia del sulla gazzetta ufficiale, ha censurato la sentenza appellata sulla base di una norma oramai inesistente.
Tanto è sufficiente per respingere l’appello.
La mancata costituzione in giudizio dell’appellata esime il giudice dal pronunciarsi sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.